Gentilissimo Direttore,
nel suo editoriale di ieri dal titolo “Torniamo liberi” ha posto riflessioni per larga parte condivisibili sullo stile di redazione degli atti aventi contenuto normativo, concentrando la sua critica sul testo del D.P.C.M. del 26 aprile 2020, provvedimento chiamato a regolare la circolazione delle persone nella cosiddetta Fase 2.
In effetti l’aver previsto come principale novità la possibilità di spostarsi per far visita ai “congiunti” non pare corrispondere all’esigenza di offrire indicazioni certe e tassative, quali quelle che dovrebbero caratterizzare testi di legge, trattandosi di un termine che si presta ad assumere connotazioni diverse a seconda delle distinte sensibilità personali.
Detto che tale vuoto di genericità è stato poi, in buona parte, colmato dall’opportuna pubblicazione di quadri sinottici e di circolari, del Suo intervento abbiamo comunque, tra l’altro, apprezzato la preoccupazione per le difficoltà interpretative con le quali sarebbero stati chiamati a confrontarsi gli operatori delle Forze dell’ordine.
I quali, in effetti, negli ultimi due mesi e mezzo – oltre alla comprensibile preoccupazione per l’esposizione al rischio da contagio che è andata a sommarsi alle ordinarie difficoltà di una quotidianità lavorativa di cui, anche il Suo giornale, sovente ha dato conto – sono stati non di rado costretti a districarsi nel ginepraio di disposizioni emanate da una molteplicità di centri decisionali che hanno disegnato geometrie giuridiche non esattamente lineari.
E tanto hanno fatto con la consueta dedizione che, al netto di qualche parossismo, ha consentito di gestire al meglio una inedita, drammatica congiuntura. Assicurando con il consueto equilibrio, purtroppo talvolta anche a prezzo della loro stessa vita, il rispetto della legalità e, più nello specifico, delle pur draconiane misure di contenimento.
Siamo insomma certi che Lei, acuto osservatore e penna raffinata, non intendesse in alcun modo abbandonarsi a stereotipi di pasoliniana memoria nel momento in cui ha messo in relazione il tutt’altro che perspicuo tenore dell’alluvionale legislazione emergenziale ai presunti limiti culturali dei ragazzi delle forze dell’ordine.
I quali, magari, non avranno tre lauree. Ma, in linea di principio, oltre ad avere una discreta dimestichezza con l’uso del congiuntivo e con la cultura generale, sono dei veri luminari nello svolgimento del delicatissimo ruolo che è stato loro affidato per assicurare la pacifica convivenza tra i consociati che costituisce l’essenza stessa del giuramento di fedeltà alla Repubblica da loro prestato.
Il che, a nostro sommesso avviso, dovrebbe rappresentare una più che solida rassicurazione per chi dovesse essere preoccupato per la tenuta dell’ordine e della sicurezza pubblica, a fronte della quale una qualche eventuale traballante ingenuità lessicale potrebbe, mi consenta, comunque semmai essere perdonata.
Nel ringraziarLa per aver, sebbene con qualche veniale sfumatura, dato atto del diuturno, defatigante impegno delle donne e degli uomini delle forze di polizia, approfittiamo dell’occasione per ringraziarLa, come Direttore per la pubblicazione della presente, e come giornalista insieme a quanti operano nel settore della comunicazione, per l’insostituibile funzione che in una democrazia compiuta è chiamata ad assolvere una libera, ed equilibrata, informazione.
Cordialissimi saluti.
Roma lì 4 maggio 2020
l’articolo pubblicato su “Il Giornale” https://www.ilgiornale.it/news/cronache/torniamo-liberi-1859898.html