8° Congresso: Relazione del Segretario Generale

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    Dal Movimento al Rinnovamento:

    “la centralità della persona quale motore

    per lo sviluppo e la sicurezza del futuro”.

    Carissime Delegate e carissimi Delegati

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    un grazie di cuore per la Vostra preziosa presenza all’8° Congresso Nazionale del SIULP; abbiamo il compito di tracciare insieme i programmi per il prossimo mandato a difesa dei diritti degli operatori della Polizia di Stato, ma, soprattutto, per migliorare la sicurezza dei cittadini.

    Signori Presidenti, Signori Ministri, Signor Capo della Polizia – Direttore Generale della P.S., Onorevoli Parlamentari, Pregiatissime Delegazioni delle Rappresentanze di altri Paesi, ho il privilegio di porgere, a nome di tutto il SIULP, il più caloroso saluto di benvenuto e il ringraziamento per la Vostra attenzione e vicinanza.

    Un pensiero particolare di gratitudine e riconoscenza ad Annamaria Furlan, Segretario Generale della CISL, la quale è oggi a casa sua,  così come è per noi del SIULP quando siamo in CISL.

    Rivolgo un pensiero ai nostri colleghi del Movimento, al prezioso lavoro ed ai loro sacrifici, dai quali è nato il SIULP, primo passo per una Polizia moderna e realmente democratica, capace di affrontare le nuove e più complesse sfide che il nuovo contesto generale ci propone.

    Un saluto particolare, a un padre fondatore, Luigi Piscopo, ed ad un’amica e un quadro esemplare, Nicoletta Missiroli. Due esempi di dedizione assoluta al servizio dei colleghi e del Paese, riferimenti sicuri, per i tanti Colleghi che si sono avvicinati al SIULP. e per l’Istituzione Polizia di Stato. Senza di voi e i tanti eroi come voi, oggi non saremmo qui, e di questo vi ringraziamo.

    Un saluto solenne e un ringraziamento sentito ai nostri colleghi caduti in servizio per difendere la sicurezza e la libertà senza alcuna esitazione.lo facciamo non per mero dovere celebrativo ma perché ne avvertiamo il bisogno,giacchéattraverso la commemorazione dell’estremo sacrificiorinnoviamo l’impegno per continuare la nostra azione al servizio del Paese, delle Istituzioni democratiche e di tutti i cittadini.

    1. UN MOMENTO DI BILANCIO PRIMA DELLE NUOVE SFIDE

    Ma il Congresso è soprattutto il momento dei bilanci.

    E questo spiega, forse, il perché non tutti i sindacati lo fanno. È, per noi del SIULP, il momento sacro in cui verifichiamo se alla delega che abbiamo ricevuto è corrisposta anche una concreta azione in relazione agli obiettivi prefissati e ai risultati conseguiti.

    E questa è l’antica lezione di democrazia che i nostri predecessori ci hanno tramandato, e della quale noi abbiamo fatto tesoro.

    Siamo depositari di un’antica intuizione per la quale in democrazia ogni delega ha senso solo se ad essa corrisponde una responsabilità, ed è solo la verifica dell’operato dei responsabili da parte di chi ha conferito la delega a stabilire se essa sia stata esercitata in maniera corretta o meno.

    Oggi noi ci sottoponiamo al vostro giudizio, e non chiediamo sconto alcuno, ma pienamente convinti di non aver disatteso la delega ricevuta.

    Noi sentiamo in parte nostro l’apprezzamento che i cittadini italiani esprimono alla Polizia di Stato; siamo anche quest’anno la prima istituzione a cui essi guardano con fiducia.

    Un riconoscimento questo che ci carica di un ulteriore responsabilità. Quella di continuare a lavorare in modo da garantire un livello di sicurezza sempre più elevato.

    Di questo ora siamo costretti a tener conto nel delineare la nostra strategia sindacale a sostegno dell’azione dei colleghi.

    I quali ora ci giudicano per come noi dirigenti sindacali abbiamo gestito la nostra delega; e io penso che tutti noi abbiamo lavorato bene.

    Giacché in questo mandato, nonostante ben tre cambi di Governo, che ci hanno creato molte difficoltà, il SIULP è riuscito a portare a compimento tutti e quattro gli obiettivi prefissati: sbloccare il tetto salariale, fare il riordino delle carriere con la stabilizzazione degli 80 euro e la contrattualizzazione della dirigenza, riaprire la concertazione e fare il contratto, sbloccare il turn over al 100%.

    Non solo.

    Il SIULP è riuscito a portare a compimento ulteriori due risultati straordinari, da tempo ambiti dalla nostra O.S..

    Mi riferisco all’eliminazione del passaggio obbligato dalle Forze armate per i giovani che volevano intraprendere il servizio nelle Forze di polizia e l’introduzione del concetto di polizia sussidiaria. Su questo concetto abbiamo fatto introdurre una norma che sancisce la partecipazione delle società di calcio nel contribuire al pagamento delle indennità accessorie del personale impiegato nei servizi di O.P. allo stadio, prevedendo un contributo pari sino all’1,5% dei loro profitti.

    Ma vogliamo fare di più. Il SIULP ritiene si debba introdurre lo stesso principio per tutte le attività a scopo di lucro per le quali sia richiesta la presenza delle Forze di polizia.

    Noi riteniamo che le spese per le indennità accessorie per questi eventi debbano ricadere su chi li organizza e ne trae profitto economico e non sulla fiscalità generale a danno della sicurezza collettiva.

    E’ una questione di civiltà. O meglio di senso civico.

    Questo aspetto sarà uno dei punti prioritari nell’agenda del confronto col prossimo Governo.

    Risultati di storica importanza; Il SIULP, grazie anche all’impegno costante e giornaliero di tutti i suoi quadri territoriali, provinciali, regionali e nazionali, si conferma, anche al termine di questo mandato, il primo sindacato del comparto, mantenendo un trend sempre in crescita, nonostante il calo degli organici.

    Sottolineo questo aspetto perché il segreto della leadership nel SIULP risiede in questo: la squadra. Perché nel SIULP, la leadership non è una ma è diffusa e risiede in ogni suo iscritto.

    Questo risultato, per noi, ha un duplice valore.

    Il primo attiene alla degenerazione del sistema, alimentato nell’erroneo convincimento del concetto di divide et impera, che ha fatto proliferare nuove micro sigle, e agevolato anche da una strategia della legittimazione posta in essere da alcuni esponenti dell’Amministrazione, attraverso silenzi, omissioni e a volte persino imbarazzanti errori procedurali.

    Oggi, secondo questa prassi, per fare un sindacato di polizia bastano un atto costitutivo e quattro amici al bar, e questo spiega perché alcuni sindacati hanno più dirigenti che iscritti.

