Il diritto di accesso in caso di contenzioso in materia di assegnazione temporanea ex art. 42 bis D. Lgs. 151/2001
In relazione all’interesse ad essere assegnato temporaneamente ai sensi dell’art. 42 bis D. Lgs. 151/2001, il diritto di accesso va riconosciuto e garantito anche con riferimento ai provvedimenti di concessione di trasferimenti o di assegnazioni temporanee in uscita dall’ufficio di appartenenza nonché ai provvedimenti di concessione di trasferimenti o di assegnazioni temporanee in entrata presso le sedi esistenti nella provincia in cui è stata richiesta l’assegnazione temporanea, adottati nel periodo intercorrente tra la presentazione della richiesta di assegnazione temporanea e la comunicazione dei motivi di diniego da parte dell’Amministrazione.
Il principio è contenuto nella Sentenza n. 02051/2021 del 13 ottobre 2021 del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta), in relazione ad una vicenda che dimostra quanto sia insistente e pervicace il tentativo dell’Amministrazione di contenere e ridurre i diritti del personale anche in corso di causa, attraverso la negazione delle prerogative di accesso agli atti, con motivazioni inconsistenti e, per certi versi, pretestuose e risibili.
La vicenda di fatto concerne il ricorso presentato da un dipendente della Polizia di Stato in relazione al rigetto di una richiesta di accesso agli atti presentata a seguito di un preavviso di diniego relativo ad una istanza di assegnazione temporanea ex l’art. 42 bis D. Lgs. 151/2001.
Il ricorrente aveva richiesto di prendere visione ed estrarre copia di tutti gli atti della procedura concernente la propria domanda di assegnazione temporanea e, in ogni caso, anche della seguente documentazione:
- le piante e le tabelle organiche della Questura di Milano;
- le piante e le tabelle organiche dell’Ufficio Sanitario Provinciale della Questura di appartenenza;
- le piante e le tabelle organiche delle sedi esistenti nella sede di richiesta assegnazione temporanea;
- eventuali provvedimenti di concessione di trasferimenti o di assegnazioni temporanee in uscita dalla Questura di Milano, adottati nel periodo intercorrente tra la presentazione della richiesta assegnazione temporanea e la comunicazione dei motivi ostativi;
- eventuali provvedimenti di concessione di trasferimenti o di assegnazioni temporanee in uscita dall’Ufficio Sanitario Provinciale della Questura di appartenenza, adottati nel periodo intercorrente tra la presentazione della richiesta assegnazione temporanea e la comunicazione dei motivi ostativi;
- eventuali provvedimenti di concessione di trasferimenti o di assegnazioni temporanee in entrata presso le sedi esistenti nella provincia in cui è stata richiesta l’assegnazione temporanea, adottati nel periodo intercorrente tra la presentazione della richiesta assegnazione temporanea e la comunicazione dei motivi ostativi;
- il parere espresso dalla Direzione Centrale di Sanità sull’istanza del ricorrente;
- il parere espresso dal Questore di Milano sull’istanza del ricorrente;
- qualsiasi altro documento presupposto, connesso e/o conseguente ai suindicati atti».
Non avendo l’Amministrazione riscontrato la richiesta nei successivi trenta giorni, ed essendosi perciò formato il silenzio rigetto di cui all’art. 25 comma 4 L. 241/1990, il ricorrente impugnava il provvedimento negativo formatosi per silentium mediante lo stesso atto introduttivo del giudizio con cui chiedeva l’annullamento del diniego dell’assegnazione temporanea, e che venisse ordinata al Ministero dell’Interno l’esibizione della documentazione richiesta, sussistendo tutti i presupposti per l’esercizio del diritto d’accesso.
