Indennità giudiziaria: non compete al personale delle forze di polizia che presta servizio presso uffici giudiziari in qualità di addetto alla segreteria o cancelleria. Così ha stabilito il Consiglio di Stato, il quale ha avuto modo di precisare come la legge n. 221/88 intende indennizzare soltanto il personale amministrativo delle cancellerie e segreterie giudiziarie nonché quello che assicuri, in concreto, tale funzione, indipendentemente dalla sua appartenenza all’Amministrazione giudiziaria, ma che si trovi in posizione di comando, distacco, fuori ruolo o assegnazione.
Cons. Stato, sez. IV, sent. nr. 304/08 del 13 novembre 2007 – dep. 4/02/2008
N.304/2008
Reg. Dec.
N. 6078 Reg. Ric.
Anno 2002
R E P U B B L I C A I T A L I A N A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente
D E C I S I O N E
sul ricorso in appello n. 6078 del 2002, proposto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente in carica, e dal Ministero della Giustizia, della Difesa, dell’Interno, dell’Economia e Finanze, in persona dei rispettivi Ministri pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato e presso la medesima domiciliato per legge, in Roma, via dei Portoghesi, 12;
C O N T R O
P.P. + altri, rappresentati e difesi dall’avv. ………, presso il cui studio sono elettivamente domiciliati in Roma, alla via ……….;
PER L’ANNULLAMENTO
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, sez.I, n.4474 del 17 maggio 2002, resa “inter partes” ;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dei soggetti appellati;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore alla pubblica udienza del 13 novembre 2007, il Consigliere Vito Carella;
Uditi l’avv.to …….. e l’Avvocato dello Stato Tortora;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
FATTO
Con l’atto introduttivo i ricorrenti originari – nella loro posizione di appartenenti o appartenuti all’Arma dei Carabinieri, alla Polizia di Stato, alla Guardia di Finanza e alla Polizia Penitenziaria – hanno evocato in giudizio le Amministrazioni segnate in epigrafe per l’accertamento del loro diritto a percepire l’indennità giudiziaria di cui all’art. 2, comma 1, della legge 22 giugno 1988, n. 221, la cui richiesta era rimasta inevasa in sede amministrativa, deducendo di svolgere o di avere svolto mansioni presso le Segreterie e le Cancellerie di Uffici Giudiziari.
Il Tribunale Amministrativo Regionale adito, ha accolto nei limiti di cui in motivazione il ricorso proposto dagli interessati, rilevando che:
a.– requisito necessario e sufficiente è l’esistenza di un rapporto di servizio effettivo presso le amministrazioni cui è demandato l’esercizio della funzione giurisdizionale;
b. – non è attività utile quella svolta presso le Sezioni di Polizia Giudiziaria, perché istituzionale;
c. – non essendo specificato nel ricorso se gli istanti hanno svolto o meno attività di Polizia Giudiziaria, l’Amministrazione dovrà corrispondere l’emolumento richiesto, comprensivo di interessi e rivalutazione, salvi i ratei eventualmente prescritti, solamente ove i ricorrenti abbiano svolto attività diversa da quella di Polizia Giudiziaria.
Con l’appello in esame, le amministrazioni statali intimate hanno chiesto che il ricorso di primo grado sia respinto, deducendo che:
1.– il TAR ha accolto il ricorso senza attivare alcuna attività istruttoria, anzi gravando l’amministrazione dei conseguenti accertamenti, quando i ricorrenti non hanno fornito alcun elemento utile alla comprensione delle mansioni svolte, nell’assenza di apposite certificazioni attestanti il tipo di attività concretamente assolta e in mancanza di ogni onere probatorio, delibando senza avere accertato se ai ricorrenti effettivamente spetti l’indennità giudiziaria;
2.– sussiste divieto di cumulo di questa indennità con analoghi trattamenti accessori erogati al personale dell’Amministrazione di appartenenza.
