Il diritto al ricalcolo del TFS con l’inclusione dei sei scatti non è soggetto a decadenza

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Il diritto al ricalcolo del trattamento di fine servizio con l’inclusione dei sei scatti stipendiali non è soggetto a decadenza

La domanda per ottenere il ricalcolo del trattamento di fine servizio con l’inclusione dei sei scatti stipendiali previsti dall’art. 6 bis del d.l. n. 387/1987 e successive modificazioni, a favore del personale appartenente alla Polizia di Stato cessato volontariamente dal servizio non è sottoposta ad alcun termine perentorio.

Il principio è enunciato dal Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Prima) con la sentenza n. 00349/2025 del 4 marzo 2025 che ha accolto il ricorso presentato da un gruppo di appartenenti alla Polizia di Stato e respinto la tesi dell’INPS secondo cui i ricorrenti sarebbero decaduti dal diritto al beneficio richiesto poiché avevano presentato la domanda di collocamento a riposo oltre il 30 giugno dell’anno di maturazione delle anzianità previste dall’art. 6 bis del d.l. n. 387/1987 (55 anni di età e 35 anni di servizio utile). Secondo i giudici toscani detto termine non riveste carattere perentorio.

La sentenza è importante sotto diversi aspetti sui quali è opportuno soffermarsi.

Il tribunale, chiarisce preliminarmente la natura non impugnatoria dell’azione, precisando che l’oggetto della stessa consiste nell’accertamento del diritto al riconoscimento di sei scatti contributivi fra le voci computabili ai fini della liquidazione del trattamento di fine servizio, in materia rientrante nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. i) c.p.a. Per tale ragione viene esclusa l’applicazione delle regole che connotano il processo amministrativo di annullamento, nel quale la proposizione di un’impugnativa è ammessa solo nel caso in cui si lamenti di aver subito un pregiudizio concreto e attuale a causa di un provvedimento illegittimo.

Nel merito, il Tribunale accoglie la pretesa dei colleghi ricorrenti attraverso una ricostruzione ricognitiva della normativa applicabile, partendo dal contenuto dell’art. 6 bis del d.l. n. 387/1987 che contiene una duplice previsione:

  • ai sensi del comma 1 sono attribuiti, “ai fini del calcolo della base pensionabile e della liquidazione dell’indennità di buonuscita”, e in aggiunta a qualsiasi altro beneficio spettante, sei scatti (“del 2,50 per cento da calcolarsi sull’ultimo stipendio ivi compresi la retribuzione individuale di anzianità e i benefici stipendiali di cui agli articoli 30 e 44 l. n. 668/1986, art. 2 commi 5-6-10 e art. 3 commi 3 e 6 del presente decreto”) al personale “che cessa dal servizio per età o perché divenuto permanentemente inabile al servizio o perché deceduto”;
  • il comma 2 estende l’attribuzione dei sei scatti “al personale che chieda di essere collocato in quiescenza a condizione che abbia compiuto i 55 anni di età e 35 anni di servizio utile”, con la precisazione che “la domanda di collocamento in quiescenza deve essere prodotta entro e non oltre il 30 giugno dell’anno nel quale sono maturate entrambe le predette anzianità; per il personale che abbia già maturato i 55 anni di età e trentacinque annidi servizio utile alla data di entrata in vigore della disposizione.

In relazione alla previsione del termine, i giudici amministrativi ritengono di dover aderire al chiaro orientamento espresso in numerose pronunce del Consiglio di Stato che ne hanno escluso la natura perentoria (cfr., per tutte, Cons. Stato, sez. II, 23 marzo 2023, n. 2986 in riforma di T.A.R. Toscana, sez. I, 30 maggio 2022, n. 735).

Al riguardo, il tribunale osserva, infatti, che lo stesso non è espressamente indicato come decadenziale. Inoltre, “dal punto di vista sistematico, la norma va letta all’interno del contesto in cui è inserita e, in particolare, in relazione al disposto del successivo comma 3, che recita “I provvedimenti di collocamento a riposo del predetto personale hanno decorrenza dal 1° gennaio dell’anno successivo a quello di presentazione della domanda …”.