    Il secondo attiene alla conferma che il SIULP, per i poliziotti, anche dopo 37 anni dal varo della riforma, resta l’unico modello confederale di sindacato unitario che essi vogliono e che sostengono.

    Il SIULP, come da scuola CISL, li fa ancora i congressi, partendo dai singoli e più sperduti posti di lavoro sino al livello nazionale, a differenza di altri che prediligono fare nomine su un modello surreale sintetizzabile in due parole: Todos Caballeros. Il nostro è invece un processo di partecipazione consolidato e reale, che porta idee e contributi, e che consente ad ogni iscritto di avere parola; alla nostra fase congressuale, hanno partecipato dal 94 al 98 per cento degli iscritti, e già questo è per noi motivo di profondo orgoglio.

    Il SIULP funziona. Come se questi 40 anni non fossero mai passati, ci avessero, anzi, rafforzato.

    1. IL LAVORO CHE CI ATTENDE.

    Noi vogliamo oggi riaccendere il motore della riflessione sociale e dell’iniziativa politica sui temi della sicurezza e della giustizia e per contribuire ascrivere l’agenda del Paese.Vogliamo scrivere che la sicurezza non può più essere considerata un costo del sistema ma un investimento imprescindibile per il sereno e ordinato sviluppo sociale, politico ed anche economico di ogni territorio.

    E’ un concetto che è stato fatto proprio anche dalla Commissione europea e dal Governo italiano. Tre anni fa, infatti nel predisporre il D.E.F. il Governo dell’epoca dichiarò che “sicurezza e giustizia costituiscono fattori moltiplicatori dello sviluppo non solo sociale ma anche economico del nostro paese”.

    Un risultato straordinario, ma che conferisce una grande responsabilità al SIULP, ed anche alla Cisl; a noi è chiesto l’impegno di analizzare le criticità degli attuali assetti per definire le proposte e i progetti atti a garantire un miglioramento ed un ammodernamento degli stessi.

    Sicurezza sociale e non più sicurezza intesa solo come ordine pubblico, questo è il pensiero da porre alla base dei nostri ragionamenti. Finora abbiamo dimostrato che sbagliavano coloro che ritenevano la sicurezza sociale se non in antitesi, sicuramente un freno per la produttività e quindi per lo sviluppo.

    Un pensiero in controtendenza ai tempi odierni, dominati da un “Marchionismo”che ritiene il rispetto dei diritti dell’uomo che lavora una ingombrante zavorra al decollo dell’economia del Paese.

    Un pensiero che richiede una forte discontinuità rispetto ai modelli di analisi e di interpretazione che sinora abbiamo registrato nell’agire della politica, del legislatore e anche dell’Amministrazione.

     Occorre passare da un modello economico che propone lo sfruttamento del lavoratore e la compressione dei suoi diritti come passaggio obbligato per la creazione di misure che incoraggino gli investimenti sul territorio, ad un modello che ponga il lavoratore, con i suoi bisogni ed i suoi valori al centro del sistema produttivo. Tanto più quando si parla di sicurezza.

    Diciamo, oramai da qualche anno, che è molto meglio avere due poliziotti preparati, sereni decentemente retribuiti, con una solida cultura alle spalle, sulla volante, che quattro poliziotti indolenti, demotivati, e magari rancorosi perché mal pagati e mal addestrati.

    E diciamo, anche, da qualche anno, come l’approccio tradizionale, quello di affrontare un problema settore per settore, purtroppo ancora in voga, è da superare.

    Di fronte alle sfide che ci attendono, serve un pensiero integrato, un nuovo approccio che abbia una visione di sistema e non più del singolo “pezzo”, che sappia coniugare aspettative e bisogni molto diversi tra loro, una visione in grado di conciliare finalità, modelli organizzativi, strumenti di concertazione e partecipazione che, ad oggi, purtroppo, sono risultati essere tanti pezzi di un singolo puzzle.

    Settori che possono essere descritti come i vagoni di uno stesso convoglio che, però, viaggiano a velocità diversa, mentre per il SIULP è necessario farli viaggiare alla stessa velocità.

    E’ una sfida alta, che affrontiamo, sul solco della nostra tradizione insieme Cisl, con la consapevolezza del nostro ruolo storico di sindacato confederale nella mediazione dei conflitti sociali, consapevoli anche della necessità di doversi adeguare ai cambiamenti che i tempi impongono al fine di diventare protagonisti stessi del cambiamento in atto.

    Difatti non c’è istituzione, anche la più forte e prestigiosa, che da sola, oggi, possa garantire una adeguata mediazione sociale che è il presupposto irrinunciabile  per la crescita di un Paese.

    E non c’è istituzione, che possa garantire da sola il miglioramento delle condizioni di sicurezza dei cittadini senza il prezioso contributo del Sindacato confederale in tema di trasparenza e tutela dei diritti dei lavoratori e

    Ma per governare i cambiamenti bisogna essere pronti ad assumersi le responsabilità che i cambiamenti richiedono. Di questo noi del SIULP siamo convinti; perché si costruisce il futuro solo andando incontro al futuro.

    E sono cambiamenti veloci, anzi velocissimi, che impongono capacità di analisi e di decisione in tempi rapidi.

    I tempi di decisione oggi sono importanti esattamente quanto i contenuti delle decisioni.

    Devo a questo punto dare atto alla nuova gestione del Dipartimento della P.S. notando che con l’attuale Capo della Polizia la prassi burocratica del rinvio sine die dei problemi è stata abbandonata con un approccio mirato alla risoluzione in tempi brevi del problema.

    Non condividiamo ovviamente tutto quello che è stato fatto, ma almeno il metodo, quello dell’interventismo in tempi rapidi, quello sì, lo apprezziamo molto.

    Ma vista la nuova impostazione, faremo di più; ricavando nuovi spazi di manovra che consentano l’incisività del nostro agire futuro, ma sempre salvaguardando la nostra autonomia rispetto a tutto ciò che col Sindacato non ha nulla a che fare. Perché a noi del SIULP ci ripugna anche la sola idea di sacrificare il Sindacato e la stessa Polizia di Stato per scendere in politica.

    Noi non cederemo mai, e dico mai al collateralismo partitico o alla deriva autonomista.

    La nostra autonomia ci ha consentito di non doverci mai schierare con nessun Governo in modo preconcetto, nell’assoluta convinzione che non esistono, e non esisteranno mai, governi amici o governi nemici. Sono esistiti ed esisteranno solo governi con cui confrontarsi e concertare migliori condizioni di sicurezza per il Paese e migliori retribuzioni per i poliziotti. E fine della storia.