Gli appellati si sono costituiti in giudizio e con la memoria del 21.8.2002 hanno eccepito difetto di legittimazione in capo ai ministeri della Difesa, dell’Interno, dell’Economia e Finanze, non essendo stati parte nel giudizio in primo grado; hanno contrastato la dedotta mancata prova, in virtù del fatto già notorio all’Amministrazione e in relazione al principio di economia processuale applicato dal TAR; hanno inoltre opposto che controparte non ha contestato in primo grado il mancato espletamento delle mansioni indicate nel ricorso; hanno infine controdedotto nel merito.
In vista dell’odierna udienza, con deposito del 12.10.2007, la difesa appellata ha prodotto autodichiarazioni relative a taluni ricorrenti originari, riservando di produrre gli originali e le ulteriori dichiarazioni pertinenti agli altri appellati ovvero, in alternativa, richiedendo acquisizione o produzione istruttoria dei relativi attestati di servizio; in particolare, con la memoria in pari data, nell’illustrare ulteriormente le difese, ha contestato il capo della sentenza nella parte in cui è stato fatto riferimento alla prescrizione, non eccepita.
L’avvocatura statale ha depositato memoria il 24.10.2007 che pone in evidenza come soltanto taluni degli appellati abbiano svolto attività propria del personale amministrativo (Segreteria particolare e segreteria del PM), ma come emerge dalla relazione della Procura di Roma, in attività di supporto, oltre alle attività proprie di istituto.
All’udienza del 13 novembre 2007 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. – La questione di diritto sottesa al gravame in trattazione consiste nello stabilire se agli appellati, militari che hanno prestato servizio presso uffici giudiziari e in asserita qualità di addetti alle segreterie ed alle cancellerie, competa l’indennità giudiziaria prevista dalla legge 22 giugno 1988, n.221.
La Sezione si è già pronunciata sulle questioni controverse tra le parti, con una consolidata giurisprudenza dalla quale non vi è ragione per discostarsi e alla quale si rinvia, ai sensi dell’art.9 della legge 21 luglio 2000, n.205.
2. – Preliminarmente, occorre prendere in esame l’eccezione sollevata da parte resistente, la quale sostiene che le Amministrazioni coappellanti (Ministeri della Difesa, dell’Interno, dell’Economia e Finanze) non sarebbero legittimate perché non parti nel giudizio di primo grado.
L’eccezione è inconsistente alla stregua di specifico precedente (Cons.St, IV, 15 settembre 2003, n.5145) e va perciò disattesa.
E’ stato osservato che in tema di legittimazione nei giudizi in cui siano parti più Amministrazioni dello Stato, pur essendo indubbia l’unicità del soggetto al quale l’azione si riferisce, la dottrina e la giurisprudenza distinguono, com’è noto, vari settori e sfere di azione, con rispettive competenze che danno luogo a distinti centri di interesse, sicchè la legittimazione a stare in giudizio spetta agli organi delle Amministrazioni di volta in volta istituzionalmente preposte a svolgere la singola attività di cui trattasi (Cons. St., Sez. IV, n. 1995 del 6.4.2000), e solo l’Amministrazione statale che sia del tutto estranea alla sfera di interessi che costituiscono oggetto della specifica controversia non possiede legittimazione all’appello.
Tale ultima ipotesi non si verifica, tuttavia, nel caso in esame, in cui le suddette Amministrazioni non possono ritenersi prive di interesse in ordine alla controversia instaurata, la quale, anche se ha per oggetto il pagamento di una indennità, presenta profili rispetto ai quali le stesse non possono certo considerarsi estranee: infatti, in quanto Amministrazione alla quale il dipendente apparteneva o appartiene, essa resta non estranea alla questione, non solo per gli aspetti di carattere retributivo che potrebbero scaturire dalla decisione, ma anche per l’interesse acchè il personale comandato non venga distolto dai compiti assegnatogli.