Successivamente, in corso di causa, la Pubblica Amministrazione convenuta comunicava al ricorrente l’accoglimento dell’accesso con riferimento ai documenti di cui ai punti 1, 2, 3, 7 e 8 dell’istanza ostensiva (piante e tabelle organiche, pareri endoprocedimentali). Veniva invece respinta la domanda con riferimento agli atti indicati ai punti 4, 5 e 6 (provvedimenti di trasferimento o assegnazione temporanea in uscita da Milano e in entrata nella sede richiesta per l’assegnazione temporanea), con la seguente motivazione: «Per ciò che concerne, invece, i punti 4,5 e 6 della stessa richiesta, si rappresenta che il ricorrente sollecita un’attività elaborativa di dati, peraltro inducendo a ritenere, per la sua formulazione, che la finalità sia quella di un controllo generalizzato […]. In sede interpretativa viene ulteriormente sottolineato che è inammissibile la domanda di accesso che non riguarda atti specifici, ma mira ad acquisire notizie che presuppongono un’attività di elaborazione dati da parte dell’Amministrazione […].
Va escluso quindi che il diritto medesimo garantisca un potere esplorativo di vigilanza da esercitare attraverso il diritto all’acquisizione conoscitiva di atti o documenti, al fine di stabilire se l’esercizio dell’attività amministrativa possa ritenersi svolto secondo i canoni di trasparenza; ciò in quanto l’interesse alla conoscenza dei documenti amministrativi è destinato alla comparazione con altri interessi rilevanti, tra cui, in primis, quello dell’Amministrazione a non subire eccessivi intralci nella propria attività gestoria, garantita anche a livello costituzionale (Consiglio di Stato, sez. III, sent. n. 2401/2017; sez. IV, sent. n. 4216/2005)».
Con ulteriore ricorso per motivi aggiunti il ricorrente impugnava in parte qua la suddetta decisione amministrativa, chiedendone l’annullamento, limitatamente al diniego di ostensione dei trasferimenti e delle assegnazioni richieste, e la condanna del Ministero all’esibizione degli atti medesimi, ritenendo che sussistessero tutti i presupposti per l’esercizio del diritto di accesso.
Il Tribunale adito, trattenuta la causa per la decisione, dopo aver preso atto dell’intervenuta ostensione dei documenti oggetto della richiesta di accesso, come indicati ai punti 1, 2, 3, 7 e 8 (piante e tabelle organiche, pareri), riteneva di accogliere la richiesta di accesso anche in relazione ai documenti indicati ai punti 4, 5 e 6 dell’istanza ostensiva, (assegnazioni e trasferimenti verso la sede richiesta e quella di servizio, disposti dall’amministrazione nel periodo compreso tra la presentazione della richiesta di assegnazione temporanea e la data di comunicazione dei motivi ostativi da parte del Ministero.
Nelle motivazioni della sentenza il Giudice amministrativo chiarisce che i presupposti per la sussistenza del diritto di accesso sono: la natura di «documento amministrativo» dell’atto richiesto; la titolarità, in capo al richiedente, di un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente a una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento richiesto; che la richiesta sia diretta a una pubblica amministrazione.
È inoltre necessario che non ricorrano cause di esclusione del diritto.
Partendo dai profili di carattere soggettivo, Secondo il Tribunale, non pare possibile revocare in dubbio la natura di pubblica amministrazione del Ministero dell’Interno, cui l’istanza ostensiva del ricorrente era rivolta. Il ricorrente è inoltre munito di interesse, nei termini individuati all’art. 22 comma 1 lettera ‘b’ L. 241/1990. La disponibilità della documentazione richiesta è infatti strumentale all’esercizio del diritto di difesa nell’ambito dell’impugnazione del diniego alla proposta istanza ex art. 42 bis D. Lgs. 151/2001.
Pertanto, pur essendo vero che, come rilevato dalla difesa erariale, il ricorso volto a conseguire l’annullamento dell’atto de quo è già stato proposto, “tuttavia ciò non esclude l’attualità dell’interesse conoscitivo del ricorrente. Invero, l’esibizione dell’ulteriore documentazione richiesta potrebbe consentire al medico di evidenziare eventuali nuovi profili di illegittimità dell’atto già gravato (che potrebbero per ipotesi essere spesi mediante ricorso ex art. 43 c.p.a.), ovvero di meglio circostanziare le censure già proposte (ad esempio l’eccesso di potere, nella figura sintomatica della disparità di trattamento); il tutto nell’ottica di una piena tutela del diritto di difesa costituzionalmente garantito (art. 24 Cost.)”.
