Decorrenza nomina partecipanti al primo corso di formazione successivo all’assenza dal lavoro per maternità — Sentenza Corte Costituzionale n. 211 del 4 dicembre 2023.
Signor Capo della Polizia,
con una nota inviata il 31 gennaio 2022 abbiamo segnalato la necessità di promuovere un percorso di revisione legislativa per rafforzare le tutele previste per le lavoratrici madri vincitrici di concorso (interno o esterno), che entrano in fase di gestazione in concomitanza con lo svolgimento dei rispettivi corsi di formazione.
Invero, il D. L.vo 172/2019 nell’innovare la disciplina a salvaguardia delle frequentatrici dimesse dai corsi per l’accesso ai ruoli della Polizia di Stato a causa della gravidanza, ha previsto semplicemente il loro diritto a partecipare al primo corso utile successivo, lasciando irrisolta la problematica relativa alla decorrenza giuridica della nomina.
Un esame appena più approfondito dell’argomento rivela come l’intervento additivo del 2019 abbia soddisfatto solo in parte la necessità di allineare l’ordinamento della Polizia di Stato alle esigenze emerse dalla più recente evoluzione della disciplina nazionale ed europea che tutela le lavoratrici durante la gestazione e nei periodi immediatamente successivi al parto.
Recentemente, con la Sentenza n. 211 del 4 dicembre 2023, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale degli artt. 27, comma 2, e 28, comma 4, del decreto legislativo 30 ottobre 1992, n. 443 (Ordinamento del personale del Corpo di polizia penitenziaria, a norma dell’art. 14, comma l , della legge 15 dicembre 1990, n. 395), nella parte in cui non prevedono che le vincitrici del concorso per vice ispettori del Corpo di Polizia penitenziaria – che abbiano ottenuto l’idoneità al servizio, a seguito della partecipazione al primo corso di formazione successivo all’assenza dal lavoro per maternità, siano immesse in ruolo con la medesima decorrenza, ai fini giuridici, attribuita agli altri vincitori del medesimo concorso.
È di tutta evidenza come la norma censurata dal giudice delle leggi rispecchi in tutto e per tutto quanto disposto dagli articoli 6 ter e 27 quater del DPR 24 aprile 1982, n. 335, nonché le previsioni dell’articolo 5 del decreto legislativo 5 ottobre 2000, n. 334, in relazione all’immissione in ruolo delle vincitrici dei concorsi nella Polizia di Stato che abbiano ottenuto l’idoneità al servizio a seguito della partecipazione al primo corso di formazione successivo all’assenza dal lavoro per maternità.
Nel caso giunto alla cognizione del giudice delle leggi l’amministrazione penitenziaria in applicazione della disciplina vigente si era limitata ad ammettere l’interessata, dimessa in precedenza dal corso di formazione per maternità, al primo corso successivo al periodo di assenza obbligatoria dal lavoro, stabilendo la decorrenza degli effetti giuridici della nomina in ruolo dalla data del giuramento, anziché da quella precedente, stabilita per gli altri vincitori dello stesso concorso cui aveva partecipato la ricorrente.
Ciò determina un ritardo nella progressione in carriera suscettibile di protrarsi per molto tempo, considerato che il successivo corso di formazione può essere attivato anche a distanza di anni da quello originario, in concomitanza con un nuovo concorso.
Secondo la Corte costituzionale la mancata retrodatazione giuridica della nomina viola l’art. 3 della Costituzione poiché “la piena realizzazione del diritto fondamentale alla parità di trattamento tra uomini e donne non risulta adeguatamente garantita dal solo riconoscimento del diritto a partecipare a un corso di formazione organizzato in una data successiva e incerta, non essendo l’amministrazione vincolata ad attivare tale corso secondo scadenze prestabilite. Il ritardo nell’immissione in ruolo si riflette nella discriminazione delle vincitrici assenti dal corso in considerazione della maternità rispetto agli altri vincitori del medesimo concorso. Né può considerarsi rispettato dalle disposizioni censurate il principio di ragionevolezza, non essendo giustificabile il pregiudizio derivante dalla negazione del diritto di essere tempestivamente immesse in ruolo, al pari degli altri vincitori del medesimo concorso “
Sono, altresì, violati i principi di cui agli artt. 31 e 37 Cost., che tutelano la maternità e, con essa, l’interesse primario dei minori poiché «gli istituti nati a salvaguardia della maternità non hanno più, come in passato, ilfine precipuo ed esclusivo di protezione della donna, ma sono destinati anche alla garanzia del preminente interesse del minore, che va tutelato non soltanto per quanto attiene ai bisogni più propriamente fisiologici ma anche in riferimento alle esigenze di carattere relazionale ed affettivo, collegate allo sviluppo della sua personalità» (cfr. sentenza n. 257 del 2012; nello stesso senso, sentenze n. 385 del 2005 e n. 179 del 1993).