    1. LA FABBRICA DELLE PAURE

    Quindici anni fa, quando la crisi economica era percepita meno di quella attuale e il numero dei reati era più elevato, il 55% degli italiani dichiarava di sentirsi insicuro. Oggi, con l’aggravarsi della crisi, e quindi dell’equità sociale, e con l’alimentazione della paura del diverso, pur avendo una consistente diminuzione dei reati, gli italiani che si sentono insicuri sono il 70%.

    Il fatto anomalo è che questa crescita della percezione di insicurezza è accompagnata da un calo oggettivo dei numeri dei reati certificato dallo stesso signor Ministro dell’Interno alla celebrazione dell’ultima festa della Polizia di Stato. Ciò anche a differenza di quanto accade nelle altre principali capitali europee dove l’incremento dei fatti delittuosi è in costante crescendo.

    E questo vuol dire che le forze di polizia stanno migliorando il loro assetto.

    Già qualche anno fa William BRATTON, Capo della Polizia di New York con il sindaco Rudolf GIULIANI, ideatore della “zero tolerance”,disse che “Quando si parla di crimine, il modo in cui il cittadino percepisce il delitto conta più dei numeri reali”. Il problema oggi è questo: che il cittadino percepisce come fatti dannosi per la sua sicurezza situazioni che non sono definibili come delitti.

    Presenza di immigrati per le strade, disagio, disoccupazione, sfratti, manifestazioni ripetute e continue, accrescono un senso di insicurezza pur non avendo nulla a che fare col mondo del crimine e della polizia.

    Il tutto appesantito da alcune gravissime campagne mediatiche che usano la sicurezza come territorio di scontro politico. Un mese fa, dopo una brillante operazione di polizia che ha portato all’arresto di alcuni terroristi islamici di stanza in una città vicino a Roma, alcuni politici locali dell’opposizione hanno duramente attaccato il sindaco perché non aveva vigilato abbastanza sulle infiltrazioni degli jihadisti sul suo territorio.

    E il bello è che nessuno si è sentito in dovere di dire che un povero sindaco con i suoi vigili urbani ben poco può fare contro l’Isis.

    Se il problema, allora, è il disagio, la povertà, e diciamolo pure, l’immigrato di per sé, a ben poco servono, per tranquillizzare la popolazione, i sindaci con potere d’ordinanza in materia di polizia, i prefetti coi loro protocolli d’intesa anti-terrorismo, e persino le grandi azioni delle Forze dell’ordine.

    Perché nulla di tutto questo incide sulla vera causa della paura e dell’insicurezza.

    Ma c’è di più.La Giustizia nel nostro Paese non funziona bene, e sto usando un eufemismo. E se noi lavoriamo solo sul fronte della sicurezza, rimuovendo le cause dei reati ed aumentando le denunce dei colpevoli all’Autorità Giudiziaria, se ad esse non seguono poi pene certe ed immediate e la reclusione in carcere degli autori dei reati, il cittadino riceve l’impressione di una inefficienza del sistema sicurezza nella sua totalità.

    E sono questioni, queste, che fanno parte della vita quotidiana dalla maggior parte della gente. Il fear of crime si diffonde a livello del quartiere, si percepisce nella dimensione micro, nella vita quotidiana delle persone che hanno paura di essere rapinate, di subire molestie o violenze, temono di tornare a casa e trovarla svaligiata.

    Nella “scala dei bisogni” di Abraham Maslow il bisogno di sicurezza e protezione è al secondo livello della piramide, subito dopo la fame e la sete. Il bisogno di “giustizia e sicurezza” è quindi un bisogno prevalente non solo per i cittadini italiani, ma per tutta l’umanità, in tutti i contesti geografici e storici.

    E, da noi, c’è ancora qualcuno che pensa alla sicurezza come un costo da tagliare, per poi magari investire il ricavato in epici tentativi di salvataggio di banche o imprese private. Salvo poi ricorrere al finanziamento tramite sms dei cittadini generosi quando si tratta di mobilitare la protezione civile a seguito di una catastrofe naturale.

    Ecco, propongo che dalle prossime finanziarie vengano stabilite delle somme fisse per la protezione civile, i vigili del fuoco, e le forze di polizia, ricorrendo invece agli sms di solidarietà per finanziare i salvataggi delle banche, e di alcune aziende private.

    Avverto anche un altro problema, che incide sulla percezione della sicurezza in maniera negativa; la perdita di credibilità delle Istituzioni.

    È necessario, a mio avviso, una serie di provvedimenti mirati a recuperare l’autorevolezza delle Istituzioni preposte a questa mission e, nell’insieme, dell’intera macchina statuale. Alcuni di questi devono rafforzare i controlli interni per far sì che le devianze vengano individuate e rimosse ancor prima che producano le loro conseguenze all’esterno; per questo, pur con le cautele d’obbligo, guardiamo con interesse a quanto messo in campo dall’attuale Capo della Polizia col rafforzamento dei poteri dell’Ufficio Centrale Ispettivo.

    Altri devono salvaguardare la figura dell’operatore di polizia quando è in servizio: noi chiederemo che venga reintrodottala detenzione in carcere per il reato di oltraggio, resistenza o violenza a pubblico ufficiale. Quando si opera con la divisa della Polizia di Stato si rappresenta lo Stato, non se stessi, quando si attacca la divisa si attacca lo Stato e lo Stato ha il dovere prima ancora del diritto di difendersi.

    È drammatica l’ultima sentenza della Corte di Cassazione in materia, la n. 35119/2016. Un cittadino era stato riconosciuto colpevole e condannato a pena di giustizia, oltre che al risarcimento del danno perché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, offendeva l’onore ed il decoro degli ufficiali ed agenti di P.G. con le frasi “pezzi di m.… polizia di m …ve la faccio pagare non capite un c…“, con l’aggravante di aver commesso il fatto contro pubblici ufficiali nell’esercizio delle funzioni. La Suprema Corte ha stabilito che la sentenza andasse annullata senza rinvio in quanto il fatto non è più previsto dalla legge come reato, a seguito dell’entrata in vigore del D. Lgs. n. 7 del 15 gennaio 2016, che ha depenalizzato vari reati tra cui l’ingiuria.

    Bene: credete davvero, a questo punto, che queste cose diano un contributo a rafforzare l’immagine dello Stato e delle sue Istituzioni? Su questo il SIULP prende un preciso impegno: quello di far reintrodurre la detenzione in carcere per questo tipo di reato.Perché se non si infonde nuova fiducia nei cittadini, se non gli si restituisce la percezione che lo Stato, nel suo insieme, è capace di provvedere ai suoi bisogni e garantire la sua sicurezza, il rischio è che ogni cittadino rompa il patto e cerchi soluzioni fai da te.

