Premettiamo che siamo vaccinati, perché riteniamo che la strada della vaccinazione sia quella più indicata per la tutela della nostra salute e per uscire il prima possibile dalla pandemia, ma, in quanto rappresentanti sindacali e sino a quando il decisore politico non riterrà di ricorrere al vaccino obbligatorio come avvenuto in passato per altre pandemie, siamo impegnati per evitare ogni forma di discriminazione sui luoghi di lavoro per coloro che non intendono utilizzare questa strada per la loro tutela e perché agli stessi siano garantiti i tamponi gratuiti.
Così Felice ROMANO, Segretario generale del SIULP e Giuseppe TIANI, Segretario generale del SIAP/USIP intervengono su quanto avvenuto sabato a Roma nel corso della manifestazione no vax.
Rappresentiamo l’Istituzione a cui è demandato il compito di garantire l’esercizio e la fruizione di tutti i diritti costituzionali, democratici e di tutte le libertà. Ogni poliziotto che parla o assume comportamenti eclatanti sa che quando lo fa ha la responsabilità, e di questo onere deve sempre farsene carico, di esporre, piaccia o non piaccia, tutti gli appartenenti alla Polizia di Stato. Giacché chiama in causa l’intera categoria e la stessa Istituzione che ha il dovere primario di essere terza rispetto a tutte le parti che interagiscono.
Pochi hanno interesse di sapere cosa pensa la poliziotta o il poliziotto singolo. Molti invece, come la storia ci ha insegnato, hanno interesse a cavalcare il pensiero del dirigente o del poliziotto semplice, se quel pensiero può sostenere il proprio interesse. Ancor di più se si sale su un palco gridando la purezza delle proprie intenzioni, issando il vessillo delle libertà costituzionali su un tema così delicato, identitario ma anche insidioso, perché divisivo e foriero di lacerazione tra i lavoratori e i cittadini, come quello dei “green pass” e del diritto ad autodeterminarsi rispetto ai trattamenti sanitari. Soprattutto quando non esiste o non è stato previsto l’obbligo di farlo. A maggior ragione se l’appello a quelle libertà lo si fa contestualmente a quando i propri colleghi, a prescindere da come la pensano individualmente, sono impegnati a difendere quei diritti, esponendosi ad ogni tipo di reazione, per mantenere fede alla propria mission e a quella terzietà a cui la Polizia di Stato e i suoi appartenenti non possono mai derogare.
Ogni poliziotto ha proprie idee – pienamente legittime – e forse molti di noi salirebbero su un palco per gridarle ad alta voce. Siamo Donne ed Uomini delle Istituzioni ma comunque animati da pulsioni e sentimenti.
Ma non lo facciamo, tranne i casi che la legge ci consente, e non perché non siamo interessati all’esercizio delle nostre libertà o alla nostra partecipazione sociale. Non lo facciamo perché siamo donne e uomini delle Istituzioni e in particolare della Polizia di Stato che ha il dovere di essere terza rispetto agli attori diversi, spesso contrapposti, che manifestano.
E ciò non significa affatto rinunciare alle proprie libertà o ai propri diritti costituzionali. Significa semplicemente esercitarli nelle forme e con gli strumenti che la legge ci consente in funzione della nostra specificità a tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica e delle libertà dei cittadini.
Per questo, nel confermare la terzietà dei poliziotti, auspichiamo che nessun partito ceda al desiderio di speculare su questa vicenda, che nessun sindacato – che ha a cuore il bene della categoria e della stessa Polizia di Stato – cada nell’errore che quanto accaduto possa dargli una facile visibilità o fargli raccogliere qualche consenso. Poiché così non è.
Tutti noi sappiamo che per cambiare le cose, come ci hanno insegnato questi primi quarant’anni della riforma, è possibile farlo solo se agiamo all’interno delle regole e del rispetto deontologico che il nostro ruolo ci impone, con gli strumenti che abbiamo costruito e che oggi sono garanzia dei diritti dei lavoratori ma anche di affidabilità per i i cittadini, tutti i cittadini. Perché la finalità deve essere sempre quella di qualificare ulteriormente la nostra “Identità”, il nostro ruolo sociale, ma anche la nostra affidabilità e la nostra capacità di interlocuzione che, oggi, potrebbe essere seriamente messa in discussione da comportamenti che sembrano più improntati alla propria visibilità che non alla seria volontà di risoluzione del problema.
Giacché, per il bene della collettività, è bene riaffermare, senza se e senza ma che tutti serviamo il Paese e la Polizia di Stato, nessuno però può servirsi di essa.
Roma 27 settembre 2021