Calcolo dei sei aumenti periodici (sei scatti) di stipendio

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Calcolo dei sei aumenti periodici (sei scatti) di stipendio nel trattamento di fine servizio a favore del personale delle Forze di Polizia collocato, a domanda, in pensione d’anzianità

L’argomento è stato diffusamente trattato su queste pagine (n. 24 del 13 giugno 2020 e n. 48 del 27 novembre 2020).

Si tratta del beneficio previdenziale previsto all’art. 21, comma 1, della L. n.232 del 1990.
Il problema nasce dal fatto che, mentre l’articolo 4 del Dlgs 165/1997 ha dettato una nuova ed espressa disciplina per il calcolo dei 6 aumenti periodici sul trattamento di pensione, l’effetto dei 6 aumenti periodici sul trattamento di fine servizio è rimasto soggetto a quanto previsto dall’art.6-bis del D.L. n.387 del 1987 (convertito, con modificazioni dalla Legge 20 novembre 1987, n.472), così come modificato da ultimo dall’art. 21, comma 1, della L. n.232 del 1990.

Non la pensa allo stesso modo l’INPS che, fa riferimento alla normativa concernente il trattamento di pensione, per escludere dal beneficio coloro che vanno in pensione a domanda e riconosce l’aumento figurativo dei sei scatti di stipendio nel trattamento di fine servizio soltanto nei seguenti casi:

  • decesso del dipendente;
  • riforma per malattia del dipendente;
  • pensionamento al raggiungimento del limite di età del dipendente.

Sulla questione il Consiglio di Stato, con la Sentenza sez. III, del 22 febbraio 2019 n. 1231, ha affermato, con riferimento a un dipendente della carriera Prefettizia, il principio che, in base all’attuale sistema normativo, i sei scatti stipendiali devono essere computati nella determinazione della misura del TFS anche quando la cessazione dal servizio sia avvenuta a domanda, qualora al momento della stessa siano stati compiuti i 55 anni di età congiuntamente ai 35 anni di servizio utile.

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Sulla base di tale pronuncia la Direzione Centrale per le Risorse Umane del Dipartimento della PS richiedeva espressamente all’Istituto un parere in merito alla possibilità di riconoscere il beneficio al personale della Polizia di Stato, anche quando la cessazione dal servizio fosse avvenuta a domanda.
Al riguardo, l’Istituto ribadiva che: “..al personale della Polizia di Stato, ai fìni del trattamento di fine servizio, sono attribuiti in aggiunta a qualsiasi altro beneficio, sei scatti ai sensi dell’art. 21 della legge n. 232/1990 (mod. dell’art. 6-bis del decreto legge 21.9.1987, n. 387, convertito con modificazioni dalla legge 20.11.1987. n. 472), sempre che tale personale cessi dal servizio per età o perché divenuto permanentemente inabile al servizio o perché deceduto. Viceversa, i citati benefici non possono essere attribuiti ai soggetti collocati a riposo per art. 21 della legge n. 232/1990 (cioè a coloro che conseguono il requisito dei 55 anni in presenza di un servizio utile di 35 anni) in quanto, detta condizione, è equiparata ad un collocamento a riposo a domanda. Indicazioni in tal senso sono state impartite da questa Direzione Centrale (D.C. Previdenza – ex INPDAP,) con Informativa n. 280 del 15.03.2001. La sentenza del Consiglio di Stato n. 1231 del 22.09.2019, non risulta pertinente alla tematica in argomento essendo relativa ad un ricorso proposto da un prefetto avverso la mancata valutazione del beneficio dei sei aumenti periodici stipendiali, di cui all’art. 6 bis del D.L. n. 387/1987, nel calcolo dell’indennità di buonuscita percepita dall’appellante con determinazione ex INPDAP n. 6477 del 12.5.2011. A tale proposito, va altresì precisato che con il parere n. 3826/13 dell’11.09.2013, l’Adunanza della Sezione Prima del Consiglio di Stato ha ritenuto applicabile, al personale della carriera prefettizia, il beneficio dei menzionati sei aumenti periodici stipendiali nel calcolo del T.F.S. E’ il caso di ricordare, infine, il principio di carattere generale concernente il divieto per le pubbliche amministrazioni di adottare provvedimenti per 1’estensione di decisioni giurisdizionali in materia di personale.”

La Questione è dunque divenuta oggetto di contenzioso innanzi al giudice amministrativo attraverso plurime iniziative, tra le quali, anche quella del SIULP pubblicizzata sul nostro sito in data 30 luglio 2020 e consultabile al seguente link: https://siulp.it/trattamento-di-fine-servizio/.
Oggi la novità è costituita da una sentenza che riconosce il beneficio agli appartenenti al Comparto Sicurezza. Si tratta della decisione del Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia sede di Trieste, Sezione 1, numero 00133/2021, pubblicata il 23/04/2021.

