La Consulta, con due ordinanze del 13 aprile 2021, nn. 66 e 67, ha dichiarato inammissibili i conflitti di attribuzione tra poteri dello Stato, sollevati verso gli atti adottati dal Governo nel corso dell’emergenza sanitaria.
Tra le numerose richieste formulate nei ricorsi, i ricorrenti avevano richiesto l’annullamento di tutti gli atti emanati dall’esecutivo dall’esordio della pandemia, previa dichiarazione di non spettanza al Presidente del Consiglio dei ministri e al Governo, del potere di adottare le misure previste dai richiamati decreti.
Il conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri, era stato sollevato dai deputati Vittorio Sgarbi e Sara Cunial.
Nel dichiarare l’inammissibilità di ambedue i ricorsi, i Giudici Costituzionali hanno osservato che dalla stessa narrativa dei ricorsi è emerso come non sia mancato il confronto parlamentare (ordinanza n. 274 del 2019) e come i deputati abbiano avuto la possibilità di esercitare le proprie funzioni costituzionali (ordinanza n. 275 del 2019), principalmente in sede di conversione in legge dei decreti-legge indicati nel ricorso.
Il collegio ha inoltre rilevato che la lamentata “traslazione della potestà concreta legislativa dal Parlamento e/o dal Governo su delega del medesimo, verso il Presidente del Consiglio od addirittura a favore dei singoli ministri”, nei termini prospettati nei ricorsi, sarebbe semmai idonea a menomare le attribuzioni dell’intera Camera cui appartengono i ricorrenti, posto che la funzione legislativa, ai sensi dell’art. 70 della Costituzione, è esercitata in modo collettivo dalle due Camere, spiegando che quando il soggetto titolare della sfera di attribuzioni costituzionali che si assumono violate è la Camera di appartenenza, è questa, e non il singolo parlamentare, legittimata a valutare l’opportunità di reagire avverso le supposte violazioni (ordinanza n. 129 del 2020).La stessa Corte aveva già escluso (ordinanza n. 181 del 2018), in occasione di un conflitto promosso dal singolo parlamentare nei confronti del Governo, che il primo possa rappresentare l’intero organo cui appartiene, in quanto il singolo parlamentare non risulta titolare di attribuzioni individuali costituzionalmente protette nei confronti dell’esecutivo.