Esenzione IMU relativa all’abitazione principale in caso di coniugi residenti in comuni diversi

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Sul n. 49_2021 del 10 dicembre 2021 del FLASH avevamo spiegato come una disposizione dell’ultima Legge di bilancio avesse previsto una stretta alle esenzioni Imu, che potevano valere solo per un’abitazione a famiglia, anche qualora i coniugi possedessero due immobili, in due comuni diversi ove fossero separatamente residenti.

Con Ordinanza 94/2022 del 12 aprile 2022, La Corte Costituzionale ha sollevato, disponendone la trattazione innanzi a sé, questioni di legittimità̀ costituzionale della citata disposizione oggi contenuta nel quarto periodo dell’art. 13, comma 2, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità̀ e il consolidamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni, nella legge 22 dicembre 2011, n. 214, come modificato dall’art. 1, comma 707, lettera b), della legge 27 dicembre 2013, n. 147, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di stabilità 2014)», nella parte in cui, ai fini del riconoscimento della relativa agevolazione, definisce quale abitazione principale quella in cui si realizza la contestuale sussistenza del duplice requisito della residenza anagrafica e della dimora abituale non solo del possessore, ma anche del suo nucleo familiare, in riferimento agli artt. 3, 31 e 53, primo comma, della Costituzione.

La problematica era stata evidenziata dalla Commissione tributaria provinciale di Napoli, secondo cui, è censurabile la disposizione nella parte in cui non prevede l’esenzione qualora «uno dei suoi componenti sia residente anagraficamente e dimori in un immobile ubicato in altro comune», poiché ciò determinerebbe la violazione degli artt. 1, 3, 4, 29, 31, 35, 47 e 53 della Costituzione ponendosi in contrasto con il principio di uguaglianza (art. 3 Cost.) e ledendo il principio della «parità̀ dei diritti dei lavoratori costretti a lavorare fuori dalla sede familiare» (artt. 1, 3, 4 e 35 Cost.); il «diritto alla parità̀ dei contribuenti coniugati rispetto a partner di fatto» (artt. 3, 29 e 31); i principi di capacità contributiva e progressività̀ dell’imposizione (art. 53 Cost.); la famiglia quale società̀ naturale (art. 29 Cost.); l’«aspettativa rispetto alla provvidenze per la formazione della famiglia e [l’]adempimento dei compiti relativi» (art. 31 Cost.); infine, la tutela del risparmio (art. 47 Cost.);

I Giudici della Consulta hanno ritenuto che le questioni sollevate in relazione a tale specifica norma “sono strettamente connesse alla più̀ ampia e pregiudiziale questione derivante dalla regola generale stabilita dal quarto periodo del medesimo art. 13, comma 2, del d.l. n. 201 del 2011, che, ai fini del riconoscimento della suddetta agevolazione, definisce quale abitazione principale quella in cui si realizza la contestuale sussistenza del duplice requisito della residenza anagrafica e della dimora abituale non solo del possessore ma anche del suo nucleo familiare, che tale nesso con il nucleo familiare non era presente nella originaria disciplina dell’IMU (istituita dall’art. 8 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, recante «Disposizioni in materia di federalismo Fiscale Municipale») e nemmeno nella successiva formulazione, che ne ha costituito la prima applicazione, dell’art. 13, comma 2, del d.l. n. 201 del 2011, come convertito, dove l’agevolazione – consistente in una riduzione dell’aliquota – era invece riconosciuta per l’immobile nel quale «il possessore dimora abitualmente e risiede anagraficamente”.

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In forza della previsione recata dal quarto periodo del comma 2 del suddetto art. 13, la possibilità̀ di accesso all’agevolazione per ciascun possessore dell’immobile adibito ad abitazione principale viene meno al verificarsi della mera costituzione del nucleo familiare, nonostante effettive esigenze possano condurre i suoi componenti a stabilire residenze e dimore abituali differenti.

In pratica, la previsione del suddetto nesso ai fini della definizione di abitazione principale determina un trattamento diverso del nucleo familiare rispetto non solo alle persone singole ma anche alle coppie di mero fatto, poiché́, sino a che il rapporto non si stabilizza nel matrimonio o nell’unione civile, la struttura della norma consente a ciascuno dei partner di accedere all’esenzione della loro, rispettiva, abitazione principale.

Di conseguenza, anche laddove fosse riconosciuto l’accesso a un’unica agevolazione IMU per l’abitazione principale del nucleo familiare situata in un determinato Comune, anche quando la residenza anagrafica di uno dei componenti di quest’ultimo fosse fissata in un immobile ubicato in altro Comune, rimarrebbe comunque confermata la descritta, preliminare, differenziazione del nucleo familiare.

Si tratta di tutta una serie di ragioni che, secondo i Giudici Costituzionali conducono a dubitare della legittimità̀ costituzionale della disciplina del quarto periodo dell’art. 13, comma 2, del d.l. n. 201 del 2011, come modificato dalla legge n. 147 del 2013, ragion per cui deve ritenersi la non manifesta infondatezza della questione in relazione agli artt. 3, 31 e 53, primo comma, Costituzione.

Al riguardo la Corte non ha mancato di richiamare la propria sentenza n. 179 del 1976, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale delle disposizioni dell’imposta complementare e dell’imposta sui redditi che prevedevano il cumulo dei redditi dei coniugi, osservando come, in riferimento all’art. 31 Cost., potrebbe ritenersi che la disciplina censurata non agevoli «con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l’adempimento dei compiti relativi», ma anzi comporti per i nuclei familiari un trattamento deteriore rispetto a quello delle persone singole e delle convivenze di mero fatto.

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