Commette infrazione chi lega bici o moto a pali o strutture al di fuori dei parcheggi

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Con la decisione numero 7353/2025, il Consiglio di Stato ha praticamente autorizzato i Comuni a multare pesantemente chiunque leghi la propria bicicletta o moto a pali, cancellate o altre strutture pubbliche non specificamente destinate al parcheggio.

La questione nasce da un ricorso presentato contro l’articolo 19 del Regolamento di Polizia e Sicurezza Urbana del Comune di Cagliari, che vieta espressamente di legare velocipedi e motocicli a infrastrutture pubbliche inadatte. Il sistema sanzionatorio previsto dal Comune è particolarmente severo: si parte da una multa base compresa tra 75 e 500 euro ma, se l’infrazione viene commessa in zone di particolare pregio storico o artistico, scatta una sanzione aggiuntiva tra 100 e 300 euro.

Nel ricorso si sollevano tre obiezioni fondamentali contro questo regolamento.

Primo: il Comune avrebbe introdotto una nuova tipologia di divieto di sosta, non contemplata dal Codice della Strada, esercitando così un potere che non gli compete.

Secondo: esisterebbe una violazione del principio di uguaglianza, dato che il divieto colpisce solo bici e moto ma non monopattini elettrici e segway.

Terzo: le sanzioni previste sarebbero manifestamente sproporzionate rispetto alla gravità del fatto.

Il Consiglio di Stato, confermando quanto già stabilito dal Tar in primo grado, ha respinto tutte queste argomentazioni, chiarendo che la norma non regola la sosta dei veicoli, ma mira esclusivamente a preservare il decoro degli spazi pubblici, e che non c’è discriminazione perché le situazioni prese in esame non sono comparabili tra loro.

La decisione del Consiglio di Stato solleva perplessità in relazione alla presunta sproporzione della sanzione. Nel caso specifico di Cagliari, parliamo di multe che possono raggiungere una cifra elevata rispetto a quella prevista, ad esempio, rispetto a chi guida senza cintura di sicurezza mettendo a rischio la vita.

Il Consiglio di Stato ha sorvolato sulla questione della proporzionalità, affermando che soltanto l’applicazione concreta della sanzione, valutata caso per caso, potrà eventualmente essere contestata con un ricorso specifico.

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