SIULP E SIAP: COMUNICATO su Trattenimento in Servizio

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Illustrissime Autorità,

a seguito dell’allarmata nota siglata da contraddittorie e confuse rappresentanze sindacali del personale delle Polizia di Stato, indirizzata ad alcune autorità istituzionali, tra cui alcuni delle destinatarie della presente missiva, e ripresa da alcuni organi di stampa che non hanno approfondito la tematica, dall’ emendamento alla legge di bilancio in corso di approvazione, che integra l’art. 59 del DPR 335/82 “statuendo il trattenimento in servizio dei poliziotti per ulteriori due anni oltre i limiti ordinamentali” deriverebbero “gravi rischi che potrebbero ripercuotersi sull’apparato della P.S.”.

Secondo i sottoscrittori di tale accorato appello si andrebbero così ad ingenerare una serie di criticità che inciderebbero “sul turn over bloccando l’arruolamento di giovani colleghi, … limiterebbe la possibilità di promozioni interne … e rallenterebbe ulteriormente la mobilità verso le province dove vi sono lunghe graduatorie di attesa”.

Di tutta evidenza che detta presa di posizione, a voler essere comprensivi, evidenzia una profonda mancanza di conoscenza, passata ed attuale, delle criticità e politiche interne della Polizia di Stato, nonché una inquietante precaria capacità di interpretare i testi normativi. Ovvero, alternativamente, ad una non comune serie di imbarazzanti imprecisioni che rivelerebbero una malcelata volontà di perseguire inconfessabili finalità estranee al contesto di riferimento. Quali, ad esempio, mirati attacchi all’autorevolezza di alcune figure istituzionali preposte a delicati incarichi di Governo.

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Gli improvvisati profeti di sventura, che evidentemente non dispongono di adeguati strumenti per padroneggiare la materia di cui siamo a discutere, sembrano non conoscere che la previsione del richiamo in servizio su base volontaria non è affatto inedita, atteso che tale istituto è contemplato dall’art. 59 del DPR 335/1982, limitatamente ai ruoli degli Agenti ed Assistenti e dei Sovrintendenti.

La ragione per la quale il coevo Legislatore ritenne di introdurre tale previsione discendeva da molteplici esigenze. In primo luogo perché l’organico all’indomani della riforma era drammaticamente carente, in condizioni persino peggiori di quelle odierne. La possibilità di accedere alla pensione dopo poco più di vent’anni di servizio effettivo non riusciva ad essere compensata dagli arruolamenti, anche a causa delle non allettanti prospettive professionali offerte ai giovani che accedevano all’allora Corpo (militare) delle Guardie di P.S.

Ecco che allora occorreva intervenire su un duplice fronte. Quanto alle assunzioni il rimedio fu quello di prevedere la forma semplificata di immissione degli Agenti Ausiliari, che consentì una immediata iniezione di decine di migliaia di giovani ovviando agli appesantimenti delle ordinarie procedure concorsuali. Per assicurare poi un adeguato passaggio di consegne generazionali fu incentivata la permanenza in servizio dei più anziani attraverso l’istituto del richiamo su base volontaria, di modo che si potesse trasmettere patrimonio di conoscenze professionali ai più giovani.

L’altro grosso problema era quello della mancanza di ufficiali di Polizia Giudiziaria, per ovviare alla quale si ricorse alla figura degli Assistenti Capo UPG, i quali assumevano le nuove funzioni dopo un corso di formazione – si fa per dire – di alcune settimane.

Orbene, l’istituto del richiamo venne applicato a partire dal 1984, per l’appunto in cogenza di questa congiuntura emergenziale, per cercare di tamponare le falle che mettevano in discussione la tenuta della funzionalità dell’apparato, assicurando in particolare la permanenza in servizio di alcune centinaia di Sovrintendenti, essenziali per tutte le incombenze di relativa pertinenza. Fu grazie alla L. 216/1992, ed al successivo riordino del 1995, che si potè stabilizzare l’organico dei ruoli e delle qualifiche intermedie, che nel frattempo avevano visto l’ingresso nella Polizia di Stato della nuova figura dell’Ispettore. Detto non secondario aspetto, spiega perché gli ultimi richiami datano 1995.

Quanto affermato basterebbe a demolire le fragili tesi intessute dagli oracoli che prefigurano scenari apocalittici, partendo peraltro da presupposti del tutto ingannevoli e populistici. Sempre che non siano essi stessi i primi ad essere caduti nell’inganno originato dalle proprie convinzioni. Perché infatti non una delle loro premesse merita apprezzamento. Intanto perché, come abbiamo appena argomentato, e come qualunque sindacalista dotato di un minimo di conoscenza storica dovrebbe sapere, il richiamo in servizio è coetaneo della legge di Riforma, e si avvia a compiere i suoi primi 40 anni. Dunque nulla di nuovo sotto al sole. Infatti l’emendamento contestato da questi sedicenti tutori del bene comune non fa altro che integrare l’art. 59 del DPR 335 del 1982 ampliando il bacino dei potenziali interessati agli appartenenti ai Ruoli degli Ispettori e dei Commissari.