Non va invero trascurato che nel vigente ordinamento, l’imputazione degli interessi agli organi della pubblica amministrazione avviene attraverso l’attribuzione di concreti poteri, idonei a consentirne la cura, anche mercé l’attivazione degli strumenti di tutela in via d’azione e per la difesa della propria sfera di competenza (Cons. St., Sez. IV, n. 3536 del 22.6.2000).
Validamente, quindi, tali Amministrazioni coppellanti sono presenti in giudizio.
3. – Ancora in linea preliminare si deve osservare che il ricorso collettivo-cumulativo è ammissibile quando non involga i presupposti di fatto dei provvedimenti e l’identità della pretesa rivolta al giudice, ad evitare la confusione che può derivare dall’affastellamento in un solo giudizio di causali del tutto diverse (Cons.St., IV, 20 aprile 1982 n.247 e 24 marzo 1981, n. 275).
E’, dunque, inammissibile il ricorso collettivo che nulla dica in ordine alle condizioni legittimanti e d’interesse di ciascuno dei ricorrenti, impedendo sia all’Amministrazione emanante sia al Giudice di controllare la concreta e individuale pretesa vantata dai singoli (Cons.St., V, 23 gennaio 2004; VI, 11 settembre 2002, n.4606).
Nella specie, come risulta dalle autodichirazioni depositate relativamente a taluni appellati, emergono profili differenziati di mansioni che implicano separate valutazioni e delibazioni in ordine alle singole assegnazioni (di segreteria e collaborazione alle cancellerie dei PM, segreteria particolare, responsabile o addetto all’ufficio PS o Nucleo Carabinieri dei Tribunali, Nucleo scorte, Traduzioni e assistenza aula, genericamente addetto al Tribunale, vigilanza, anticamera, aliquote Sezioni di Polizia Giudiziaria e quant’altro di similare).
Tali dichiarazioni sostitutive non possono assumere valore probatorio, neanche indiziario ai fini del processo, caratterizzato dal principio dell’onere della prova, atteso che la parte non può derivare da proprie dichiarazioni elementi di prova a proprio favore, come pure tale onere non può essere soddisfatto tramite l’ invocato esercizio dei poteri istruttori da parte del giudice, che è discrezionale ma non sostitutivo dell’onere probatorio incombente alla parte e che non può risolversi in una esenzione dall’onere stesso (Cass. Civ.: Sez. Lav., 4 novembre 2003, n. 16547; I, 7 novembre 2003, n. 16713).
Deve, infatti, rilevarsi che la legge n.221 del 1988 intende indennizzare soltanto il personale amministrativo delle cancellerie e segreterie giudiziarie e quello che assicuri in concreto l’indicata funzione, indipendentemente dalla sua appartenenza all’Amministrazione giudiziaria, ma in posizione di comando, distacco, fuori ruolo o assegnazione, le quali sono condizioni di stato che la parte appellata conosce e che non può certo dire di essere impossibilitata a fornire la prova.
Di conseguenza, in assenza di un espresso provvedimento costitutivo adottato dall’ente al quale il personale sia legato dal rapporto di impiego, in una delle suindicate forme amministrative (collocamento fuori ruolo, comando, distacco o assegnazione), non si instaura quel rapporto di servizio con l’ufficio di destinazione che costituisce l’ineludibile presupposto per l’erogazione dell’indennità (Cons.St., IV, 14 febbraio 2005, n.417).
4.– Ciò premesso, non è proprio il caso di riandare su scopo e finalità di questa legislazione speciale e, così, ripetere condizioni e limiti per l’attribuzione di questa indennità, sul cui fondamento logico e giuridico questa Sezione ha portato da tempo e in varie occasioni la propria interpretazione (indicativamente, 21 giugno 2007 n. 3404 – 30 dicembre 2003 n. 9169 – 5 luglio 2000, n. 3738: e ivi richiami a ulteriori precedenti giurisprudenziali).
