Sentenza della Corte Costituzionale n.98/2023, nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 210, comma 1, del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 (Codice dell’ordinamento militare), promosso dal Consiglio di Stato.
Pregiatissimo Signor Capo della Polizia, la Corte Costituzionale ha recentemente ritenuto fondata la questione della mancata estensione agli psicologi militari della disciplina derogatoria sancita per i medici militari (e per i medici e veterinari della Polizia di Stato), relativamente alle incompatibilità afferenti all’esercizio delle attività libero professionali.
In riferimento all’art. 3 della Costituzione, dunque, la Consulta, attraverso la sentenza n. 98 del 18 maggio 2023, si è pronunciata sulla questione di legittimità costituzionale sollevata dal Consiglio di Stato in ordine all’art. 210, comma 1, del Codice dell’ordinamento militare (D. Lgs. n. 66/2010).
La suddetta norma è stata censurata nella parte in cui essa non contempla, accanto ai medici militari, anche gli psicologi militari tra i soggetti a cui non sono applicabili le norme relative alle incompatibilità all’esercizio delle attività libero professionali, e alle limitazioni previste dai contratti e dalle convenzioni con il servizio sanitario nazionale.
La Corte ha evidenziato come la menzionata previsione di legge, consentendo ai medici militari lo svolgimento dell’attività libero professionale, rappresenti una scelta del legislatore in deroga al generale principio di incompatibilità della professione militare, in conformità a quanto stabilito dall’art. 53 del D.Lgs 165/2001 per tutto il pubblico impiego.
Tale principio — evidenzia la Corte – trova fondamento nell’art. 98 della Costituzione che, nel prevedere che i pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione, rafforza il principio di buon andamento dell’azione amministrativa in quanto da un lato, evita il concretizzarsi di conflitti di interesse, dall’altro, consente al militare di riservare tutte le sue energie lavorative ad esclusivo vantaggio dell’amministrazione.
È in questo contesto che si colloca il censurato art. 210, il quale contempla in sé due norme: una, che consente l’esercizio della libera professione ai medici militari; e l’altra — implicita – che invece limita il campo applicativo escludendo la medesima facoltà agli psicologi.
Su questo punto, la Consulta ha rilevato un’irragionevole disparità di trattamento tra le due situazioni poste a confronto, medici e psicologi militari, nella limitazione soggettiva della facoltà di esercitare la libera professione – derogatoria al principio generale dell’esclusività della professione militare.
Secondo la Corte, in effetti, considerato che entrambi i professionisti – medici e psicologi militari – erogano prestazioni volte anche alla tutela dell’integrità psichica e rientrano entrambi nell’unitaria categoria del personale militare abilitato all’esercizio della professione sanitaria, ha ritenuto giusto che gli stessi siano equiparati sotto il profilo della facoltà di svolgere la libera professione.
Il tutto a prescindere dall’eventuale diversità di ruoli e di progressione di carriera, che può riscontrarsi nell’ambito dei rispettivi corpi sanitari di appartenenza.
Per la Corte, in definitiva, non emergerebbero ragioni idonee a giustificare il riconoscimento della illustrata facoltà esclusivamente ai medici militari.
È a questo punto innegabile, tenuto anche conto dei principi statuiti per ultimo nella Legge delega per il riordino delle carriere riguardo l’equa ordinazione e la specificità — art.19 L.183/2010 – che tra i medici e gli psicologi dell’ Arma dei Carabinieri e i medici, i veterinari e gli psicologi della Polizia di Stato, non debba e non possa sussistere una simile divaricazione di applicazione delle norme.
Ecco perché il SIULP, in ragione del conforto della pronuncia della Corte Costituzionale, torna a rinnovare quanto ha già sostenuto in maniera quasi isolata sui tavoli di confronto con l’ Amministrazione, allorquando si discuteva delle modifiche ordinamentali nell’ambito di quello che poi è stato il riordino delle carriere. In quella sede sostenemmo quella che a noi sembrava essere una ovvia estensione di quanto oggi è stato sancito dalla Corte per gli psicologi dell’ Arma, diritto già riconosciuto ai medici e ai veterinari rispetto la compatibilità le attività libero-professionali, a tutte le qualifiche tecnico-professionali della Polizia di Stato che prevedono l’iscrizione ad uno specifico albo professionale.
Tanto premesso, si ritiene non rinviabile un intervento della nostra Amministrazione volto a rimuovere le disparità di trattamento tra i medici e gli psicologi dell’ Arma ei Carabinieri e le analoghe figure professionali della Polizia di Stato, attraverso l’adeguamento dell’ordinamento del personale della Polizia di Stato nel senso ritenuto dalla Corte Costituzionale, principio che, come detto, dovrebbe essere esteso a tutte quelle qualifiche tecnico-professionali della Polizia di Stato che prevedono l’iscrizione ad uno specifico albo professionale.
In attesa di un cortese riscontro, conoscendo la sua sensibilità sulle questioni che attengono il benessere del personale, le invio cordialissimi saluti e sensi di altissima e rinnovata stima
Il Segretario Generale
Felice Romano