Aggregazione temporanea per assistere i figli minori di tre anni

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Quando può essere negata l’aggregazione temporanea per assistere i figli minori di tre anni

Con la Sentenza 1368/2021 del 15 febbraio 2021 il Consiglio di Stato effettua la ricostruzione normativa dell’aggregazione temporanea prevista dall’art. 42 bis, comma 1 del d.lgs. n. 151/2001 e afferma il principio della piena applicabilità dello stesso ai lavoratori della Polizia di Stato sulla base sia dell’argomentazione che la lettera dell’art. 42 bis non prevede in modo espresso alcuna esclusione nell’ambito dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni che della regola interpretativa stabilita dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale, secondo cui, fra due interpretazioni in astratto ugualmente sostenibili, si deve scegliere quella conforme alla Costituzione.

E proprio dal punto di vista Costituzionale i Giudici di Palazzo Spada ritengono conforme la tesi della piena applicabilità del beneficio in argomento, in base agli articoli 30 e 31 della Costituzione, oltre che al contenuto dei trattati internazionali ai quali l’Italia aderisce, in primo luogo l’art. 24 della Carta di Nizza e poi l’art. 3 della Convenzione delle Nazioni unite 5 settembre 1991, sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, ratificata con legge 27 maggio 1991, n. 176.

Il Consesso amministrativo aderisce a un’ interpretazione che estende, e non restringe, l’ambito di applicabilità di un istituto a tutela della genitorialità e dell’infanzia, tutela dalla quale, a ben vedere, dipende nel lungo periodo la stessa sopravvivenza della collettività nazionale come tale, e quindi dell’elemento personale dello Stato, respingendo e confutando la contraria interpretazione restrittiva che introdurrebbe una disparità di trattamento fra dipendenti pubblici, con potenziale violazione anche dell’art. 3 Costituzione.

Ciò non significa, secondo il Consiglio di Stato, che l’applicazione della norma non vada contemperata con altri interessi pure di rango costituzionale, come la difesa del paese e il buon andamento dell’amministrazione, poiché il contemperamento va cercato nelle soluzioni applicative, e non nell’esclusione di una categoria di lavoratori dall’ambito applicativo dell’istituto.

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Inoltre, considerato che, pur in termini di eccezionalità, si dovrà tenere conto in modo congruo delle relative esigenze di servizio, la sentenza in esame è importantissima poiché sul significato dell’espressione  “casi o esigenze eccezionali”, l’alto consesso ha ritenuto di esemplificare, in via indicativa e non tassativa, alcune fattispecie in cui si possono effettivamente ravvisare i “casi o esigenze eccezionali” che consentono all’Amministrazione di negare legittimamente il beneficio richiesto.
Li indichiamo di seguito così come riportati in sentenza.

1) Un primo possibile caso si verifica quando la sede di assegnazione sia chiamata a fronteggiare una significativa e patologica scopertura di organico, che, in mancanza di un dato normativo di supporto, il Collegio individua, equitativamente, nella percentuale pari o superiore al 40% della dotazione organica dell’ufficio di assegnazione, che potrà essere presa in considerazione, ai fini del diniego, sia riferendola a tutte le unità di personale assegnate a quella sede sia riferendola al solo personale appartenente al medesimo ruolo del soggetto istante. Tale ipotesi rientra, ad avviso del Collegio, nei “casi ed esigenze eccezionali”, perché impedisce di riconoscere il beneficio laddove si debba evitare che la sede di appartenenza venga sguarnita oltremodo, al di là di quella che può essere una contingente e fronteggiabile carenza di personale, oppure sia necessario evitare che la qualifica di appartenenza non sia oltremodo depauperata di unità. In quest’ultimo caso, pur a fronte della presenza in servizio di altro personale con diversa qualifica, non si consentirebbe infatti un equilibrato funzionamento dell’unità operativa di appartenenza.

2) Un secondo possibile caso si verifica quando, pur non essendovi una scopertura nondimeno, nell’ambito territoriale del comando direttamente superiore a quello di appartenenza (ad esempio l’ambito provinciale, ove la singola sede faccia gerarchicamente riferimento ad un comando provinciale) si ravvisino, all’interno della maggioranza delle altre sedi di servizio, scoperture di organico valutate secondo i parametri indicati al paragrafo precedente. Infatti, la descritta situazione di sottorganico generalizzato, ancorché non riferibile alla sede di servizio dell’istante, renderebbe, anche in questo caso, eccessivamente difficoltoso per l’Amministrazione riorganizzare l’attività istituzionale, ove fosse necessario attingere alla sede di assegnazione del lavoratore per colmare i vuoti di organico che persistono nelle sedi limitrofe della stessa area di riferimento.

3) Un terzo possibile caso si verifica quando la sede di assegnazione, pur non presentando una scopertura significativa e patologica, qual è quella innanzi indicata, presenta comunque un vuoto di organico e si trova in un contesto connotato da peculiari esigenze operative. Si pensi all’ipotesi in cui l’unità impiegata nella sede di appartenenza si trovi a fronteggiare emergenze di tipo terroristico, come nel caso scrutinato da Cons. Stato, Sez. IV, 28 luglio 2017, n. 3198, oppure pervasivi fenomeni di criminalità organizzata di tipo mafioso, o sia di supporto a reparti impiegati in missioni all’estero, sempre che non vi siano nella circoscrizione del comando gerarchicamente superiore altre sedi dalle quali sia possibile attingere, in via temporanea, un sostituto.

4) Un quarto possibile caso si verifica quando, effettivamente, l’istante svolge un ruolo di primaria importanza nell’ambito della sede cui appartiene e non sia sostituibile con altro personale presente in essa o in altra sede da cui sia possibile il trasferimento. In questo caso, la ragione ostativa andrà ravvisata non nel possesso in sé di una particolare qualifica da parte dell’interessato, ma nel fatto che quella qualifica sia necessaria nell’ambito di specifiche operazioni in essere o nell’ambito di operazioni che è ragionevole prevedere dovranno essere espletate. Una ragionevole previsione si fonda poi, anche qui in via di esempio, sul contesto ambientale che implica lo svolgimento di quel servizio o l’impiego di militari o agenti dotati di quella qualifica; ovvero su un criterio storico-statistico, quando quel genere di attività è stata già espletata in passato nell’ambito di quella sede di servizio e l’Amministrazione attesti possa verificarsi in futuro, perché non collegata con un’esigenza del tutto irripetibile.

5) Infine un quinto caso si verifica quando l’interessato, pur non in possesso di una peculiare qualifica, è comunque impiegato in un programma o in una missione speciale ad altissima valenza operativa, che deve essere compiutamente indicata nel provvedimento – salvi, ovviamente, i profili di segreto o riservatezza che dovessero emergere per la tutela della suddetta operazione – e dalla quale l’amministrazione ritenga non possa essere proficuamente distolto. Questa casistica tornerà certamente utile per controllare la legittimità nelle motivazioni relative ai provvedimenti di diniego del beneficio in esame

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