Illegittima l’esclusione dell’esimente della particolare tenuità del fatto per i delitti di violenza, minaccia e resistenza nei confronti di ufficiali e agenti di pubblica sicurezza o polizia giudiziaria
Con la sentenza numero 172, depositata il 27 novembre 2025, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 131-bis, terzo comma, del codice penale, nella parte in cui si riferisce agli articoli 336 e 337 dello stesso codice, disponendo che l’offesa non può essere ritenuta di particolare tenuità quando il fatto è commesso nei confronti di un ufficiale o agente di pubblica sicurezza o di un ufficiale o agente di polizia giudiziaria nell’esercizio delle proprie funzioni.
Nel decidere su una questione sollevata dal Tribunale di Firenze, la Corte ha, dapprima, rilevato che, ai sensi dell’articolo 131-bis del codice penale, come modificato dalla “riforma Cartabia” (d.lgs. n. 150 del 2022), l’esimente del fatto di lieve entità può essere riconosciuta, in linea generale, per i reati puniti con la pena della reclusione non superiore nel minimo a due anni, salvo specifiche eccezioni; ha altresì osservato che tra queste eccezioni figurano i reati di cui agli articoli 336 e 337 del codice penale, ove commessi nei confronti di un ufficiale o agente di pubblica sicurezza o di un ufficiale o agente di polizia giudiziaria nell’esercizio delle proprie funzioni, per i quali il fatto non può mai essere considerato di lieve entità, pur se, per i reati stessi, è prevista una pena minima non superiore a due anni.
La Corte ha, quindi, ritenuto manifestamente irragionevole che la causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto sia esclusa a priori per tali delitti (puniti con la reclusione da sei mesi a cinque anni) e invece ammessa – dopo la menzionata riforma – per il delitto di violenza o minaccia a un corpo politico, amministrativo o giudiziario, punito dall’articolo 338 del codice penale con la pena della reclusione da uno a sette anni.
Questa distonia normativa va a scapito del reo – precisa la Corte –, anche sul piano della funzione rieducativa della pena, la quale esige un assetto razionale dell’intera disciplina sanzionatoria, inclusiva delle cause esimenti.
La motivazione spiega che se si ammette l’esimente per un reato più grave, è irragionevole escluderla per un reato punito in modo più lieve. Il reato sarebbe quello dell’art. 338 c.p., che punisce con la reclusione da uno a sette anni chiunque usa violenza o minaccia verso un corpo politico, amministrativo o giudiziario (o i suoi componenti) per impedirne o turbarne l’attività.
(Fonte: Corte Costituzionale)






