Va riconosciuto il diritto al buono pasto anche in presenza di una mensa le cui caratteristiche rendano, tuttavia, non fruibile il beneficio. Il principio è stato ribadito dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Seconda) con la sentenza n. 10791/2022 del 9 dicembre 2022 che ha definito l’appello proposto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, Comando Generale della Guardia di Finanza, contro la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche che aveva riconosciuto il pagamento degli importi sostitutivi del valore dei buoni pasto non corrisposti in relazione ai servizi interni di vigilanza effettuati a favore di un nutrito gruppo di dipendenti della Guardia di Finanza.
Il giudice di primo grado aveva riconosciuto il diritto degli interessati a ottenere i buoni pasto non goduti nel periodo richiesto condannando l’amministrazione al pagamento, in favore di ciascun avente diritto, dell’importo pari al valore dei buoni pasto non corrisposti nel periodo di riferimento.
Il Consiglio di Stato ha respinto l’appello dell’Amministrazione riconoscendo ai ricorrenti il diritto al buono pasto sostitutivo con la precisazione che questo non spetta in relazione al turno 7,00-13,00 in quanto non ricompreso per intero nella fascia oraria convenzionalmente riservata ai pasti la questione relativa al turno di servizio 7,00-13,00.
Nelle motivazioni della propria decisione, il Consiglio di Stato ribadisce che l’unico presupposto previsto dalla disciplina primaria e sub primaria per poter beneficiare del servizio di vettovagliamento è l’aver svolto servizi continuativi interni ed esterni il cui turno di servizio sia ricaduto interamente nella fascia oraria convenzionalmente dedicata al pasto, a prescindere dall’orario di inizio e termine del servizio medesimo, mentre ogni ulteriore restrizione non contemplata dalla normativa primaria, risulta illegittima oltre che foriera di disparità fra il trattamento del personale della Guardia di Finanza e quello riservato ad altre Forze di polizia (Cons. Stato sez. IV, 8 gennaio 2016 n. 30).
L’alto consesso di giustizia amministrativa aveva già avuto modi di chiarire che il servizio mensa può considerarsi istituito (sì da precludere ogni modalità alternativa di fornitura del dovuto vettovagliamento) solo quando la mensa stessa sia collocata e fruibile presso la stessa infrastruttura sede dell’unità di servizio del dipendente (cfr. art. 2, comma 1, della legge n. 203/1989), giacché tale modalità di prestazione (atta ad azzerare o ridurre al minimo i tempi tecnici occorrenti per lo spostamento dal luogo di servizio alla mensa) consente di garantire, nei ridotti tempi concessi dall’amministrazione per la fruizione del pasto, l’effettiva partecipazione degli aventi diritto alla mensa obbligatoria di sevizio (Cons. Stato sez. IV 8 maggio 2019 n. 2953).
Per tale ragione, la mera presenza di una mensa unificata interforze o di convenzioni esterne non fa venir meno il diritto al buono pasto, laddove non ne venga dimostrata la concreta fruibilità.
D’altra parte, qualunque ulteriore restrizione del diritto si tradurrebbe in una ingiustificata disparità di trattamento rispetto agli appartenenti alle altre Forze di Polizia, in contrasto con la ratio sottesa all’art. 3 della legge n. 203/1989, che è volta ad uniformare il trattamento di vitto gratuito tra tutte le forze di polizia.
In conclusione, secondo i giudici di palazzo Spada l’appello è da respingere salvo la parte in cui deduce l’erroneità del riconoscimento il diritto al buono pasto sostitutivo anche per il turno 7,00-13,00 in quanto non ricompreso per intero nella fascia oraria convenzionalmente riservata ai pasti ed indicata nella circolare ministeriale emanata in materia (fascia 14.00/15,00 e 20,00/21,00). In questo caso, infatti, il personale ha la possibilità di consumare il pasto presso il proprio domicilio al termine del turno, sicché, ai sensi della normativa sopra richiamata, non sorge il diritto al buono pasto.