Ne deriva che il rispetto del termine del 30 giugno è funzionale a consentire la decorrenza del collocamento a riposo a partire dal primo gennaio dell’anno successivo, costituendo piuttosto un onere per l’interessato, che incide sulla tempistica di soddisfazione dell’aspettativa di collocamento a riposo del medesimo.

Inoltre, secondo il TAR, il rispetto del termine del 30 giugno non può essere considerato nemmeno una condizione la cui inottemperanza impedisce il collocamento a riposo a domanda (nel senso quindi di ritenere che il collocamento a riposo a domanda sia ammissibile solo se richiesto nel periodo immediatamente seguente al verificarsi delle due condizioni predette) poichè il già richiamato comma 3 lascia intendere, infatti, che il collocamento a riposo a domanda possa avvenire anche in anni successivi, dipendendo esclusivamente dalla data di presentazione dell’istanza.

Neppure può considerarsi che “la presentazione della domanda di collocamento a riposo entro il 30 giugno incida esclusivamente sull’attribuzione dei sei scatti ai fini del calcolo dell’indennità di buonuscita, dal momento che non si rinviene una ragionevole giustificazione della diversità di trattamento che sarebbe riservata a coloro che presentano la domanda di collocamento a riposo entro il 30 giugno dell’anno nel quale sono maturate entrambe le condizioni di anzianità, che si gioverebbero dell’attribuzione dei sei scatti, rispetto a coloro che la presentano nelle annualità successive (essendo quindi collocati a riposo entro il successivo primo gennaio), che non si gioverebbero di detta attribuzione. Sicché solo una norma chiara nel senso della natura decadenziale del termine potrebbe fondare una diversità di trattamento non passibile di interpretazione costituzionalmente orientata, atteso che “le leggi non si dichiarano costituzionalmente illegittime perché è possibile darne interpretazioni incostituzionali (e qualche giudice ritenga di darne), ma perché è impossibile darne interpretazioni costituzionali” (Corte cost., sentenza 22 ottobre 1996, n. 356 e ordinanza 19 giugno 2019, n. 151)” (cfr. C.G.A.R.S., n. 209/2023 cit. e Cons. Stato, sez. II, n. 2883/2023 cit.).

Quindi, conclude il tribunale, anche a ritenere (soltanto) ambigua la disposizione sul termine del 30 giugno, detta ambiguità “non consente di far discendere, dal mancato rispetto del termine di presentazione della domanda di collocamento in quiescenza di cui al citato art. 6 bis comma 2 del d.l. n. 387 del 1987, alcuna conseguenza decadenziale, la quale presuppone evidentemente la chiarezza e perspicuità dei relativi presupposti determinanti” (Cons. St. sez. III, 22 febbraio 2019, n. 1231).

Infine, il Tribunale dichiara inapplicabile la previsione di cui all’art. 4 del d.lgs. 30 aprile 1997, n. 165 che al comma 1, che al comma 2, con riferimento al personale che cessa dal servizio a domanda, pone come condizione, il preventivo pagamento della contribuzione previdenziale restante, calcolata in relazione ai limiti di età anagrafica previsti per il grado rivestito.

Ciò perché la giurisprudenza ha chiarito che la norma citata attiene esclusivamente al calcolo della base pensionabile e non anche alla attribuzione del beneficio dei sei scatti stipendiali per il calcolo del trattamento di fine servizio ex art. 6 bis, come si evince dalla lettera della disposizione (“sono attribuiti, in aggiunta alla base pensionabile […]”) e dal riferimento all’articolo 13 del d.lgs. n. 503/1992, che riguarda, appunto, il solo importo della pensione.

L’art. 4 del d.lgs. n. 165/1997 non modifica, pertanto, il regime di calcolo del trattamento di fine servizio in relazione all’attribuzione dei sei scatti di cui all’art. 6 bis del d.l. n. 387/1987 (cfr., tra le molte, Cons. Stato, sez. II, 22 novembre 2023, n. 9997).

Per le sopra esposte ragioni, ai ricorrenti viene riconosciuto il diritto ad ottenere il ricalcolo del trattamento di fine servizio con attribuzione dei sei scatti stipendiali di cui all’art. 6 bis del d.l. n. 387/1987, con conseguente condanna dell’INPS alla corresponsione della somma così determinata o della differenza che risulterà rispetto a quanto già liquidato.

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