Trasferimenti: non è sufficiente, per configurarlo “a domanda”, la mera dichiarazione di disponibilità al movimento da parte dell’interessato. Il tutto in tema di applicabilità della indennità prevista dalla legge 10 marzo 1987 n. 100, per la quale non è sufficiente, per configurare un trasferimento “a domanda”, la mera dichiarazione di disponibilità al movimento da parte dell’interessato. Mentre i trasferimenti d’ufficio, sostiene il Consiglio di Stato, perseguono in via immediata ed esclusiva l’interesse specifico dell’amministrazione di funzionalità dell’ufficio, al quale è completamente subordinata la posizione del pubblico dipendente, le aspirazioni del quale possono essere tenute presente eventualmente nei limiti delle preferenza da lui espresse circa la sede di servizio, nei trasferimenti a domanda, invece, risulta prevalente il perseguimento del soddisfacimento delle necessità personali e familiari del ricorrente. (vd. anche Cons. di Stato, IV, nr. 983/2006)
Cons. Stato, sez. IV, sent. nr. 2247/06 del 17.02.2006 – dep. 20.04.2006
N. 2247/2006
Reg. Dec.
N. 408 Reg. Ric.
Anno 1998
R E P U B B L I C A I T A L I A N A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello iscritto al NRG 408 dell’anno 1998, proposto dal MINISTERO DELLE FINANZE, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, presso cui domicilia ope legis in Roma alla via dei Portoghesi 12;
contro
il Sig……….., rappresentato e difeso dall’avvocato ……, con il quale è elettivamente domiciliato in Roma, via …………..;
per l’annullamento
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione II, n. 1443 del 22 settembre 1997;
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Sig……………………;
Visti gli atti tutti di causa;
Relatore alla pubblica udienza del 17 febbraio 2006 il consigliere Carlo Saltelli;
Uditi gli Avv.ti ………….su delega di ………….e l’Avvocato dello Stato Cesaroni.
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
F A T T O
Con la sentenza n. 1443 del 22 settembre 1997 il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione II, accogliendo il ricorso proposto dal Sig……………., sottufficiale della Guardia di Finanza, trasferito dalla Sezione di Taranto alla Sezione di polizia giudiziaria della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro, ha dichiarato il suo diritto a percepire l’indennità di cui alla legge 10 marzo 1987 n. 100, negatagli.
Secondo il Tribunale, nel caso di specie si verteva in tema di trasferimento d’ufficio: infatti, benché l’interessato avesse espressamente formulato domanda di assegnazione alle sezioni di polizia giudiziaria, essa doveva essere considerata come una mera dichiarazione di disponibilità o assenso alla nuova sistemazione e non idonea, quindi, a trasformare l’assegnazione in argomento in un trasferimento a domanda; ciò anche alla stregua della disposizione contenuta nell’articolo 8 del Decreto legislativo 28 Luglio 1989, n. 271.
Avverso tale sentenza ha proposto appello il Ministero delle Finanze con atto notificato il 18 dicembre 1997, sostenendone l’erroneità, in quanto l’assegnazione del ricorrente alla Sezione di polizia giudiziaria della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro era avvenuta esclusivamente in virtù di un’apposita istanza dell’interessato, il che escludeva la spettanza dell’indennità di cui alla legge n. 100 del 1987.
L’appellato si è costituito in giudizio, deducendo l’inammissibilità e l’infondatezza dell’appello di cui ha chiesto il rigetto.
D I R I T T O
I. L’appello è infondato e deve essere respinto.
I.1. La questione controversa concerne la spettanza al ricorrente, sottufficiale della Guardia di Finanza, trasferito dalla Sezione Taranto alla Sezione di Polizia Giudiziaria della Procura della Repubblica presso la Pretura Circondariale di Padova, della indennità prevista dalla legge 10 marzo 1987 n. 100, e comporta la qualificazione giuridica del predetto trasferimento, d’ufficio (come sostenuto dall’interessato e riconosciuto dai primi giudici) ovvero a domanda (come eccepito dall’amministrazione appellante).
