Diritto all’indennità di ordine pubblico fuori sede per il personale della Polizia Stradale impiegato fuori dell’ordinaria sede di servizio
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Seconda), con la Sentenza n. 04561/2022, del 3 giugno 2022 ha enunciato un importante principio in relazione ai servizi di ordine pubblico svolti dal personale della Polizia Stradale al di fuori della ordinaria sede di servizio.
La vicenda giudiziaria può così riassumersi:
un gruppo di dipendenti della Polizia di Stato in servizio presso la Sottosezione autostradale della Polizia di Susa impugnava innanzi al Ta.r. per il Piemonte il provvedimento della Questura di Torino n. 864 del 4 aprile 2016, con il quale era stata respinta la loro istanza finalizzata alla percezione dell’indennità di ordine pubblico “fuori sede”, di cui all’art. 10 del d.P.R. n. 147/1999 ed all’art. 10, comma 1, del d.P.R. n. 164/2002, avendo percepito il meno favorevole trattamento per servizi della specie “in sede”, pur essendo stati comandati in servizio di ordine pubblico sin dal 2011 presso i cantieri TAV in località poste in un comune diverso dalla sede di servizio.
In tale contesto i predetti avevano dedotto, la violazione delle disposizioni normative, l’eccesso di potere per contraddittorietà, disparità di trattamento e ingiustizia manifesta, sostenendo a tale ultimo proposito che l’indennità in questione era stata, al contrario, riconosciuta per il medesimo servizio sia agli appartenenti alle Forze di Polizia ad ordinamento militare, facendo in particolare riferimento al personale dell’Arma dei Carabinieri, che al personale delle Squadre nautiche della Polizia di Stato.
Con la sentenza n. 355/2018, , il T.a.r. per il Piemonte aveva accolto il ricorso sulla base della lettera dell’art. 10, comma 2, del d.P.R. n. 147/1990, che dispone che “l’indennità compete per il servizio di ordine pubblico in località poste in comune diverso dalla ordinaria sede di servizio” e che la nota n. 333-G/2524/04 del 10 dicembre 2012 del Dipartimento della pubblica sicurezza – Direzione centrale per le risorse umane, richiamata nel diniego, “introduce una nozione – l’ambito della giurisdizione territoriale – priva di riscontro positivo nella legge, cadendo anche in contraddizione, laddove conferma che fuori sede deve intendersi il servizio reso al di fuori del comune diverso dalla sede di servizio, ma escludendo l’indennità per i comuni ricompresi nella giurisdizione territoriale, cosicché l’Amministrazione ha arbitrariamente posto una condizione (ambito giurisdizionale), quando invece la norma richiama i concetti più lineari di sede e di comune, prevedendo che l’indennità sia dovuta per i servizi resi nei comuni diversi da quelli in cui vi è la sede della stazione di appartenenza”.
Avverso tale pronuncia proponeva appello il Ministero dell’interno sostenendo che il primo giudice avrebbe errato, dal momento che, in estrema sintesi, “qualora la giurisdizione dell’ufficio di appartenenza si estenda oltre il Comune, il servizio di ordine pubblico deve intendersi in sede”, essendo per l’appunto la “’giurisdizione territoriale’ dell’Ufficio l’elemento discriminante ai fini dell’individuazione ai presenti fini della “ordinaria sede di servizio”, concetto che, nel caso di specie, non si intenderebbe riferito all’ambito territoriale del comune ove è ubicato l’Ufficio medesimo bensì alla circoscrizione del reparto.
I Giudici del Consiglio di Stato hanno respinto l’Appello del Ministero e confermato la decisione del TAR Piemonte che riconosceva il diritto rivendicato dai ricorrenti.
Secondo il Consiglio di Stato, come correttamente rilevato dal primo giudice, la questione centrale della controversia concerne “se per servizio fuori sede si debba ritenere il servizio reso in ogni comune diverso da quello in cui è posta l’ordinaria sede di servizio, ovvero, come sostenuto dall’Amministrazione, solo nei comuni che fuoriescono dalla giurisdizione” dell’Ufficio di appartenenza, nella fattispecie la Sottosezione autostradale di Susa”.
Orbene, argomenta l’alto Consesso, “ai fini del compiuto inquadramento della fattispecie giova premettere che nella circolare n. 333-G/9824.A.9.Z.1 del 25 agosto 1990, a suo tempo emanata ai fini dell’applicazione dell’art. 10 del d.P.R. n. 147/1990 – norma, peraltro, espressamente richiamata dall’art. 10 del successivo d.P.R. n. 164/2002 – che “sono da considerare ‘fuori sede’ le località ubicate in Comuni diversi dall’ordinaria sede di servizio degli interessati” e che “l’indennità giornaliera di ordine pubblico fuori sede non è cumulabile con l’indennità di marcia e con il trattamento economico di missione (…)”.
Per contro, deve convenirsi con quanto sostenuto dagli appellati, secondo cui la circolare n. 333-G/2.3.81 del 7 dicembre 2006 deve intendersi specificamente riferita al (solo) personale appartenente alla Polizia provinciale ed alla Polizia regionale posto a disposizione delle locali Questure ai fini dello svolgimento di servizi di ordine pubblico e, come tale, non appare avere portata generale.
E ciò in quanto detta circolare contempla espressamente che “per quanto attiene quindi il Comando della Polizia Provinciale o della Polizia Regionale, la giurisdizione territoriale deve intendersi rispettivamente estesa a tutta la provincia o a tutta la regione”, dal momento che laddove si fosse inteso estendere tale (restrittiva) previsione anche al personale della Polizia di Stato lo si sarebbe ragionevolmente fatto con una disposizione di carattere generale ed onnicomprensivo”.
A favore di dette considerazioni, secondo i giudici di Palazzo Spada, vi sarebbe anche l’ulteriore previsione contenuta nella nota dipartimentale n. 557/RS/01/20/6/3780 del 18 luglio 2012, che, modificando l’orientamento in un primo tempo espresso con riferimento al personale in forza alle Squadre nautiche della Polizia di Stato impiegato in servizi di ordine pubblico fuori sede di cui alla nota n. 557/RS/01/20/6/3392 del 7 maggio 2012, prevede che l’indennità in questione debba essere riconosciuta a detto personale in caso di servizio prestato in un Comune diverso dall’ordinaria sede di servizio. Inoltre, secondo il Consiglio di Stato, ove si pervenisse a conclusioni diverse, effettivamente si materializzerebbe una ingiustificata disparità di trattamento del personale interessato semplicemente perché appartenente ad una diversa specialità della medesima Amministrazione.