    Di questo abbiamo paura: che i cittadini esprimano un giudizio di profonda delegittimazione del sistema che presiede alla legislazione ed alla giustizia, e questo giudizio peserebbe come un macigno sugli operatori di settore ma anche dell’intera “filiera sicurezza, giustizia e carcere”.

    Di questo abbiamo paura: che i cittadini non credano più nella Polizia di Stato, e quindi nello Stato. Noi del SIULP non lo permetteremo. Noi saremo sempre dell’idea che l’azione di contrasto al crimine debba essere sempre di spettanza dello Stato, e mai del privato cittadino.

    Noi saremo sempre contrari alle ronde, ai comitati anticrimine, ai poliziotti per hobby. E saremo sempre contrari, d’altro canto, ad un sistema di gestione della sicurezza che limiti eccessivamente la libertà del cittadino, come pure qualche sindaco, approfittando dei poteri dispositivi in tema di sicurezza urbana, ogni tanto fa, vietando ad esempio l’accesso di alcune persone in alcuni settori delle città o disponendo rigorosi controlli alle vie d’accesso. E’ un sistema, quest’ultimo che se può dare una maggiore apparente sicurezza, di contro comprime le libertà.

    E noi su questo ricordiamo le parole di Benjamin Franklin, “chi è disposto a sacrificare la libertà in cambio della sicurezza non merita né l’una né l’altra cosa”.

    1. L’AUTOREVOLEZZA DELLO STATO

    Ma una buona selezione, un ottimo equipaggiamento e poliziotti ben retribuiti, da soli non bastano a ridare fiducia ai cittadini e restituire l’autorevolezza dello Stato.

    Le aggressioni al personale in uniforme hanno raggiunto un livello insostenibile che non trova eguali nella nostra storia. In Italia, ogni 4 ore, c’è un’aggressione ad un appartenente alle Forze di polizia. Nemmeno nelle odierne vicine guerre vi sono stati attacchi a ritmi così serrati. E questo accade per un malinteso senso di garantismo, declinato più per tutelare i diritti di chi delinque che non della vittima, e per lo stravolgimento del diritto sancito dalla nostra costituzione secondo il quale c’è la presunzione di innocenza sino a condanna passata in giudicato. Questo principio di civiltà, che dovrebbe essere proprio di tutte le democrazie, in Italia è stato capovolto solo per gli appartenenti alle Forze di polizia. I quali, secondo questo malinteso garantismo, sono sempre colpevoli fino a prova contraria.

    Bene, è arrivato il momento di dire che noi non possiamo più accettare l’ipocrita logica radical-chic della condanna a prescindere, quella che alcuni hanno cercato di far passare sulla pelle di tutti i poliziotti d’Italia a causa degli errori dei pochi, che  comunque  sono stati sempre tutti perseguiti dai poliziotti in primis.

    Il SIULP non ha mai nascosto gli eccessi che si sono verificati, neanche quelli di Genova. Anzi, si è sempre adoperato perché non si ripetessero più. Per questo abbiamo richiesto e ottenuto la scuola per l’Ordine Pubblico, unica in Europa, per formare meglio i poliziotti nella gestione del conflitto, utilizzando come docenti sociologi e psicologi, oltre che magistrati. Quello che non abbiamo mai accettato, e non accetteremo mai, sono le generalizzazioni gratuite e infondate. I luoghi comuni secondo i quali, almeno per una parte di chi ha avuto anche responsabilità di governo, che i responsabili degli scontri in piazza sono la Polizia e i poliziotti, salvo poi invocarli di fronte alle scene che hanno visto le nostre città, persino la Capitale oggetto di scempio e della ferocia più bieca da parte dei soliti professionisti del disordine. Quelli cioè che, per aver distrutto la città, aver aggredito le Forze dell’ordine e messo a repentaglio la quiete sociale, al massimo rischiano una denuncia o una multa, a differenza del poliziotto che se ha usato lo sfollagente, con un’angolazione maggiore di quella ipoteticamente prevista è sottoposto, senza se e senza ma, alla gogna e al linciaggio mediatico, oltre che al salasso giudiziario in termini di costi economici attesa la lungaggine dei processi.

    Anche sul fronte dell’O.P. si continuano ad ignorare le nostre richieste di aprire un tavolo di confronto per ridiscutere le regole che presiedono alla sua gestione. Regole che vanno aggiornate ed adeguate non solo alla luce delle recenti normative, ma anche del fatto che sono entrati nuovi protagonisti che ne determinano l’esito, come nel caso di Torino. Tra questi, sicuramente, gli organizzatori e i partecipanti. Perché è bene che diventi patrimonio di tutti il fatto che la buona riuscita dell’O.P. dipende non solo dal nostro servizio, ma anche dal comportamento che chi organizza e partecipa tiene durante gli eventi.

    In questo senso, il SIULP, ritiene che vadano riviste al rialzo le sanzioni per gli organizzatori in modo da scoraggiare chi chieda di organizzare una manifestazione per dare sfogo alle proprie frustrazioni sapendo che tanto non costa nulla. In tale contesto, prevedendo regole chiare di ingaggio che introducono l’uso degli idranti con liquido colorato, delle telecamere, delle white e black list, o confinando in zone periferiche o centrali i luoghi di alcune manifestazioni.

    Non si può bloccare il centro di Roma a causa di una manifestazione contro la violazione dei diritti delle galline ovaiole.

    Nel frattempo, però ci sono una serie di fatti che ci preoccupano, e non poco, ai quali chiediamo sia data una risposta rapida e concreta. Mi riferisco alle aggressioni quotidiane in danno dei professori, ormai vittime del bullismo, a quelle a carico dei medici che pagano un mal funzionamento della sanità e a quelle degli autisti degli autobus che sono oggetti di aggressioni per il sol fatto che osano richiamare i bulli o i delinquenti al rispetto degli altri e che non pagano il biglietto. Alludo ai fatti avvenuti a Torino, dove un’insegnante, abusando del significato di antifascismo in nome dello stesso augurava la morte a tutti i poliziotti. Ma quello che ci preoccupa non è tanto perché lo ha detto durante la manifestazione.

    Siamo preoccupati perché quelle frasi le ha ripetute il giorno dopo, a freddo, senza incitazione o adrenalina. Lo ha fatto in modo convinto come convita era della totale impunità.Sputare sulla nostra divisa, ormai, è uno sport estremo a rischio zero.

    Ma che futuro può avere una società che sembra aver completamente perso i freni inibitori ed i propri valori a causa di un diffuso senso dell’impunità?

    1. L’IMMIGRAZIONE E LA PAURA DELLO STRANIERO

    Una delle sfide che la società odierna si trova ad affrontare è il compito di integrare popolazioni, culture ed etnie diverse: è la conseguenza del flusso immigratorio che da anni interessa oramai il contesto mondiale.