La Corte Costituzionale ha sottolineato come alla progressiva affermazione dei principi di non discriminazione e di parità di trattamento tra uomo e donna, anche in ambito lavorativo, si sia accompagnato il divieto di «qualsiasi trattamento meno favorevole riservato ad una donna per ragioni collegate alla gravidanza o al congedo per maternità» (art. 2, paragrafo 2, lettera c, della direttiva n. 2006/54/CE) e qualsiasi discriminazione diretta o indiretta fondata sul sesso per quanto attiene, non solo all’accesso al lavoro, ma anche alla formazione professionale (art. 14, lettere a e b, della direttiva citata). I principi posti da questa direttiva sono stati recepiti nel nostro ordinamento dal decreto legislativo 25 gennaio 2010, n. 5 (Attuazione della direttiva 2006/54/CE relativa al principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego), che ha ricompreso nell’ambito applicativo del divieto di discriminazioni dirette e indirette, di cui all’art. 25 del decreto legislativo I I aprile 2006, n. 198 (Codice delle pari opportunità tra uomo e donna, a norma dell’articolo 6 della legge 28 novembre 2005, n. 246), «ogni trattamento meno favorevole in ragione dello stato di gravidanza, nonché di maternità o paternità, anche adottive, ovvero in ragione della titolarità e dell’esercizio dei relativi diritti».
Proprio con riguardo agli effetti del congedo per maternità, la CGUE ha ritenuto non conforme al diritto dell’Unione europea la disciplina italiana concernente i corsi di formazione per la nomina a vice commissario della Polizia penitenziaria, nella parte in cui tale normativa si limitava a riconoscere alla donna che avesse fruito del congedo per maternità il diritto di partecipare a un corso di formazione organizzato in data successiva ma incerta, non essendo le autorità competenti obbligate a organizzare detto corso secondo scadenze prestabilite (CGUE, prima sezione, sentenza 6 marzo 2014, in causa C595/12, Napoli).
E, inoltre, significativo che nei sistemi giuridici di altri Stati membri dell’Unione europea – tra i quali Spagna, Francia e Germania – l’esigenza di preservare la parità di trattamento nell’accesso alla carriera è soddisfatta attraverso meccanismi che tengono conto, sia pure con sfumature differenti, anche dei periodi di assenza per maternità ai fini dell’accesso e della progressione in carriera, a!io scopo di evitare ricadute negative sulla posizione giuridica e lavorativa delle donne.
In riferimento agli effetti del congedo obbligatorio di maternità sul diritto all’immediata assunzione in servizio, la giurisprudenza Costituzionale ha già ravvisato la violazione dei principi posti dagli artt. 3, 31 e 37 Cost. nella disciplina regionale che determinava una «discriminazione in ragione dello stato di gravidanza e di maternità, che si sostanzia nella perdita di chance, collegata a un effettivo ingresso in ambito lavorativo» (sentenza n. 200 del 2020).
Il meccanismo della retrodatazione della decorrenza degli effetti giuridici dell’immissione in ruolo è finalizzato proprio a eliminare la penalizzazione delle donne assenti dal corso di formazione per maternità, attraverso il riallineamento, ai soli fini giuridici, della loro data di nomina a quella relativa agli altri vincitori del medesimo concorso.
In conclusione, secondo la Corte costituzionale, il differimento dell’immissione in ruolo delle vincitrici del concorso assenti per maternità determina un’ingiustificata disparità di trattamento delle donne in ragione della maternità, in contrasto con i principi di cui agli artt. 3, 31 e 37 Cost., poiché compromette il tempestivo accesso delle donne all’impiego e comporta il rischio di disincentivare la partecipazione al concorso e persino la scelta della maternità.
Alla luce di quanto rappresentato si chiede di conoscere quali siano gli intendimenti del Dipartimento in ordine alla problematica esposta e se, e quali iniziative ritiene intraprendere per far si che anche le dipendenti della Polizia di Stato che abbiano ottenuto l’idoneità al servizio a seguito della partecipazione al primo corso di formazione successivo all’assenza dal lavoro per maternità – siano immesse in ruolo con la medesima decorrenza, ai soli fini giuridici, attribuita agli altri vincitori del concorso cui hanno partecipato.
Si tratta di eliminare un approccio negativo che alimenterebbe solo un inutile e defatigante iter contenzioso che comporterebbe per l’ Amministrazione un notevole dispendio di risorse, umane e patrimoniali, finalizzate a negare l’attuazione di diritti di fondamentale rilevanza, assistiti anche da tutele di rango costituzionale, e puntualmente riconosciuti dalla giurisprudenza.
Siamo disponibili, qualora lo ritenga, anche a un momento di confronto con la S.V. quale massimo livello del Dipartimento della P.S. auspicando che lo stesso avvenga con ogni consentita urgenza.
Nell’attesa di un cortese riscontro, voglia gradire cordiali saluti e sensi di rinnovata stima.