Anche sotto il profilo dei presupposti di carattere oggettivo, il Tribunale ritiene la fondatezza della domanda del ricorrente. Invero, si legge nella sentenza, “gli atti richiesti nella domanda di accesso hanno la natura di “documenti amministrativi” ai sensi dell’art. 22 comma 1 L. 241/1990, consistendo in singoli provvedimenti di trasferimento e/o assegnazione. Non si richiede alla p.a. alcuna attività di elaborazione dati, ma solo l’esibizione di documenti già formati e necessariamente in possesso della stessa. Non si ravvisano pertanto, come invece dedotto dall’Amministrazione, violazioni dell’art. 2 comma 2 D.P.R. 184/2006, a norma del quale: «2.
Il diritto di accesso si esercita con riferimento ai documenti amministrativi materialmente esistenti al momento della richiesta e detenuti alla stessa data da una pubblica amministrazione, di cui all’articolo 22, comma 1, lettera e), della legge, nei confronti dell’autorità competente a formare l’atto conclusivo o a detenerlo stabilmente. La pubblica amministrazione non è tenuta ad elaborare dati in suo possesso al fine di soddisfare le richieste di accesso».
Secondo il Tribunale, contrariamente a quanto sul punto dedotto dall’Avvocatura dello Stato, la richiesta ha un oggetto specifico e determinato, e non presenta natura vaga né meramente esplorativa. Per ovvie ragioni, infatti, il ricorrente non è a conoscenza degli estremi dei singoli atti, e non avrebbe potuto dunque individuarli in tali termini nella propria istanza. Inoltre, l’oggetto della richiesta ostensiva risulta delimitato sotto il profilo contenutistico (trasferimenti e assegnazioni verso la sede richiesta e da quella di appartenenza) e temporale (dalla data della domanda di assegnazione del ricorrente, a quella del preavviso di diniego adottato dalla p.a.), senza lasciare spazio a incertezze di sorta.
In tal senso i Giudici del TAR giudicano “inaccoglibile l’eccezione secondo la quale l’istanza di accesso avrebbe un carattere meramente esplorativo; difatti, secondo la consolidata giurisprudenza, l’onere di specificazione dei documenti per i quali si esercita il diritto di accesso non impone l’individuazione degli esatti estremi identificativi di essi, potendo detto onere essere comunque assolto mercé il richiamo all’oggetto dell’atto e allo scopo perseguito; nel caso che ci occupa, l’istanza di accesso ha avuto cura di precisare sia il tipo di documentazione, sia il periodo temporale di riferimento, così che non si vede come essa possa ritenersi preordinata ad un controllo generalizzato dell’operato dell’amministrazione”” (TAR Lombardia, I, 5 settembre 2013, ordinanza n. 2105). invero, se il ricorrente volesse provare che v’è una condizione di eccesso di potere (anche per disparità di trattamento) che connota negativamente l’operato dell’Amministrazione ed il diniego da questa opposto alla propria aspirazione non ha altra via che quella di conoscere (almeno) i recenti movimenti di personale disposti dall’Amministrazione, in relazione alle specifiche causali, pena la proposizione di un forse inutile ricorso al buio, ovvero subire la determinazione dell’Amministrazione rinunciando a difendersi.
Inoltre, osserva il Tribunale, tutte le problematiche di tutela della riservatezza dei terzi, sono agevolmente risolvibili mercé eventuale mascheramento dei nomi dei soggetti interessati dai trasferimenti» (Consiglio di Stato, IV, 8 febbraio 2016, n. 489).
Non sussistono, infine, elementi ostativi all’accesso, ai sensi dell’art. 24 L. 241/1990. Invero, gli atti richiesti non sono coperti da segreto di Stato, non hanno natura tributaria né si tratta di documenti diretti all’adozione di atti normativi, generali, pianificatori o di programmazione; non afferiscono a procedure concorsuali.