    Il multiculturalismo è un’opportunità di sviluppo che però pone nuove e complesse problematiche al nostro vivere quotidiano, alla stessa convivenza tra gli esseri umani. La prima è l’affermarsi del senso di insicurezza degli individui a fronte dei nuovi rischi, dei nuovi pericoli generati dal “diverso”.

    L’aumento della popolazione, i flussi migratori dei Paesi poveri verso i Paesi più ricchi, il terrorismo internazionale, la grave crisi economica e l’aumento del disagio sociale, rendono più difficile realizzare standard di sicurezza soddisfacenti.

    Tuttavia il tema dell’immigrazione non deve essere confuso con quello della criminalità; infatti il dilagare dei sodalizi criminali concerne soprattutto i clandestini: gli stranieri irregolari.

    Quello che oggi manca, ad avviso del SIULP, è una governance complessiva, europea dell’integrazione di questi cittadini.

    Oggi registriamo un’assenza pesante e un silenzio assordante dell’Europa che ha immaginato di poter gestire questo fenomeno, e la sua portata globale, solo elargendo denaro ai Paesi che rappresentano le porte di ingresso sul territorio dell’Unione. Una valutazione sbagliata che va immediatamente corretta. E in questa direzione, ringraziando il ministro Minniti per l’impegno profuso, sicuramente positivi sono stati gli accordi bilaterali sottoscritti con la Libia, così come gli sforzi che hanno portato le ONG ad aderire al nuovo protocollo operativo per la salvezza dei migranti in mare. Non per ultimo, in termini di importanza, il lavoro svolto per indurre l’Europa a rivedere il trattato di Dublino che ci vedeva fortemente penalizzati rispetto all’entità del fenomeno e la non partecipazione degli altri Paesi.

    Ma su questo terreno, pur sottolineando le difficoltà che lo caratterizzano, il SIULP ritiene di dover fare alcune proposte per alleggerire le incombenze che ricadono sulle Forze di polizia, e quindi sulla sicurezza dei cittadini, in modo da sollevarle per impiegarle in compiti che sono propri della nostra mission istituzionale.

    Innanzi tutto bisogna togliere l’idea che la materia sia di esclusiva competenza della polizia poiché l’immigrazione può essere una questione politica, sociale, economica ma certamente non solo di polizia. In questo senso chiediamo che sia istituita un’Autority dell’Immigrazione, con la mission dell’accoglienza e dell’integrazione, esterna alla Polizia di Stato, lasciando a quest’ultima solo l’impegno della lotta allo sfruttamento e al contrasto dell’immigrazione clandestina.

    Al pari di questa nuova impostazione, è necessario sollevarci dall’incombenza dei rinnovi dei permessi di soggiorno, demandandoli alle Prefetture e/o ai Comuni (recuperando così migliaia di giornate lavorative che oggi vengono perse per adempiere a queste incombenze burocratiche e le imbarazzanti situazioni di attesa che si creano fuori alle Questure, per effetto del concentramento su un unico ufficio di tutto questo carico di lavoro, che spesso diventano notizie di cronaca per disfunzioni o presunti maltrattamenti) lasciando alla Polizia di Stato solo il primo rilascio.

    E’ arrivato il momento per la politica di prendere una chiara posizione sul problema: i fenomeni migratori non sono fenomeni criminali, non sono attinenti soltanto ad un profilo di polizia.

    1. LA SICUREZZA: UN MIRACOLO ITALIANO.

    All’ interno di questo contesto va inquadrato oggi il sistema sicurezza, fatto essenzialmente da donne e da uomini che la garantiscono concretamente sulle strade, anche quando le eminenze grigie della security e i riveriti opinionisti televisivi riposano meritatamente dopo una dura giornata di conferenze e di talk show. Sulle strade del Paese vi è, ogni giorno ed ogni notte,  la Polizia di Stato, con i suoi uomini e le sue donne,  e tutte le ferite che si porta per effetto della folle politica di spending review che ne ha letteralmente destrutturato le pianificazioni e le strutture portanti.

    Nell’ultimo decennio alcune sofisticate consulenze di governo hanno portato ad affermare che in questo Paese i poliziotti non servivano più, e che comunque erano troppi, che i mezzi non andavano rinnovati anzi, bisognava ridurli, e che comunque la Polizia era oramai una Istituzione avviata all’estinzione.

    Detto e fatto: tant’è che ad un certo punto ci siamo trovati persino senza auto, senza benzina, e senza poliziotti.

    E’ stato bloccato il turn-over, nella speranza che i poliziotti non invecchiassero, speranza poi rivelatasi infondata, al punto che quasi tutti sono invecchiati presentando oggi una Polizia di Stato con un’età media di 50 anni; è stato deciso che le strutture stesse della polizia erano troppe, andavano abolite, e soprattutto che non necessitavano di manutenzioni, con la conseguenza che oggi oltre la metà delle strutture andrebbero completamente abbandonate.

    Dulcis in fundo, è stato deciso che le stesse scuole di polizia andassero cartolarizzate perché tanto concorsi non se ne sarebbero più fatti.

    Un percorso che ha portato ad avere ben 45.000 unità in meno in tutto il Comparto e ben 22.000 in meno solo nella Polizia di Stato.

    “Ma la sicurezza”, dicevano mentre facevano questo scempio,” è la priorità del nostro governo”.

    Una decisione sciagurata e terrificante per la sicurezza del Paese e per i suoi cittadini.

    Fortunatamente tutto questo non è accaduto. Anzi, non solo non abbiamo chiuso nulla, ma abbiamo anche aperto nuovi settori, si pensi ad esempio ai Reparti Prevenzione Crimine per rispondere in modo veloce all’escalation criminale che registravamo in punti diversi del territorio, che hanno accresciuto la capacità di contrasto al crimine.

    Ma vi è di più. In questi anni abbiamo affrontato e gestito, dal punto di vista della sicurezza, il più grande flusso migratorio mai registrato dal dopoguerra ad oggi, con una professionalità ed un sacrificio che, grazie anche al prezioso ed insostituibile apporto del mondo del volontariato ci ha permesso di diventare un modello da imitare.

    È stato un vero e proprio incubo, quello dei tagli alla sicurezza, dal quale abbiamo iniziato ad uscire solo grazie all’azione incessante del SIULP, condivisa per buona parte del decennio anche da tutte le altre sigle sindacali, che ha portato prima a sbloccare il turn over e poi a far invertire la strategia degli investimenti passando dai tagli lineari a quelli del rifinanziamento del Comparto.

