Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3564 del 2016, proposto dal Ministero dell’interno, in persona del Ministro in carica pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12,
contro
il -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato Gianfranco Trullu, elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avvocato Francesco Asciano in Roma, via Bazzoni, n. 1,
per la riforma
della sentenza del T.a.r. per la-OMISSIS-resa inter partes, concernente il rigetto di istanze volte ad ottenere l’esonero dall’invio in missione fuori sede e dai turni notturni.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del -OMISSIS-;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella udienza pubblica del giorno 6 luglio 2021 (tenuta ai sensi dell’art. 84 del d.l. 17 marzo 2020, n. 18, convertito con l. 24 aprile 2020, n. 27, come modificato dall’art. 4 del d.l. 30 aprile 2020, n. 28, convertito con l. 25 giugno 2020, n. 70) il consigliere Giovanni Sabbato;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
- Con ricorso n.-OMISSIS-proposto innanzi al T.a.r. per-OMISSIS-il – OMISSIS-, Agente Scelto di Polizia di Stato, sposato e padre di un bambino in tenera età, aveva chiesto l’annullamento dei seguenti atti:
a) del provvedimento, in data 14 agosto 2015, con cui venivano respinte le sue istanze di esonero dall’invio in missione fuori sede e dai turni cd. notturni;
b) del provvedimento, in data 14 agosto 2015, con cui veniva respinta la sua istanza tendente ad ottenere il beneficio dei riposi giornalieri pet il cd. allattamento. - A sostegno dell’impugnativa aveva invocato l’applicazione in suo favore della norma di cui all’art. 40, comma 1, lettera c, del d.lgs. n.151/2001, volta ad equiparare il lavoro della madre casalinga al lavoro della madre non dipendente così da consentire, 1 esi, al padre di godere dei permessi per la cura del figlio allorquando la madre non ne abbia diritto.
- Costituitasi Amministrazione, il Tribunale amministrativo adîto (Sezione II) ha così deciso il gravame al suo esame:
– ha ritenuto sussistenti i presupposti per emettere sentenza in forma semplificata
– ha accolto il ricorso in ordine al diniego dei riposi giornalieri e, per l’effetto, ne ha disposto l’annullamento;
– ha invece respinto il ricorso in ordine al diniego del beneficio dell’esonero dai turni notturni e dall’invio in missione fuori sede (questo capo della sentenza non è stato impugnato ed è pertanto passato in giudicato);
– ha compensato per metà le spese del giudizio, mentre l’altra metà il Tribunale le ha poste a carico del Ministero dell’interno (€ 1000,00). - In particolare, il T.a.r. ha ritenuto che:
– Il diritto ai riposi giornalieri, previsto dall’articolo 39 del D.lgs. n.151 del 2001 è stato riconosciuto, dalla giurisprudenza assolutamente prevalente, al padre del bambino anche nell’ipotesi in cui la madre sia casalinga” ed ha espressamente condiviso la pronuncia di questo Consiglio n. 4618/2014 in senso appunto favorevole a tale interpretazione estensiva. - Avverso tale pronuncia il Ministero ha interposto appello, notificato il 20 aprile 2016 e depositato il 6 maggio 2016, lamentando, attraverso un unico complesso motivo di gravame (pagine 4-15), quanto di seguito sintetizzato:
– il T.a.r. avrebbe ignorato l’orientamento espresso da questo Consiglio in senso restrittivo sulla base della considerazione che al fine della concessione del beneficio dei riposi giornalieri al padre, è necessario che ricorra il presupposto dell’alternatività, non configurabile ove la madre sia casalinga;
– il richiedente il beneficio in questione avrebbe dovuto documentare le specifiche ragioni per le quali la presenza della madre non è sufficiente a soddisfare l’esigenza di cura del figlio;
– verrebbe così assicurato al dipendente coniugato con una casalinga un trattamento differenziato e più favorevole rispetto alle altre ipotesi contemplate dalla norma come quella della lavoratrice autonoma;
– sarebbe necessario anche effettuare il bilanciamento tra Part.31 e gli artt. 97 e 98 della Costituzione, che diventano prevalenti nell’ambito specifico del rapporto d’impiego speciale instaurato con un appartenente alla Polizia di Stato;
– il T.a.r. nemmeno avrebbe considerato che l’appellato ha formulato l’istanza in modo generico, ossia senza indicare le cause ostative all’assistenza del neonato da parte della moglie’ casalinga con eventuale idonea documentazione. - L’appellante ha concluso chiedendo che la sentenza impugnata sia annullata eventualmente rimettendo la sollevata questione interpretativa all’Adunanza plenaria.