In virtù del predetto orientamento giurisprudenziale, stabilizzato nel senso che la norma si applica in modo tassativo e non in via analogica, soltanto al personale espressamente previsto purchè in servizio presso le amministrazioni contemplate, se per lo svolgimento di attività burocratico-amministrative a supporto degli uffici, va ricordato che questa indennità non spetta:
– a soggetti comandati a svolgere mansioni di centralinista (IV, 21 giugno 2007 n. 3404);
– quando i compiti caratteristici consistono in mansioni ausiliarie di anticamera, sorveglianza, spostamento fascicoli (IV, 7 febbraio 2001, n.500) o similari (recapito e ritiro corrispondenza);
– al personale delle Forze dell’ordine (o del Corpo dei Vigili Urbani) distaccato presso le Sezioni di polizia giudiziaria (IV, 12 gennaio 2005, n.44; 18 ottobre 2002, n.5759; 28 agosto 2001, n. 4561);
– per l’assolvimento delle mansioni di autista (IV, 15 settembre 2003, n. 5145) o di custodia (IV, 17 ottobre 2000, n.5513);
– in ordine a prestazioni collaterali e ulteriori all’attività istituzionale o difformi dal modello ordinamentale oppure di preposizione in via di fatto a cancellerie e segreterie giudiziarie (cfr. IV, 14 settembre 2004, n.5916).
In sintesi, l’emolumento non compete per tutte le prestazioni non assimilabili alle funzioni tipiche e a valenza esclusivamente amministrativa di supporto all’attività degli uffici giudiziari (quali assistenza al PM o collaboratore di cancelleria, oppure addetto alla Segreteria particolare, o genericamente di addetto al Tribunale) ovvero quando le mansioni assolte sono ricomprese nelle funzioni istituzionalmente attribuite (per esempio, Polizia Giudiziaria, Nuclei Tribunali o Reparti servizi magistratura, Nucleo Scorte o Traduzioni, di vigilanza e di assistenza aule).
Ne segue nel caso in esame che gli appellati, in relazione al loro status di servizio dichiarato e con riguardo al contenuto delle mansioni con le autodichiarazioni enunciate (per quanto concerne i depositi effettuati), non vantano il presupposto soggettivo ed oggettivo cui la legge ricollega la corresponsione dell’indennità e, dunque, ad essi non spetta l’erogazione del beneficio economico in controversia, in difetto di prova circa la formale assegnazione e in ordine all’esclusività di effettive prestazioni amministrative presso le cancellerie e segreterie giudiziarie.
Per l’effetto, tale conclusione assorbe, essendo il ricorso originario in radice infondato, le questioni della non cumulabilità dell’indennità e della sua abrogazione ovvero della prescrizione applicata dal TAR.
5.– Alla stregua delle considerazioni che precedono l’appello va perciò accolto e, in riforma della sentenza gravata, il ricorso di primo grado va respinto.
Sussistono i giusti motivi, in ragione della natura della controversia, per compensare integralmente fra le parti le spese e gli onorari dei due gradi di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) accoglie l’appello in epigrafe e, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di primo grado.
Compensa tra le parti le spese e gli onorari dei due gradi di giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio tenutasi il giorno 13 novembre 2007, presso la sede del Consiglio di Stato, Palazzo Spada, con l’intervento dei signori:
Giovanni Vacirca – Presidente
Luigi Maruotti – Consigliere
Pier Luigi Lodi – Consigliere
Sergio De Felice – Consigliere
Vito Carella – Consigliere,rel-est.
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
Vito Carella Giovanni Vacirca
IL SEGRETARIO
Rosario Giorgio Carnabuci
Depositata in Segreteria
Il 04/02/2008
(Art. 55, L. 27.4.1982, n. 186)
Il Dirigente
Dott. Giuseppe Testa
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N.R.G. 6078/2002