    Negli ultimi tre anni abbiamo ottenuto risultati di storica valenza per la sicurezza del Paese:lo sblocco del tetto salariale, del turn over al 100%, le assunzioni straordinarie per gli anni 2017 e 2018, la definizione del riordino delle carriere con la stabilizzazione degli 80 euro, il finanziamento e la definizione della parte economica del contratto di lavoro, gli incrementi dei fondi per aumentare lo straordinario e il rinnovo dei mezzi, Ma cosa senza precedenti, siamo riusciti , noi del SIULP, a riportare sul nostro comparto 7 miliardi di euro.E ci siamo convinti: dobbiamo proseguire così.

    Al nuovo Governo rappresenteremo le esigenze di portare a pieno compimento il riordino che abbiamo fatto, correggendo anche alcune anomalie che si stanno registrando in corso di attuazione (con particolare riferimento al 15°, 16° e 17° corso Sov.ti e al 7°, 8° e 9° corso degli Ispettori), e quelle indispensabili per il rinnovo del prossimo triennio contrattuale che inizia dal primo gennaio del 2019.

    Faremo valere quello che da sempre ogni poliziotto sa.

    Non è il colpo d’ingegno, l’intuizione di un solo dirigente di vertice o la bravura di un solo Capo a fare la differenza.

    Perché ciò che ha consentito di poter elencare tutti questi risultati positivi, dalla lotta alla criminalità, alla gestione dell’ordine pubblico, al contrasto del terrorismo è stata la risorse più preziosa ed insostituibile di cui la Polizia di Stato gode. La risorsa umana. La nostra Amministrazione ha di recente, grazie al SIULP , messo al centro della sua azione  sempre il poliziotto, come donna e come uomo, come fine e mai come mezzo,  individuando modelli organizzativi, come l’ultimo accordo nazionale quadro,  flessibili ma ancorati in modo inalienabile al rispetto dei diritti dei lavoratori, che hanno consentito di mantenere livelli di sicurezza alti e risultati straordinari nonostante la grave carenza di organico che si era stratificata.

    1. IL MODELLO CHE NON VA

    Faremo tesoro della nostra recente esperienza per respingere un modello di sicurezza che non va, e lavoreremo su due fronti.

    1. Il primo attiene allapolitica sinora seguita dai governi succedutesi in questo decennio, Tagliare, ridurre e chiudere. E su questo aberrante imperativo ragionieristico, sono state fatte proposte, alcune indecenti (come quella della chiusura di 40 questure, comandi provinciali di carabinieri e Guardia di Finanza oltre che di Vigili del Fuoco), altre definite inevitabili, perché spinte dalla carenza di organico (come la chiusura di ben 273 uffici di tra cui anche 10 commissariati distaccati), altre addirittura assurde e incomprensibili, come l’accorpamento della Forestale nell’Arma dei Carabinieri.

    Per il SIULP tutte inaccettabili!

    Partendo da quest’ultima, credo che la violenza con cui si è soppresso la storia di un Corpo di polizia, che vanta allori e prestigio per la difesa del nostro patrimonio paesaggistico e del territorio, non trovi riscontro in nessun periodo della nostra repubblica. Così come l’alienazione dei diritti di donne e uomini (circa 7000 in tutto) che componevano questo glorioso Corpo, che pur non essendo mai stati militari e godendo di diritti quali quello di associazione sindacale e dello sciopero, entrambi tutelati costituzionalmente, si sono ritrovati con una legge ordinaria militarizzati.

    Credo che tutto ciò rappresenti il punto più basso e sclerotico della storia della nostra democrazia repubblicana.

    Il tutto mentre in Europa ben 12 Paesi vantano il sindacato non solo nelle Forze di polizia ad ordinamento militare, ma anche nelle Forze armate.

    Ancora una volta c’è voluto l’impegno del sindacato e l’intervento del Giudice per sancire questo diritto inalienabile. Le sentenze dei Tar primae quella della Suprema Corte dello scorso aprile, hanno, almeno in parte, reso giustizia a questi Colleghi riconoscendo loro, e di conseguenza a tutti i Colleghi militari, finalmente il diritto di potersi associare in sindacato, pur con dei limiti come del resto è stato imposto ai poliziotti. Un risultato storico, inseguito da anni e che finalmente diviene realtà grazie al sacrificio e alla responsabilità che i poliziotti hanno dimostrato dal Movimento riformatore ad oggi.

    Ma anche questo ciclo non si è ancora chiuso. Ora il legislatore, deve intervenire con una legge per dare la possibilità ai militari di trasformare il principio sancito dalla Suprema Corte in atto concreto attraverso una legge che disciplini le modalità e i tempi per costituire il sindacato. A questi Colleghi il SIULP dice “State attenti al sindacato giallo delle alte gerarchie perché il loro intento, nella stragrande maggioranza dei casi, è quello di far soffocare ciò che è appena nato”.  Ma dice anche che ogni libertà richiede responsabilità, soprattutto nell’agire.

    1. Il secondo attiene alla richiesta di chiusura di uffici secondo quello che noi del SIULP chiamammo il modello dell’elastico.Anche su questo, la posizione del SIULP è netta e chiara. Noi siamo per salvaguardare i presidi sul territorio perché essi rappresentano il baluardo della legalità e il primo front office a cui il cittadino può rivolgersi. Non solo. Il SIULP ritiene che se razionalizzazione deve esserci, questa deve riguardare il Dipartimento e i centri intermedi delle Specialità che, oggi più che mai grazie all’avvento della tecnologia e del digitale, rappresentano una concezione arcaica e superata dell’organizzazione della nostra Amministrazione. In questa logica, e anche in relazione alle promesse e agli impegni che abbiamo udito in campagna elettorale, diciamo subito che per tenere aperti e funzionanti questi presidi, occorrono almeno 3000 unità in più che vanno incamerate in aggiunta al turn over. Se non registreremo questo impegno concreto, vorrà dire che, ancora una volta, la politica predica bene ma razzola male.

    Vi è poi una questione che attiene alle procedure concorsuali.

    Per fare fronte alla grave e cronica carenza di organico, ma nel contempo selezionare ciò che effettivamente serve per la funzione civile di polizia, occorrono alcuni interventi immediati.

