La Cassazione, ha affermato un importante principio in materia di trattamento di reversibilità.
Se risulta accettata l’eredità, l’Istituto può agire anche nei confronti della moglie titolare della reversibilità, attraverso l’azione di ripetizione dell’indebito per recuperare eventuali somme non dovute, quando la sua condotta ha determinato la corresponsione da parte dell’INPS di somme superiori a quelle spettanti sulla pensione, Detto principio si evince dall’ordinanza della Cassazione n. 17997/2021.
La vicenda processuale ha registrato il respingimento da parte della Corte di appello del gravame sollevato dall’INPS nei confronti della sentenza di primo grado. Per il giudice di secondo grado la pensione di reversibilità non è suscettibile di azione di ripetizione d’indebiti previdenziali causati dalla condotta del dante causa, poiché il trattamento di reversibilità è riconosciuto iure proprio.
La vicenda processuale nasce dal fatto che l’INPS ha riconosciuto alla vedova del de cuius somme superiori in relazione alla pensione di reversibilità perché indotta in errore dalla condotta del de cuius, che solo nel 2008 aveva comunicato i redditi degli anni 2006 e 2007 ai quali si riferisce l’azione di ripetizione. Contro la sentenza della Corte d’Appello, l’INPS ha proposto ricorso in Cassazione sostenendo che in realtà anche la pensione di reversibilità può essere oggetto di azioni di recupero d’indebito previdenziale se il coniuge superstite non ha rinunciato all’eredità, in quanto non è applicabile la sanatoria prevista dall’art 1 commi 260-261 della legge n. 662/1996 (per indebiti anteriori al 1996) né quella prevista dall’art 38 della legge n. 448/2020 (per indebiti fino al 31.12.2020).
La Corte di Cassazione ha accolto il motivo del ricorso INPS osservando che costituisce principio già consolidato quello secondo cui: “la ripetibilità dell’indebito nei confronti degli eredi del pensionato non sia altra cosa dal dolo che tale ripetibilità consente anche nei confronti del pensionato medesimo, dovendo anche in tali casi trovare applicazione il principio generale di settore secondo cui è equiparata al dolo l’inosservanza di obblighi di comunicazione prescritti da specifiche norme di legge di fatti e circostanze incidenti sul diritto o sulla misura della pensione che non siano conosciuti dall’ente competente. (…)
Il dolo omissivo del dante causa non esclude, dunque, la ripetibilità dell’indebito nei confronti dell’erede.” Anche l’Agenzia delle Entrate con risposta a interpello n. 283 del 27 agosto 2020, aveva chiarito che in caso di ratei di pensione erogati post mortem indebitamente a soggetti terzi, ai fini del recupero delle ritenute Irpef operate e versate, l’Ente può ottenere la restituzione delle somme al lordo delle ritenute nei confronti degli eredi, i quali possono indicare le somme restituite tra gli oneri deducibili.