Legittimi i tagli della pensione

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L’esigenza di razionalizzare la spesa pubblica legittima il taglio della pensione.

Il principio è enunciato nella pronuncia del 5 maggio 2021, resa nella causa T-695/19, dal Tribunale UE che ha “ratificato” il taglio dei vitalizi dei parlamentari italiani, varato nel 2018.

Per i giudici europei, il taglio è legittimo, considerato il fatto che il diritto alla pensione non comporta anche il diritto a che il trattamento pensionistico rimanga immutato.

La scelta del parlamento italiano di ridurre le pensioni ha lo scopo di razionalizzare le spese pubbliche in un contesto di rigore di bilancio. Si tratta di un fine che, per il tribunale UE, “costituisce un obiettivo di interesse generale tale da giustificare una limitazione dei diritti fondamentali”.

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Si rientra, peraltro, nell’ampio margine discrezionale riconosciuto agli Stati membri dell’Unione in sede di adozione delle decisioni economiche più opportune per fronteggiare il contesto economico particolare che imperversa da diversi anni.

Insomma: in assenza di un’adeguata prova che il taglio dei vitalizi non era necessario per raggiungere gli obiettivi perseguiti dal legislatore e dell’indicazione di altre misure meno restrittive che avrebbero consentito di raggiungere tali obiettivi, non si può fare altro che validare la scelta del parlamento italiano.

Nel caso di specie, a interessare della questione il tribunale UE è stato un europarlamentare, che contestava la riduzione della pensione ricevuta per la sua attività presso il parlamento di Bruxelles, disposta in ragione del taglio previsto nel suo paese, l’Italia. Tuttavia, come evidenziato nella sentenza in commento, a livello europeo vige la cd. “regola della pensione identica”, in forza della quale “l’importo e le modalità della pensione provvisoria corrispondono esattamente a quelle della pensione percepita dai Membri della Camera Bassa del Parlamento dello Stato membro in rappresentanza del quale è stato eletto il deputato al Parlamento europeo”.

Si tratta di una formulazione imperativa che, per i giudici, “non lascia alcun margine al Parlamento per un metodo di calcolo autonomo”.

Il tribunale UE ha anche osservato che la scelta di tagliare la pensione risulta coerente con il principio di proporzionalità. Questo, infatti, “esige che gli strumenti istituiti da una disposizione di diritto dell’Unione siano idonei a realizzare i legittimi obiettivi perseguiti dalla normativa di cui trattasi e non vadano oltre quanto necessario per raggiungerli”.

Il Tribunale Ue non si ritiene invece competente a stabilire la legittimità della riduzione in base al diritto italiano, ma solo se il Parlamento Ue ha violato il diritto europeo applicando la decisione del nostro Parlamento. La Corte Europea ha dunque aperto una prospettiva tutt’altro che rassicurante per i trattamenti pensionistici in generale.

Quanto alla scelta di ridurre la pensione, non viene riscontrata una violazione del principio di proporzionalità in base al quale gli strumenti devono essere idonei a realizzare gli obiettivi perseguiti dalla normativa e non devono andare oltre. La deliberazione della Camera dei deputati di rideterminare l’importo delle pensioni, secondo il Tribunale, ha lo scopo di «razionalizzare le spese pubbliche in un contesto di rigore di bilancio» ed è già stato stabilito che un obiettivo di questo tipo è di interesse generale e giustifica una riduzione dei diritti fondamentali. Inoltre, agli Stati membri è concesso un ampio margine di valutazione quando si tratta di misure di austerità per far fronte a una grave crisi economica e il parlamentare ricorrente non ha dimostrato che la decisione di ridurre le pensioni non fosse necessaria e non ha indicato soluzioni alternative.

In conclusione il Tribunale ritiene che la gravità delle conseguenze della riduzione della pensione non comporta svantaggi sproporzionati rispetto agli obiettivi perseguiti, a fronte, nel caso specifico, del nuovo metodo di calcolo, dell’importo conseguente e della durata del mandato al Parlamento Ue.

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