    1. Il primo attiene alla necessità di introdurre, anche solo per un periodo predeterminato, una procedura più snella che consenta di effettuare le selezioni in tempi più ristretti, sul modello di come facevamo quando vi era l’istituto degli Agenti ausiliari. Questo consentirebbe di poter effettuare selezione e corso di formazione al massimo in 12/14 mesi a differenza degli attuali 24/30 mesi richiesti dalla procedura oggi in vigore. Al fine di vincere anche le resistenze delle Forze armate si potrebbe immaginare che questo percorso possa essere riservato per almeno il 50% ai giovani che hanno già effettuato un anno di ferma breve in modo da incentivare anche la richiesta di prestare servizio nelle Forze amate che, allo stato attuale, potrebbe risultaremeno appetibile dopo l’apertura dei nostri concorsi alla società civile.
    2. Il secondo attiene alla necessità di una revisione complessiva dell’Ufficio concorsi, che oggi appare inidoneo a fronteggiare le richieste che deve gestire, tenendo conto anche della mole di lavoro che su di esso è ricaduta per effetto del riordino e quindi per la necessità di effettuare tutti i concorsi interni che dovranno espletarsi sino al 2026.
    3. Il terzo concerne le modalità di selezione e la composizione delle commissioni esaminatrici. Il SIULP ritiene che i candidati, al pari delle altre certificazioni oggi richieste, possano produrre anche il certificato relativo al fatto che non vi sono patologie psichiatriche in atto. Questo consentirebbe di ridurre i tempi del primo ciclo della selezione e consentire di averne di più a disposizione nel secondo dove si accertano le attitudini a svolgere la professione del poliziotto e che, a nostro giudizio sono la parte più importante. Qui entrano in gioco le Commissioni esaminatrici e la loro composizione. Oggi, a differenza di quanto praticato in tutte le altre Forze di polizia, l’attitudine è stata relegata ai soli psicologi dell’Amministrazione senza più ricorso ai periti selettori che, essendo poliziotti in servizio e formati alla scienza che serve per comprendere chi ha le stesse attitudini al lavoro che loro svolgono, sono determinanti ai fini della formazione dell’idoneità del candidato. Una figura importante e centrale quella dello psicologo, per comprendere gli eventuali disagi comportamentali che non si conciliano con la nostra professione, ma incompleta se non affiancata dal perito selettore per accertare l’attitudine a fare il poliziotto. Lo dico perché in passato, attesa la giovane età del riconoscimento della psicologia come scienza, le selezioni venivano effettuate solo dai periti selettori. Questo mi porta a ritenere la loro esclusione un errore grave.
    4. Per completare l’opera al fine di ottimizzare al massimo questa nuova filiera della selezione, occorrerebbe infine che tutti i funzionari e dirigenti di polizia fossero formati come periti selettori in modo non solo di partecipare a selezionare il meglio che l’Amministrazione richiede, ma anche per ottimizzare al massimo l’operatività quotidiana atteso che se un uno è in grado di capire se chi gli sta di fronte ha l’attitudine a fare il poliziotto, non v’è dubbio che è nelle condizioni di impiegare al meglio i propri collaboratori collocando ognuno nel posto che più gli è congeniale.  Questo aumenterebbe l’efficienza dell’operatività.
    1. Il MODELLO SINDACALE FUTURO

    Il nostro Capo della Polizia, il Prefetto Gabrielli è stato di recente contestato per aver affermato pubblicamente che non tutti i sindacati sono uguali, cosa che, ovviamente, noi condividiamo.

    E la condividiamo al punto tale che oggi, al nostro congresso, non tutti i sindacati sono stati invitati. E apprezziamo questa affermazione che rivela una profonda conoscenza del complesso mondo sindacale della Polizia di Stato.

    Spero venga apprezzata una mia considerazione, altrettanto ovvia, almeno per noi del SIULP: neanche i Capi della Polizia sono uguali.

    Il nostro Capo è uno che gli piace innovare, che non ha paura a farlo. Uno che, come noi, le cose fa prima a farle che a dirle.

    In questi quasi due anni del suo mandato, grazie sicuramente anche al lavoro fatto in precedenza, stiamo realizzando tante riforme che nell’ultimo ventennio si sono spesso annunciate o promesse. E sono riforme di rilevanza storica per la Polizia di Stato.

    Diciamo subito che per noi non sono il traguardo finale, ma siamo al 70, 80 per cento dell’intero percorso.

    Il riordino, per quanto ancora da calibrare meglio, la contrattualizzazione della dirigenza, la revisione del Dipartimento della P.S. con la riduzione delle direzioni centrali, la nuova procedura della mobilità, che va sicuramente affinata, che garantisce trasparenza e tempi certi; l’introduzione di un sistema di tutela della salute dei poliziotti (che va però accompagnata con le malattie professionali come da noi richiesto sul tavolo contrattuale); la revisione degli uffici periferici che, ci auguriamo, porterà ad una diversa e più corrispondente classificazione degli stessi rispetto alle mutate condizioni; la determinazione delle piante organiche, aggiornate, per tutti gli uffici, Dipartimento compreso. Solo per citarne alcune.

    Ma tra tutte quelle fatte, e quelle che mi auguro faremo ancora (come la revisione del regolamento di servizio e di disciplina, l’introduzione di un Codice dell’Ordinamento della Polizia di Stato, nel quale racchiudere tutte le norme che disciplinano lo status dei suoi appartenenti, partendo dal riordino, dal nuovo regolamento di servizio e di disciplina, i doveri, i diritti e anche i comportamenti etici che la nostra professione richiede, in modo da codificare le condotte, tipizzandole, contrariamente a quanto abbiamo oggi), due in particolare vanno sottolineate, perché hanno un valore politico enorme per il SIULP.

    Alludo alla scelta della data del 10 aprile, quale giorno per la ricorrenza della festa della Polizia di Stato e la scelta coraggiosa di cambiare i distintivi di qualifica.

    La scelta del 10 aprile, giorno della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della L.121/81 rappresenta per noi un atto simbolico importantissimo. Giacché quella data, che coincide con la nascita della nuova Polizia di Stato, senza rinnegare il passato glorioso del disciolto Corpo delle Guardie di P.S., rappresenta la conferma, senza se e senza ma, del cambio convinto di vocazione civile della funzione di polizia. Una scelta necessaria e tempestiva in un momento in cui il militarismo, neanche strisciante, sembrava echeggiare in maniera minacciosa anche sulla nostra Amministrazione.

    Il cambio dei distintivi di qualifica, pur non accontentando tutti nello stile e nella raffigurazione (ma questo potrà sicuramente essere migliorato nella Commissione vestiario nei prossimi anni), rappresenta sicuramente la consacrazione formale della nostra intima vocazione di corpo di polizia civile e non militare, a 37 anni dal varo della riforma.

    Se oggi i valori avessero ancora pari dignità rispetto alle cose materiali, credo di non sbagliarmi nell’affermare che questi due risultati, insieme alla contrattualizzazione della dirigenza, da soli, valevano già il riordino.

    Manca, comunque un’altra cosa, importante e indifferibile, per rafforzare questa convinzione.

