Danno da mancata tempestiva assunzione causata da provvedimenti illegittimi

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Con due recentissime, e sostanzialmente identiche, ordinanze la giurisprudenza amministrativa ha affermato un importantissimo principio applicabile ai casi, invero non infrequenti, in cui è stata accertata l’illegittima esclusione dalle procedure di selezione. I casi di specie riguardavano più precisamente l’ammissione con riserva al corso di formazione, disposta a seguito di provvedimenti cautelari, con la mancata assegnazione alla sede di servizio al termine del corso.

In altri termini l’Amministrazione, anche resistendo ad ulteriori impugnazioni proposte dagli interessati che insistevano per essere avviati al servizio attivo, ha atteso la conclusione del giudizio di merito e, solo una volta affermato il pieno diritto dei ricorrenti ad essere immessi nei ruoli della Polizia di Stato, è stato ripristinato il rapporto di lavoro.

Per il periodo, pari a circa un anno, intercorso nelle more della conclusione della causa è stato però negato il riconoscimento degli effetti, giuridici ed economici, che gli interessati avrebbero maturato se l’Amministrazione non avesse, arbitrariamente ed illegittimamente, interrotto il loro rapporto di lavoro. In altri termini secondo l’impostazione della parte erariale l’anno intercorso tra la fine del corso di formazione e l’inizio dell’attività lavorativa era da considerare come non utile ai fini della progressione di carriera.

Avverso tale tesi sono insorti i colleghi, azionando le loro ragioni davanti ai rispettivi TAR, assistiti dall’Avvocato Mariagrazia RUA ed avvalendosi del supporto della Segreteria Nazionale del Siulp, rivendicando il risarcimento del danno derivante dalla tardiva immissione in servizio. Chiedendo altresì, in sede cautelare, che quel periodo di inutile attesa venisse considerato utile ai fini della maturazione dei due anni per accedere alle procedure di mobilità.

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In attesa della celebrazione delle udienze di merito, fissata per ambedue i casi nei prossimi mesi, gli aditi collegi si sono espressi sulla domanda cautelare, apprezzando favorevolmente lavalorizzazione, ai fini giuridici, del periodo di inattività forzata, affermando che “non appaiono prima facie implausibili le deduzioni del ricorrente nella parte in cui lamenta l’illegittimità della decorrenza dell’anzianità di permanenza in sede … per come invece riconosciuta a tutti i pari corso” e, per quanto più interessa, “che tale decorrenza appare infatti configurarsi come un risarcimento in forma specifica del danno patito a causa della mancata tempestiva assunzione determinata da provvedimenti la cui illegittimità è già stata accertata da sentenza passata in giudicato”. È stata, infine, riconosciuta la sussistenza del “periculum in mora, poiché al ricorrente verrebbe preclusa la partecipazione alla procedura di mobilità avviata nei confronti di tutti gli allievi” del medesimo corso di formazione, e per l’effetto è stata accolta la domanda cautelare.

Pur avendosi a che fare con un provvedimento non definitivo, emerge la consapevolezza da parte dei giudici amministrativi della necessità di assicurare tutela reintegratoria attraverso la integrale ricostruzione della sfera giuridica attinta dalle determinazioni dell’Amministrazione, anche ripristinando, con una ricostruzione a posteriori, la più favorevole condizione nella quale si sarebbe trovato l’interessato se l’atto amministrativo illegittimo non fosse stato adottato.

Si tratta, in ogni caso, di precedenti (inediti) che evidenziano la gravità delle conseguenze del più che discutibile approccio seguito dalle competenti articolazioni deputate alla gestione delle risorse umane, e segnatamente del delicatissimo settore del contenzioso, che sembra essere orientato ad una incomprensibile rigidità produttiva di ingiuste compressioni di fondamentali diritti, quali ad esempio quelli relativi alla maternità e, più in generale, alla genitorialità. Questioni sulle quali riteniamo indifferibile promuovere un momento di riflessione con il vertice del Dipartimento della P.S., che provvederemo quanto prima a sollecitare.

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