Comunicato stampa convegno di Viterbo sulle infiltrazioni mafiose

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    Ultimo aggiornamento 25/07/2013

    Organizzazioni criminali, una penetrazione sul territorio che investe in modo trasversale tutta la società, si possono fronteggiare solo attraverso l’unione tra Istituzioni e società civile

    “L’infiltrazione mafiosa nei nostri territori quale freno allo sviluppo economico, politico e sociale del nostro Paese: come combatterlo” è il titolo dell’incontro tenutosi il 7 luglio all’interno della manifestazione culturale Caffeina e organizzato dall’Associazione letteraria Mariano Romiti in collaborazione con il SIULP.

    Ricco il parterre dei relatori, per affrontare la problematica in tutti i suoi aspetti. Presenti Francesco Cirillo Vice Capo della Polizia, Elisabetta Belgiorno Commissario del Governo per il Coordinamento delle iniziative antiracket e antiusura, Roberto Pennisi Magistrato della DIA, Giovanni Truglio Gen. Birg. CC Resp. 1° Rep. Investigazione preventiva DIA, Lorenzo Frigerio Ass. Libera, Daniele Marannano Ass. Addiopizzo.

    “L’intento dell’iniziativa è di comunicare ai cittadini che ‘cosa nostra’ è un problema che riguarda tutti, non solo gli addetti ai lavori – ha dichiarato in apertura dei lavori Felice Romano Segretario del SIULP – per combattere questa guerra – continua Romano – è necessario aggredire i capitali economici delle organizzazioni malavitose, ma avere anche l’appoggio della società civile”. Romano, citando dei dati della banca Mondiale, ha concluso dicendo che in un paese dove non c’è sicurezza non arrivano nemmeno investimenti.

    A conferma dell’importanza giocata dalle Associazioni è intervenuto il rappresentante di Libera. “Da diciotto anni abbiamo un contatto diretto con i cittadini che sono, anche per puro caso, vittime delle mafie. Con tutte queste persone – continua Frigerio – abbiamo cercato di fare un cammino di riscatto. Con l’associazione – dichiara – abbiamo sempre sostenuto che le mafie vanno combattute a livello economico, contribuendo a dare vita alla legge 106/96 sul riutilizzo dei beni confiscati alla mafia”.

    Come naturale prosecuzione delle parole di Frigerio è intervenuta il Prefetto Belgiorno “la mia attività di servizio è di organizzare la fiducia, creare un circuito in cui nessuno è lasciato solo. Gli imprenditori – continua – in un momento di crisi economica così accentuato, hanno paura di non farcela, a loro dobbiamo dare risposte concrete. Con il Comitato di solidarietà eroghiamo benefici economici alle vittime di estorsione e usura, come Commissario Coordinatore delle altre iniziative ho un ruolo di impulso e monitoraggio. Ma è difficile – conclude – quello che facciamo non è mai abbastanza, cerchiamo di arrivare in tempo affinché le vittime non escano dal mercato, e per non vanificare il loro atto di grande dignità che si concretizza nel denunciare i soprusi. Ma la classe dirigente deve prendersi le sue responsabilità e decidere”.

    Forte l’intervento del Magistrato Roberto Pennisi “Nel nostro Paese abbiamo delle leggi più che adeguate, si possono sempre migliorare, ma forse non sono adeguati gli uomini. I personaggi più pericolosi – continua – sono quelli che fanno finta di fare l’antimafia e in realtà ne sono il prodotto”.

    A chiarire quali sono le azioni di contrasto attuate dalla DIA è il Generale Truglio “L’asse portante della nostra attività è seguire i soldi, intercettarli e fermarli. Ci stiamo impegnando a fondo sulle indagini patrimoniali, su sequestri e confische, abbiamo molti strumenti di controllo come la richiesta della certificazione antimafia per gli appalti e strumenti di controllo nella rete bancaria, tuttavia – conclude – ciò che va veramente modificato è un codice culturale, l’associazionismo va sostenuto, l’impegno della società civile piò fare la differenza”.

    Infine è intervenuto il Responsabile dell’Associazione Addiopizzo che dal 2004 è sul territorio per fronteggiare la mafia “Sono stati fatti molti passi avanti – ha ricordato Marannano – ma il lavoro da fare in Sicilia e negli altri territori del mezzogiorno è ancora molto, anche a causa della crisi economica che porta a chiudere decine di attività. Fino a quando – conclude – si continuerà a delegare l’azione di contrasto alle sole forze dell’ordine e ai magistrati la situazione rimarrà tale, perché il cambiamento può passare solo da una personale e diretta assunzione di responsabilità indipendentemente dal ruolo cui siamo chiamati quotidianamente”.

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