La Sezione, decidendo controversie analoghe, ha ritenuto che nel caso di specie si è in presenza di un trasferimento d’ufficio, non essendo sufficiente, ai fini della sua diversa configurazione giuridica, la dichiarazione di disponibilità al movimento da parte dell’interessato: da tali conclusioni, che sono sufficientemente consolidate (1° ottobre 2001, n. 5174; 27 novembre 2000, n. 6279; 7 settembre 2000, n. 4734), non vi è motivo di discostarsi.
I.2. In particolare, è stato osservato che la distinzione fra i trasferimenti d’autorità o d’ufficio e i trasferimenti a domanda trova fondamento nella diversa rilevanza che in essi assumono i contrapposti interessi in gioco, quello dell’amministrazione, diretto ad assicurare il regolare ed ordinato funzionamento degli uffici pubblici, e quello del dipendente, volto al più diretto soddisfacimento delle proprie esigenze personali e familiari, interessi che devono entrambi trovare la giusta composizione nel rispetto dei principi costituzioni fissati dall’art. 97 della Costituzione.
Mentre i trasferimenti d’ufficio perseguono in via immediata ed esclusiva l’interesse specifico dell’amministrazione di funzionalità dell’ufficio, al quale è completamente subordinata la posizione del pubblico dipendente, le aspirazioni del quale possono essere tenute presente eventualmente nei limiti delle preferenza da lui espresse circa la sede di servizio, nei trasferimenti a domanda risulta prevalente il perseguimento del soddisfacimento delle necessità personali e familiari del ricorrente, rispetto alle quali l’interesse pubblico funziona esclusivamente come limite esterno di compatibilità, dovendo in ogni caso essere sempre assicurato il rispetto dei principi dell’art. 97 della Costituzione.
Non è, pertanto, sufficiente la mera presentazione di una domanda del pubblico dipendente affinché l’assegnazione ad una nuova sede di servizio possa essere sicuramente qualificata come trasferimento a domanda, dovendo indagarsi su quale interesse sia stato perseguito immediatamente e prioritariamente e dovendo, altresì, tenersi conto anche delle funzioni che effettivamente il pubblico dipendente è chiamato a svolgere nella nuova sede, in quanto se il trasferimento è preordinato anche ad un effettivo mutamento delle funzioni concretamente espletate, può fondatamente ritenersi che si sia in presenza di un trasferimento d’ufficio.
I.3. Alla stregua di tali principi correttamente i primi giudici hanno qualificato come trasferimento d’ufficio quello di cui si tratta.
Giova rilevare al riguardo che con D. Lgs. 28 luglio 1989 n. 271 sono state dettate norme di attuazione, coordinamento e transitorie del (nuovo) codice di procedura penale e agli articoli 5 e seguenti è stata espressamente regolamentata la composizione della sezioni di polizia giudiziaria, fissandosi anche le norme per l’individuazione degli organici e la copertura dei posti vacanti.
In particolare, ai sensi del 2° comma dell’art. 7 è previsto che l’amministrazione interessata debba pubblicare, senza ritardo, sul proprio bollettino l’elenco delle vacanze organiche; gli interessati, quindi, ai sensi del primo comma del successivo articolo 8, possono presentare domanda, indicando eventualmente tre sedi di preferenza.
Il terzo comma del richiamato articolo 8 precisa, inoltre, che quando mancano le domande ovvero queste sono in numero inferiore al triplo delle vacanze, ciascuna amministrazione indica al procuratore generale del distretto, in cui si sono verificate le vacanze stesse, coloro che possono essere presi in considerazione ai fini dell’assegnazione alle sezioni sino a raggiungere, tenendo conto anche delle eventuali domande, un numero triplo a quello delle vacanze.
Dal delineato quadro normativo emerge che l’assegnazione del personale alle sezioni di polizia giudiziaria è finalizzata, in modo diretto, immediato ed esclusivo, ad assicurare la funzionalità delle sezioni di polizia giudiziaria, che, ai sensi dell’art. 56 del C.P.P., svolgono la propria attività, di prevenzione e repressione, alle dirette dipendenze e sotto la direzione dell’autorità giudiziaria.
L’ufficialità di tale assegnazione trova conferma nella previsione che, nel caso di mancanza di domande per i posti di organico vacanti nelle sezioni di polizia giudiziaria, ovvero quando queste siano inferiori al triplo delle vacanze stesse, l’Amministrazione provvede direttamente (ed autoritativamente) ad indicare al procuratore generale il personale di polizia giudiziaria che può essere assegnato ai posti vacanti.
