Il Codice Penale punisce con arresto o ammenda chiunque in un luogo pubblico o aperto al pubblico ovvero col mezzo del telefono, per “petulanza” o per altro biasimevole motivo reca molestia o disturbo al prossimo.
Secondo la Corte di Cassazione non è condivisibile la tesi secondo cui, a differenza della comunicazione fatta con il mezzo del telefono, la messaggistica telematica non presenta carattere invasivo, ben potendo il destinatario di messaggi non desiderati, evitarne la ricezione semplicemente escludendo o “bloccando” il contatto sgradito.
E ciò secondo tale tesi a differenza del mezzo telefonico “tradizionale” che invece assume rilievo proprio per il carattere invasivo della comunicazione alla quale il destinatario non può sottrarsi, se non disattivando l’apparecchio telefonico, con conseguente lesione della propria libertà di comunicazione, costituzionalmente garantita.
Con la sentenza 37974/2021, la Suprema Corte stabilisce che l’invasività del mezzo impiegato per raggiungere il destinatario rileva in sé, e non conta la possibilità per quest’ultimo di interrompere l’azione perturbatrice, già subita e avvertita come tale, ovvero di prevenirne la reiterazione, escludendo il contatto o l’utenza fastidiosa dal proprio cellulare.
L’interesse pubblico e l’interesse privato – Con la normativa in parola il legislatore penale ha inteso tutelare la tranquillità pubblica per l’incidenza che il suo turbamento ha sull’ordine pubblico. L’interesse privato individuale riceve protezione soltanto riflessa e la tutela penale è accordata anche senza, e pur contro, la volontà delle persone molestate o disturbate. Ciò che viene in rilievo è il potenziale riflesso sull’ordine pubblico di comportamenti idonei a suscitare nel destinatario reazioni violente o altre forme di ribellione.
La molestia – L’elemento materiale della “molestia” è costituito dall’interferenza che altera insopportabilmente, in modo immediato o mediato, lo stato psichico di una persona. L’atto per essere molesto deve non soltanto risultare sgradito a chi lo riceve, ma deve anche essere ispirato da un motivo riprovevole o rivestire il carattere dell’assillo.
Il mezzo telefonico – In tal verso il mezzo telefonico assume rilievo penale proprio per il carattere “irrompente” della comunicazione alla quale il destinatario non può sottrarsi, se non disattivando l’apparecchio telefonico; la comunicazione telefonica comporta infatti, una immediata interazione tra il chiamante e il chiamato e una diretta intrusione del primo nella sfera delle attività del secondo.
La mail – Generalmente l’invio di un messaggio di posta elettronica, esattamente come una lettera spedita tramite il servizio postale, non comporta nessuna immediata interazione tra il mittente e il destinatario, in quanto l’azione del mittente si esaurisce nella memorizzazione di un documento in una determinata locazione della memoria dell’elaboratore del gestore del servizio. E la comunicazione si perfeziona se e solo quando il destinatario connettendosi a sua volta all’elaboratore e accedendo al servizio, attivi una sessione di consultazione della propria casella di posta elettronica e proceda alla lettura del messaggio. Tuttavia muovendo dal rilievo che i risultati dell’innovazione tecnologica consentono di inviare messaggi e-mail in entrata e in uscita attraverso gli apparecchi mobili, sostanzialmente con le stesse modalità di invio degli sms, può oggi farsi rientrare anche la mail ricevuta al dispositivo telefonico nel concetto di comunicazione sincrona “imposta” al destinatario; senza possibilità per lo stesso di sottrarsi alla “immediata” interazione con il mittente.
Sms, WhatsApp, messenger – possono e devono essere ricondotti senza dubbio nell’alveo della previsione incriminatrice in parola, i messaggi di testo “short messages system” (cd.sms) e quelli WhatsApp o messenger trasmessi attraverso apparati mobili; e ciò perché non sono assimilabili ai messaggi di tipo epistolare in quanto il destinatario è costretto, sia dal suono d’arrivo che dalla notifica sul display, a percepirli persino prima di poterne individuare il mittente, con corrispondente turbamento della propria quiete.
Può quindi affermarsi che nella locuzione della norma incriminatrice “col mezzo del telefono” rientrano tutte le comunicazioni che avvengono con modalità sincrona, dando luogo ad una immediata interazione tra soggetto agente e destinatario della comunicazione; anche se effettuate non propriamente con il mezzo del telefono, ma con altri analoghi mezzi di comunicazione a distanza.
Ciò che rileva è sempre il carattere “psichicamente dirompente” della comunicazione.
E può essere tale persino la mera “anteprima” di testo del messaggio che compare sulla schermata