Considerata la mancanza di conoscenza degli argomenti dedotti nella presente da parte dei contestatori è utile segnalare come nel 1982 gli Ispettori non erano stati presi in considerazione per la semplice ragione che prima della legge di riforma il corrispondente ruolo non esisteva.

Non meno fragorosamente destituito di fondamento è poi l’assioma secondo cui la permanenza dei richiamati andrebbe ad incistarsi sul turn over, bloccando le assunzioni dei nuovi agenti. La menzogna è smentita in primo luogo, ancora una volta, dall’incontrovertibile dato storico.

I dieci anni in cui si è utilizzato il richiamo in servizio sono quelli durante i quali, anche grazie alla ricordata semplificazione delle assunzioni con gli Agenti Ausiliari, si è registrato il più massivo incremento dell’organico del ruolo di base. La constatazione che nel solo 2022 è prevista l’assunzione e l’immissione in servizio di oltre 3500 nuovi Agenti è sufficiente per qualificare come apodittici, per non dire temerari, i paventati infondati timori.

Ancora più irragionevole è poi la presunta limitazione della mobilità che deriverebbe dal mantenimento in servizio dei più anziani. Fatichiamo a credere che tra le sigle sottoscrittrici della dissennata denuncia di cui ci occupiamo, nessuno abbia fatto mente locale sulla constatazione che il ruolo degli Ispettori ha una consistenza pari a meno della metà dell’organico di 24 mila unità previsto. E che nel ruolo dei Sovrintententi, che certo non vive momenti di miglior gloria, mancano all’appello almeno 7000 unità.

Possibile che nessuno di loro abbia fatto di recente un passaggio in uno delle migliaia di uffici della Polizia di Stato senza rendersi conto di quanto la funzionalità dell’apparato, ora come 40 anni fa, è a forte rischio di franturmarsi contro lo scoglio della carenza di qualifiche strategiche dei ruoli chiamati a svolgere la determinante funzione di cerniera tra la base e la dirigenza? Operatori che sono tra l’altro essenziali per le attribuzioni tipiche dell’attività investigativa d’iniziativa o su delega dell’Autorità Giudiziaria?

Siamo solo noi ad avvertire l’esigenza di poter evitare la dispersione di un altrimenti irrecuperabile know how, che a causa di una stasi concorsuale durata quasi tre lustri, non ha consentito il travaso di questi saperi nelle nuove generazioni di ufficiali di Polizia Giudiziaria? Come si fa allora a sostenere che l’eccezionale permanenza in servizio di poche centinaia di dipendenti che occupano le qualifiche apicali dei ruoli dei sovrintendenti e degli ispettori possa costituire un ostacolo ai concorsi interni per coprire le migliaia di vacanze esistenti? Vacanze destinate ad aumentare vertiginosamente nel corso dei prossimi anni, fino a vedere la prossima scomparsa degli Ispettori Superiori e Sostituti Commissari, al cui appello, alla data del 31 dicembre 2020, mancavano 3800 dei 6000 operatori previsti. Con quale coraggio si può affermare che la mobilità potrebbe essere rallentata nel momento in cui non esistono uffici nemmeno prossimi al pieno organico?

Qualcuno a nostro avviso finge di dimenticare che solo grazie alla revisione ordinamentale del 2017 la situazione, per quanto critica, ai giorni nostri è ancora recuperabile. Un riordino senza il quale la struttura operativa sarebbe naufragata sotto il peso di uno sbilanciamento che vedeva circa il 70% dell’organico compresso all’interno del ruolo di base degli Agenti ed Assistenti. Una percentuale che oggi, a distanza di soli 4 anni, si è assestata intorno al più ragionevole 50%.

Ma il vero pericolo che oggi si corre, e di cui non sembrano avvedersi quanti si scagliano contro quella che è una misura di puro buon senso, è di vanificare i virtuosi risultati conseguiti con la provvidenziale ristrutturazione dell’architettura ordinamentale. Mentre infatti da qui al 2030 lasceranno i ruoli della Polizia di Stato 40 mila operatori, la quasi totalità dei quali Ispettori e Sovrintendenti, nel ruolo di base ci ora sono 7000 Agenti ed Assistenti in eccedenza rispetto alla tabella ordinamentale degli organici di ruolo, perché nonostante gli alleggerimenti concorsuali della fase transitoria non si riesce comunque ad alimentare il circuito delle progressioni di carriera in tempi consoni.