    Su questo quadro, fondamentale e centrale, rileva innanzitutto il modello delle relazioni sindacali oltre la capacità del Sindacato e dell’Amministrazione di saper assumersi le responsabilità delle scelte che necessariamente bisognerà fare.

    Un sistema di relazioni, trasparente, autorevole e non mistificato della rappresentanza fittizia dei falsi sindacati, con un’Amministrazione coerente e trasparente, costituisce l’unico strumento per affrontare e risolvere le sfide del futuro. Per questo, senza troppi panegirici, occorre mettere mano con urgenza alla portata dell’articolo 35 che disciplina le federazioni. La norma è chiara, l’intento e le motivazioni che ci spinsero a farla anche. La sua attuale applicazione no.

    Un solo codice (e non 11 come avviene oggi per qualche federazione), un solo rappresentante legale, una sola sede, niente più atto di vertice che sottrae al lavoratore il diritto di scegliere a quale sindacato affidare la sua delega. Assieme a questo, dovendo farlo anche per la nuova area negoziale dirigenziale, va rivista la soglia di rappresentatività sia a livello nazionale, tenendo conto che nel resto del mondo del lavoro si attesta al 10% mentre noi siamo fermi al 5%, sia per il piano provinciale prevedendo che se una sigla non rappresenta almeno il 5% della forza sindacalizzata non può partecipare all’accordo decentrato.

    Queste le esigenze per un proficuo e nuovo modello sindacale.

    Il tutto accompagnato da forme di partecipazione che legittimino i soggetti che hanno titolarità a partecipare e a definire il processo decisionale con pari dignità della parte pubblica. Cose diverse, come quelle che si sono volute attuare sinora, non possono più essere tollerate e saranno dal SIULP osteggiate e denunciate nelle competenti sedi.

    Inoltre, alla luce della recente sentenza che autorizza anche i Colleghi militari a costituire il sindacato nonché dell’accordo sottoscritto tra Governo e parti sociali il 30 novembre 2016, riteniamo sia giunto il momento di fare un ulteriore passo di emancipazione nelle relazioni nostre sindacali consentendo la piena libertà sindacale. Perché non vi può essere libertà se essa è subordinata ad un divieto. E se dovessimo registrare ancora resistenze, nelle more che maturino tutte le coscienze per questo passaggio, si dovrà consentire che, almeno, sia l’Organizzazione a poter affiliarsi alla confederazione di riferimento.

    Ci occorre questo quadro chiaro. Perché abbiamo una quantità enorme di problemi da risolvere e pochi mezzi per farlo, un sistema economico in crisi e strumenti culturali del passato, che non sono applicabili, non ci aiutano a disegnare il nuovo. Anzi, ci sono di ostacolo.

    CONCLUSIONI

    Questa è la visione del SIULP per le sfide dei prossimi anni.

    Noi vogliamo andare a passo spedito verso una società più giusta, più solidale, quindi, più sicura. Nella nostra visione c’è un Paese che guarda alla sicurezza come politica sociale, come prodotto della filiera integrata della qualità della vita, non come un traguardo da raggiungere solo con le armi e la forza.

    Nella nostra visione ci sono soluzioni che conciliano i diritti dei cittadini con quelli dei lavoratori del settore, che mettono insieme i forti a tutela dei deboli, che mettono insieme il meglio per condividere le migliori condizioni di vita.

    In questo progetto, il coordinamento e l’integrazione servono a mettere insieme parti che fino ad oggi sono rimaste separate nella logica dei settori, mentre diventano correlate ed attive nella logica della filiera della qualità della vita che vogliamo realizzare.

    In questo progetto, la chiave di volta è rappresentata dalla costruzione di un quadro chiaro ed affidabile di relazioni negoziali, per arrivare a costruire un sistema pubblico che sia filiera coerente, capace di produrre servizi correlati ai bisogni dei cittadini e compatibili con le risorse disponibili.

    Nel nostro progetto vogliamo garantire l’equilibrio dei poteri decisionali e delle funzioni. Per questo chiediamo con forza investimenti in formazione: per difendere i livelli di professionalità reale e valorizzare i potenziali di cui disponiamo, per dare trasparenza ai percorsi professionali e agli strumenti di valutazione.

    L’obiettivo primario dell’iniziativa SIULP è di contribuire alla diffusione di una cultura integrata della sicurezza e della giustizia, che interpreta i bisogni dei singoli cittadini, delle famiglie, degli operatori economici, delle comunità locali, dei territori del Paese e qualifichi ed esalti i poliziotti.

    Il tema sicurezza e giustizia, nel nuovo progetto SIULP, si allarga verso un’accezione più ampia, diventa parte della trama di civiltà dei diritti e della convivenza che abbiamo contribuito a disegnare in questi anni.

    Lo scorso congresso dissi che avrei voluto un SIULP che si basasse sulla concretezza più che sulla retorica, che confermasse la sua indiscussa soggettività, che guardasse ai nuovi orizzonti europei e alle nuove sfide forte dei suoi primi trent’anni, consapevole di essere protagonista del futuro; che fosse responsabile, forte, imparziale e capace di contrastare ogni interlocutore quando assumeva la veste di nemico; che fosse ricco di ideologie differenti ma capace di sintesi; che diventasse sempre più organizzazione e sempre meno insieme di gruppi al seguito di qualcuno; che sapesse sempre dove andare e cosa fare.

    Avevo un sogno e oggi, questo sogno, grazie a tutti Voi si è realizzato.

    Oggi, dopo questo complicato e lungo mandato, voglio dire che ho visto il SIULP che volevo. Lo vedo perché questo SIULP è lo stesso SIULP che tutti i suoi iscritti volevano, forte, autorevole e presente nel garantire i diritti di libertà e di dignità, finalmente anche ai Colleghi militari.

    Avevamo bisogno di stabilire una meta, un punto d’approdo per i prossimi anni, e io ve l’ho indicata.

    Spetta a voi ora decidere se questa è la nostra rotta, e chi debba essere il timoniere. Sono Felice, adesso, di nome e di fatto, perché ho fatto tutto quello che potevo fare, e di più, credetemi, per ora, non si poteva.

    Ma questo è stato possibile solo grazie a Voi. A Voi che oggi deciderete il futuro del nostro SIULP.

    E questo, ancora una volta mi rasserena. Perché, che il vento ci sia propizio, e le correnti favorevoli o contrarie, ho la certezza che sarà un buon viaggio. Perché questo SIULP saprà sempre qual è il porto dove approdare.

    Perché rammentatelo sempre: rinnovare è solo difficile, non impossibile.

    E io so che solo le donne e gli uomini del SIULP lo possono fare.

    Grazie.

    Viva l’Italia, Viva la Polizia, Viva il SIULP.

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