I ricorrenti sono un gruppo di dipendenti della Guardia di Finanza congedati a domanda (successivamente al compimento di 55 anni di età, e con oltre trentacinque anni di servizio utile contributivo). Costoro hanno chiesto il riconoscimento del beneficio in questione sulla base dell’art. 6-bis, comma 1 nei confronti dell’INPS che ha resistito ribadendo, con riguardo a quest’ultima disposizione, il legame esistente tra il campo applicativo dell’art. 6-bis del d.l. 387 del 1987 e quello del collocamento in quiescenza per anzianità e sostenendo conseguentemente l’insussistenza dei presupposti per il riconoscimento del beneficio considerato che i requisiti per la pensione di anzianità, alle rispettive date di cessazione dal servizio di ciascuno dei ricorrenti (tutte nell’intervallo tra il 02.10.2013 e il 16.03.2017), non erano più di 55 anni di età e 35 anni di servizio, essendo stato progressivamente innalzato il requisito anagrafico in adeguamento alla maggiore aspettativa di vita calcolata dall’ISTAT, prima a 57 anni e 3 mesi di età (dal 2013) e poi 57 anni e 7 mesi di età (dal 2016).

Il Giudice amministrativo ha respinto le tesi dell’Istituto e ha accolto il ricorso ritenendolo fondato.
Secondo il Tribunale, l’INPS sovrappone impropriamente due discipline aventi diverso oggetto, cioè quella dettata dall’art. 6-bis d.l. 387 del 1987 in materia di determinazione del TFS per il personale delle forze di polizia (richiamata altresì dall’art. 1911, comma 3, del Codice dell’ordinamento militare, d.lgs. 66 del 2010), che dispone l’applicazione di un beneficio pari a sei scatti stipendiali, e quella relativa al conseguimento del diritto a percepire la pensione di anzianità.

Secondo il TAR “la corrispondenza un tempo esistente tra i relativi requisiti, anche ammesso che l’intenzione originaria del legislatore fosse quella di operare un parallelismo tra gli istituti, non può portare ad affermare che gli stessi permangano inscindibilmente connessi anche a fronte di sopravvenienze normative e che quindi la disciplina dell’art. 6-bis citato recepisca automaticamente le modifiche apportate nel tempo alle disposizioni previdenziali in punto di età pensionabile”.

Invero, osservano i Giudici, il comma 2 non compie un “rinvio mobile” all’istituto della pensione di anzianità (come fa invece il comma 1 con riferimento alle ipotesi di cessazione dal servizio “per età o perché divenuto permanentemente inabile al servizio o perché deceduto”) ma esplicita il dato anagrafico (“55 anni di età”) e quello contributivo (“35 anni di servizio”) richiesti per accedere al beneficio della maggiorazione della base di calcolo del TFS, attraverso espressioni numeriche dal significato univoco. Di conseguenza, l’interpretazione fornita dall’INPS “”violerebbe, quindi,
il primario criterio interpretativo della legge cioè quello che impone di attribuire rilievo al senso proprio delle parole adoperate (art. 12 preleggi). Un eventuale difetto di coordinamento, ove effettivamente riscontrabile, dovrebbe trovare correzione in sede legislativa, non certo attraverso un’interpretazione che contravviene al chiaro tenore letterale delle disposizioni rilevanti””.

Nella Sentenza viene anche richiamata la citata decisione del Consiglio di Stato sez. III, del 22 febbraio 2019, n. 123.

Al riguardo il TAR non manca di sottolineare come nel riformare la sentenza di primo grado, il Consesso di Palazzo Spada abbia ritenuto che la situazione del ricorrente, del tutto prescindendo dalla fattispecie legittimante il collocamento in quiescenza, fosse pienamente conforme al tenore testuale dell’art. 6-bis comma 2 e il beneficio andasse quindi riconosciuto.

Ricordiamo che il SIULP ha organizzato un ricorso per la valorizzazione dei sei scatti ai fini della riliquidazione del trattamento di fine servizio. All’iniziativa possono partecipare gli ex appartenenti alle Forze di polizia ad ordinamento civile (Polizia di Stato, Polizia Penitenziaria ed ex Corpo Forestale) e ad ordinamento militare (Arma dei Carabinieri e Guardia di Finanza), in possesso di tutti i seguenti quattro requisiti:

  • Essere stati posti in congedo;
  • Avere avuto al momento del congedo un’età anagrafica di almeno 55 anni;
  • Poter contare su 35 anni di servizio utili;
  • avere avuto liquidato il TFS dopo il 30 novembre 2015.

Non possono fare ricorso, invece, coloro che sono cessati dal servizio per raggiunti limiti di età, riformati per causa di servizio o gli eredi del personale deceduto, poiché hanno già avuto valorizzati i sei scatti ai fini pensionistici.

Mentre, coloro che sono stati riformati per una patologia non riconosciuta come si dipendente da causa di servizio, possono aderire al ricorso solo se al momento del congedo potevano contare su 35 anni di servizio utile, avevano un’età anagrafica di almeno 55 anni ed hanno avuto liquidato il TFS dopo il 30.11.2015.

Il ricorso è gratuito per gli iscritti al SIULP – PENSIONATI.
Per aderire a tale iniziativa occorre contattare le sedi territoriali del SIULP.

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