Le domande (eventualmente) proposte dagli interessati per l’assegnazione ai posti vacanti delle sezioni di polizia giudiziaria sono, dal punto di vista giuridico, niente altro che delle dichiarazioni di disponibilità o di assenso preventivo all’eventuale trasferimento, il quale non solo è disposto per l’esclusiva realizzazione degli interessi pubblici, per quanto è evidentemente subordinato al gradimento del competente procuratore generale della Repubblica.
Ciò esclude che abbiano potuto avere rilevanza le esigenze personali e familiari dell’interessato che, al contrario, connotano notoriamente la fattispecie del trasferimento a domanda.
Non vi è quindi alcun nesso di causalità necessaria, diretto ed immediato, tra la “domanda” formulata dal ricorrente e il trasferimento disposto dall’Amministrazione.
I.4. Per completezza la Sezione rileva che la disposizione contenuta nell’articolo 3, comma 74, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, secondo cui la disponibilità manifestata dagli interessati per essere assegnati alle sezioni di polizia giudiziaria presso le Procure della Repubblica deve essere considerata come domanda di trasferimento, non preclude il riconoscimento del diritto alla liquidazione dell’indennità di trasferimento di cui alla legge n. 100 del 1987, in quanto essa deve essere interpretata in senso conforme ai principi costituzionali: il che comporta che non possa esserle riconosciuta quella natura di norma di interpretazione autentica, che pur formalmente reclama.
Deve infatti ricordarsi che: a) affinché una norma interpretativa, e quindi retroattiva, possa essere considerata costituzionalmente legittima, è necessario che la stessa si limiti a chiarire la portata applicativa di una disposizione precedente, che non integri il precetto di quest’ultima, che non adotti un’opzione ermeneutica non desumibili dall’ordinaria esegesi della stessa (C.d.S., sez. V, 2 luglio 2002, n. 3612) e che, infine non intervenga in un panorama normativo chiaro e definito, quale quello risultante, nella vicenda della assegnazione di personale alla Sezione di Polizia giudiziaria, dalla costante interpretazione giurisprudenziale ormai decennale; b) l’efficacia retroattiva della legge di interpretazione autentica è soggetta al limite del rispetto del principio dell’affidamento dei consociati nella certezza dell’ordinamento giuridico, con la conseguenza dell’illegittimità costituzionale di una disposizione interpretativa che indichi una soluzione ermeneutica non prevedibile rispetto a quella affermatasi nella prassi (Corte Costituzionale 27 novembre 2000, n. 525).
In senso conforme a tale avviso la Sezione si è già espressa con le decisioni n. 872 del 7 marzo 2005 e n. 2990 del 7 giugno 2005. D’altra parte la citata disposizione, una volta accertatone il carattere innovativo neppure porta a concludere per la preclusione, nell’ipotesi di detta assegnazione, del riconoscimento dell’indennità in questione. Infatti il suo tenore letterale è nel senso di precisare che la domanda prodotta dagli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria della Polizia di Stato, dell’Arma dei Carabinieri e del Corpo della Guardia di finanza è considerata come domanda di trasferimento di sede, precisazione che non osta alla qualificazione della domanda stessa come trasferimento d’ufficio o a domanda, a seconda dei prevalenti interessi concretamente perseguiti o da soddisfare.
II. In conclusione l’appello proposto dall’Amministrazione va respinto.
Sussistono tuttavia giusti motivi per compensare integralmente le spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione quarta), definitivamente pronunciando sull’appello proposto dal Ministero delle Finanze avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sez. II, n. 1443 del 22 settembre 1997, lo respinge.
Dichiara integralmente compensate fra le parti le spese del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 17 febbraio 2006, con la partecipazione dei seguenti magistrati:
SALTELLI CARLO – Presidente F.F. est.
DEODATO CARLO – Consigliere
CACACE SALVATORE – Consigliere
DE FELICE SERGIO – Consigliere
MELE EUGENIO – Consigliere
IL PRESIDENTE f.f., est.
Carlo Saltelli
IL SEGRETARIO
Giacomo Manzo
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
20 aprile 2006
(art. 55, L. 27.4.1982 n. 186)
Il Dirigente
Giuseppe Testa