- In data 24 giugno 2016, I-OMISSIS-si è costituito in giudizio chiedendo il rigetto dell’opposto gravame.
- In vista della trattazione nel merito del ricorso la parte appellata ha depositato memoria insistendo per il rigetto dell’opposto gravame alla luce dei precedenti giurisprudenziali che hanno preso atto della piena equiparazione dell’attività domestica ad una vera e propria attività lavorativa.
- La causa, chiamata per la discussione alla udienza pubblica svoltasi con modalità telematica del 6 luglio 2021, è stata ivi trattenuta in decisione.
- L’appello è fondato.
10.1 Come esposto in premessa, con la sentenza n. -OMISSIS-accoglieva il ricorso proposto dal -OMISSIS-, Agente Scelto di Polizia di Stato, avverso il provvedimento con il quale il Dirigente della Polizia di Stato Reparto Prevenzione Crimine -OMISSIS- gli aveva negato la concessione dei riposi giornalieri da lui richiesti per il primo anno di vita del figlio, a norma dell’art. 40, comma 1 lett. c), del d.lgs. 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità), norma che riconosce al padre lavoratore il diritto a fruire dei riposi previsti pet la madre lavoratrice nel caso in cui quest’ultima non sia lavoratrice dipendente. Il diniego si fondava sulla non estendibilità della fattispecie legale all’ipotesi, ricorrente nella specie, di madre casalinga escludendo che costei potesse considerarsi, in ogni caso, come lavoratrice non dipendente (‘madre lavoratrice casalinga”) ai fini del su citato art. 40, comma 1, lett. c). La questione sollevata dall’appellante assume quindi carattere ermeneutico, dovendosi stabilire quale latitudine applicativa assegnare a tale previsione, la quale così recita: “7. I periodi di riposo di cui all’articolo 39 sono riconosciuti al padre lavoratore:a) nel caso in cui i figli siano affidati al solo padre;
b) in alternativa alla madre lavoratrice dipendente che non se ne avvalga;
c) nel caso în cui la madre non sia lavoratrice dipendente;
d) in caso di morte 0 di grave infermità della madre”.Il problema interpretativo si pone proprio in relazione alla formula di cui alla su citata lett. c) essendo invalsa in un primo tempo la tesi, espressa con riferimento alla disciplina previgente, secondo cui ‘“L’espressione madre « non lavoratrice dipendente » contenuta nell’art. 6 ter I. 9 dicembre 1977 n. 903 (introdotto dall’art. 13 |. 8 marzo 2000 n. 53) ai sensi del quale « i periodi di riposo di cui all’art.10 1 30 dicembre 1971 n. 1204 e successive modificazioni e i relativi trattamenti economici sono riconosciuti al padre lavoratore: a) nel caso în cui i figli siano affidati al solo padre; b) in alternativa alla madre lavoratrice che non se ne avvalga; c) nel caso in cui la madre non sia lavoratrice dipendente », deve ritenersi comprensiva anche della « lavoratrice » casalinga’ (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 9 settembre 2008, n. 4293). Tale orientamento è stato confermato da questo Consiglio anche con l’avvento della disciplina di cui al su citato d.lgs. 26 marzo 2001, n. 151 essendosi ritenuto che “è Illegittimo il provvedimento di rigetto della domanda di pubblico dipendente intesa a fruire dei riposi giornalieri di cui all’art. 40, d.lg. 26 marzo 2001 n. 151 con decorrenza dal giorno successivo al compimento del terzo mese di vita del figlio, motivato con riferimento alla posizione di casalinga della consorte