Indennità di trasferimento nei casi di mobilità d’ufficio per candidatura elettorale

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Indennità di trasferimento nei casi di mobilità d’ufficio per candidatura elettorale e successiva riassegnazione al termine del periodo di incompatibilità

Con la recentissima Sentenza n. 04841/2023 del 15 maggio 2023, il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale (Sezione Seconda), ha puntualizzato la problematica relativa alla spettanza dell’indennità di trasferimento (sia con riferimento all’abrogata previsione di cui all’art. 1 della legge n. 100 del 1987, sia con riferimento a quella di cui all’art. 1 della L. n. 86/2001), in occasione di trasferimenti disposti ex art. 53 DPR 24 aprile 1982, n. 335 in materia elettorale. 

Nella stessa Sentenza viene affrontata e risolta, altresì, la specifica questione della spettanza dell’indennità predetta in relazione al “ritrasferimento” o “riassegnazione” del dipendente candidato alla sede di provenienza, al termine del periodo di incompatibilità previsto dall’articolo 53, comma 1, del D.P.R. n. 335/1982.

Occorre premettere che l’alto consesso amministrativo si era già pronunciato in merito alla prima questione, con precedenti pronunce (CdS, Sez. IV, n. 2907/2005 e Sez. I, n. 3156/2008), affermando  che l’indennità di trasferimento compete allorché il movimento è disposto per esigenze del servizio dell’Amministrazione, cosa che non ricorre nel caso di trasferimento per incompatibilità ex art. 53 DPR 24 aprile 1982, n. 335, posto che l’evenienza che ha determinato una necessità operativa dell’Amministrazione prescinde totalmente dalla presenza di esigenze di servizio e si radica invece in una disposizione legislativa, la quale, per la tutela di esigenze di carattere generale, impone all’Amministrazione un atto di mobilità che ha sicuramente determinato un problema di organizzazione del proprio personale.

Nel medesimo senso si era già pronunciata la Sezione IV del Consiglio di Stato con la sentenza n. 1019 del 4 settembre 1996, con le seguenti argomentazioni:

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1)  nel caso considerato dall’art. 53, comma 1, D.P.R. n. 335/1982 non si è in presenza di un trasferimento in senso tecnico, cioè di assegnazione di autorità del pubblico dipendente ad altra sede di servizio, a prescindere dalla (e di norma anche contro la) sua volontà, per soddisfare esigenze operative e funzionali dell’amministrazione di appartenenza, ma di un temporaneo allontanamento dalla sede di servizio in conseguenza del divieto posto dallo stesso art. 53, comma 1, cit. di “prestare servizio per 3 anni nell’ambito della circoscrizione nella quale il dipendente si è presentato candidato”. Segue da ciò che, a differenza di quanto previsto per i normali trasferimenti d’ufficio, per i quali la durata della permanenza nella sede di destinazione è rimessa alla libera e responsabile valutazione dell’amministrazione, nell’ipotesi prefigurata dal citato art. 53, comma 1, il dipendente – candidato non eletto – ha un vero e proprio diritto a rientrare, alla scadenza del triennio, nell’ufficio dal quale era stato temporaneamente allontanato;

2)  il temporaneo allontanamento non è disposto dall’Amministrazione per soddisfare proprie esigenze funzionali ed operative, ma costituisce per essa un atto dovuto, che è tenuta a adottare al verificarsi del presupposto di legge (la presentazione della candidatura), anche se, in conseguenza e per effetto di esso, dovessero risultare pregiudicate e compromesse le suddette esigenze. Alla base della scelta legislativa, codificata dal cit. art. 53, primo comma, è infatti una ratio che il Consiglio di Stato (I Sez., 18 marzo 1992 n. 713) ha individuato nella superiore necessità di garantire l’interesse generale alla imparzialità dell’agente di P.S. candidato, «la quale potrebbe essere compromessa dall’interesse politico» sotteso alla competizione elettorale;

3)   la ragione che ha indotto il legislatore del 1987 ed estendere al personale della Polizia di Stato il particolare trattamento economico di missione, già introdotto dalla legge n. 100 del 1987 per altre categorie di pubblici dipendenti, va individuata nella necessità di facilitare i trasferimenti d’ufficio, riducendo il costo economico che essi comportano per i dipendenti e per i loro nuclei familiari; in altri termini si tratta di una soluzione di compromesso fra due esigenze (pubblica e privata) di segno opposto. Questa ragione non sussiste non solo nel caso di trasferimento a domanda, ma anche nel caso di temporaneo allontanamento previsto dal cit. art. 53, primo comma, nel quale le posizioni dei soggetti interessati si presentano invertite, nel senso che è l’Amministrazione a subire le conseguenze della scelta personale effettuata dal suo dipendente e degli effetti che l’ordinamento ad essa ricollega, certamente satisfattivi del superiore interesse all’imparzialità dell’azione amministrativa, ma non anche (o, quanto meno, non necessariamente) dell’interesse alla funzionalità della struttura di appartenenza del candidato;

4)  l’indifferenza dell’allontanamento voluto dalla legge rispetto alle esigenze dell’Amministrazione è comprovata dal fatto che, sempre ai sensi del cit. art. 53, secondo comma, il dipendente deve essere assegnato alla sede «più vicina» a quella di appartenenza, con l’unico limite costituito dalla compatibilità di detta assegnazione con la qualifica rivestita. Il criterio topografico prevale, quindi, su quello funzionale, sicché il dipendente potrebbe pretendere di essere assegnato anche ad una struttura con personale esuberante, ove fosse la più vicina a quella di provenienza;

5)  un’ulteriore riprova della estraneità dell’allontanamento ex art. 53 primo comma, rispetto alla materia dei trasferimenti d’ufficio può individuarsi nel fatto che esso deve essere disposto dall’Amministrazione, ricorrendo il presupposto di legge dell’avvenuta presentazione della candidatura, senza la previa acquisizione del nulla osta sindacale, ove il soggetto destinatario dello stesso sia un dirigente sindacale;

6)  una diversa conclusione, oltre a non trovare giustificazione sul piano generale, determinerebbe una ingiustificata posizione di privilegio a favore di una determinata categoria di pubblici dipendenti e si presterebbe anche a facili abusi, consistenti nella presentazione “strumentale” di una candidatura, al solo fine di ottenere un trasferimento dalla, in ipotesi, sgradita sede di servizio, con la conseguente attribuzione del trattamento economico di missione di cui all’art.1 L. n. 100/1987.

Per quel che concerne la seconda questione e cioè quella relativa alla spettanza dell’indennità predetta in relazione al “ritrasferimento” o “riassegnazione” del dipendente candidato alla sede di provenienza al termine del periodo di incompatibilità previsto dall’articolo 53, comma 1, del D.P.R. n. 335/1982, la Sentenza n. 04841/2023 del 15 maggio 2023, oggetto della presente trattazione, precisa che “non è dunque dovuta l’indennità di cui all’art. 1 della legge n.86 del 2001, essendo prevista soltanto quando il trasferimento è disposto per esigenze del servizio autonomamente valutate dall’amministrazione, mentre nella specie ricorre una semplice “riassegnazione” presso l’originaria sede di servizio in esecuzione del dictum di cui alla sentenza TAR Calabria n.1338 del 2007, intervenuto altresì al cessare delle ragioni di incompatibilità per motivi elettorali”.

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