Se si va avanti di questo passo si riproporrà la situazione per arginare la quale qualcuno pochi anni fa aveva addirittura pensato di coprire, in forza di una circolare, gli Uffici Denunce con gli Agenti di polizia giudiziaria diversamente da quanto previsto dalla legge che attribuisce tale funzione agli Ufficiali di polizia giudiziaria, disinteressandosi del fatto che così si mandavano allo sbaraglio poliziotti privi della necessaria competenza, con inevitabili ripercussioni sia sulla responsabilità del singolo che sulla funzionalità del sistema. Questo, e non altro, è un rischio che non possiamo correre!

Ecco perché noi, diversamente dallo stuolo dei detrattori dell’emendamento integrativo dell’art. 59 del DPR 335/1982, riteniamo che estendere la platea dei ruoli che possono aderire volontariamente al richiamo rappresenti una opzione irrinunciabile. E non stupisce affatto constatare come il fronte avverso all’emendamento abbia la stessa composizione di quello che sparava a palle incatenate contro le scriventi Segreterie Nazionali, considerate responsabili di essersi spese per far approvare il riordino del 2017. Saranno poi proprio quelli che ci accusavano di aver svenduto la categoria ad aver, per primi, approfittato delle opportunità di carriera che il Riordino del 2017 offriva.

Sia consentita un’ulteriore riflessione, che certo non è irrilevante ai fini della valutazione politico – economica degli effetti dell’integrazione che noi riteniamo debba essere assolutamente sostenuta e portata a compimento.

Nel corso dei lavori prodromici al varo del riordino delle carriere e dei correttivi, su nostra espressa sollecitazione, l’Amministrazione aveva chiesto un parere agli enti di controllo della spesa pubblica circa gli eventuali oneri derivanti dal richiamo in servizio di personale che aveva raggiunto l’età massima ordinamentale. In esito a tale quesito è stato ufficialmente confermato, da autorevoli esponenti del Dipartimento della P.S. componenti la specifica Struttura di Missione, nel corso di pubblici confronti, che non solo non c’erano costi aggiuntivi, ma pure che il regime del richiamo consentiva un risparmio di spesa, derivante dal differimento del godimento del trattamento pensionistico.

Vale a dire che il sistema che verrebbe attivato con il richiamo in servizio sarebbe produttivo di virtuosi effetti anche dal punto di vista della finanza pubblica.

Un’ultima osservazione si rende, infine, necessaria, per confutare l’ennesima sciocchezza che ci è capitato di dover sentire da quanti sono probabilmente incapaci di rassegnarsi all’evidenza di aver animato proteste prive di consistenza ma che, evidentemente hanno ben altri obiettivi.

Ribadito che il vituperato art. 59 DPR 335/1982 è presente nel diritto positivo da 4 decenni, pare di palmare evidenza che l’istituto del richiamo non ha alcun tipo di effetto sul sistema pensionistico. Non è affatto vero che si innalza l’età pensionabile ordinamentale, su cui gli scriventi sono fermamente e con determinazione contrari. La quale rimane inchiodata, per tutti, ai limiti previsti dall’attuale assetto normativo.

Così come lo è rimasta nel decennio dal 1984 al 1995 in cui si è fatto ricorso a detto strumento straordinario, senza che mai nessuno abbia intrapreso crociate contro quella che oggi viene descritta come una latente minaccia in grado di pregiudicare i diritti dei poliziotti, e come una fonte di criticità nella gestione della Sicurezza.

Siamo certi che questo stonato coro di moderni urlatori manzoniani non distoglierà l’attenzione degli Autorevoli destinatari, i quali, diversamente dai latori di capricciose intemerate, sono noti per il disinteressato impegno nel mettere a disposizione del sistema Paese le migliori riforme possibili e, nello specifico di nostro diretto interesse, nel mettere a disposizione ogni utile risorsa in grado di assicurare la migliore funzionalità possibile della Polizia di Stato in questo delicatissimo momento storico. Diversamente ogni attore istituzionale, politico e sindacale si assumerà le proprie responsabilità di fronte al Paese rispetto alle scelte che farà, su una materia oggetto di continuo dibattito pubblico, considerata la richiesta di sicurezza che arriva dal mondo delle imprese, dei cittadini e degli uffici giudiziari che in più occasioni hanno lamentato la carenza di personale e in particolare noi evidenziamo la carenza strutturale di Ufficiali di polizia giudiziaria preposti alla gestione delle indagini e dei fascicoli.

Distinti saluti.

Il Segretario Generale SIULP – Felice Romano
Il Segretario Generale SIAP – Giuseppe Tiani

 

COMUNICATO su Trattamento in Servizio

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