laddove il cit. art. 40 limita la fruizione dei riposi da parte del padre al caso di rinuncia da parte della madre lavoratrice, atteso che questa, anche quando non è lavoratrice dipendente, è comunque impegnata nell’attività di casalinga, che la distoglie dalla cura del neonato” (ctr. Cons. Stato, sez. III, 10 settembre 2014, n. 4618). Si è però, più di recente, consolidato l’orientamento che opina in senso esattamente contrario e che pertanto rifugge da un approccio ermeneutico che equipari la casalinga alla lavoratrice non dipendente. Costituisce, infatti, indirizzo interpretativo ormai consolidato, dal quale non vi è motivo in questa sede di discostarsi (da ultimo,Cons. Stato, sez. II, 4 marzo 2021, n. 1851), l’orientamento secondo cui, in conformità al tenore della norma citata, vanno negati al padre lavoratore i riposi giornalieri genitoriali in caso di moglie casalinga, poiché costei, di regola, svolge attività domestiche che le consentono di prendersi cura del figlio (cfr. C.G.A. Sicilia, sez. giurisd., 19 febbraio 2019, n. 153; Cons. Stato, sez. IV, 3 ottobre 2018, n. 5686; 24., 30 gennaio 2018, n. 628; 4, 30 ottobre 2017 n. 4993). Come chiarito da questo Consiglio, «/t// combinato disposto degli articoli 39 e 40 delinea un’evidente priorità della madre nella fruizione dei permessi: il padre, a ben vedere, può attingere a tale misura solo in casi predeterminati e tassativi, conseguenti a situazioni in cui la madre non ha la possibilità giuridica (lett. a), la volontà (lett. b), la possibilità professionale (lett. c) o materiale (lett. d) di fruirne in prima persona … I/ padre, in altre parole, acquista il diritto de quo solo quando la madre, per le circostanze puntualmente stabilite dalla norma, non possa, non voglia o non sia nella condizione di fruire di tali riposò (Cons. Stato, sez. IV, n. 4993/17 cit.). Tale situazione di impedimento nemmeno è stata rappresentata dall’appellato e pertanto è in radice da escludere la “grave infermità’, che costituisce l’ipotesi espressamente contemplata nella lettera d) dell’articolo 40. In conclusione, confermandosi in questa sede il richiamato orientamento di questo Consiglio, con conseguente insussistenza del contrasto interpretativo evidenziato dall’appellante che avrebbe richiesto l’intervento dell’Adunanza plenaria, non emergono i presupposti del beneficio invocato da parte appellata per la presenza di madre casalinga nelle condizioni di assolvere ai compiti familiari.
- In conclusione, l’appello in esame è fondato, risultando così meritevole di accoglimento, e pertanto, in riforma dell’impugnata sentenza, il ricorso di prime cure va respinto.
- Sussistono nondimeno giusti motivi, stante le iniziali incertezze giurisprudenziali sulla questione ermeneutica sollevata, per compensare le spese del doppio grado di giudizio.
P.Q.M
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto (n.t.g 3564/2016), lo accoglie e, per l’effetto, in riforma dell’impugnata sentenza, respinge il ricorso di primo grado n. 727 del 2015.
Spese del doppio grado di giudizio compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi
altro dato idoneo ad identificare l’appellato.
Così deciso dalla Seconda Sezione del Consiglio di Stato, con sede in Roma, nella Camera di Consiglio del giorno 6 luglio 2021, convocata con modalità da remoto e con la contemporanea e continuativa presenza dei magistrati: