Infermità per causa di servizio e relativo beneficio stipendiale

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Ultimo aggiornamento 16/02/2024

Infermità per causa di servizio e relativo beneficio stipendiale – Sentenza della Corte Costituzionale

Con la sentenza n. 13 del 9 febbraio 2024 la Consulta è stata chiamata a giudicare della legittimità costituzionale delle disposizioni che regolano l’attribuzione del beneficio che spetta al personale delle forze di polizia e delle forze armate in esito al riconoscimento della dipendenza da causa di servizio di infermità contratte dal dipendente.

La questione, eccepita dal TAR Campania, ha riguardato l’art. 1801 del Codice dell’ordinamento militare (D. Lgs. 66/2010) secondo cui “Al personale dell’Esercito italiano, della Marina militare e dell’Aeronautica militare che, in costanza di rapporto di impiego, ha ottenuto il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio per infermità ascrivibile a una delle categorie indicate nella tabella A allegata al decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre 1978, n. 915, compete una sola volta, nel valore massimo, un beneficio stipendiale, non riassorbibile e non rivalutabile, pari al:

a) 2,50 per cento dello stipendio per infermità dalla I alla VI categoria;

b) 1,25 per cento dello stipendio per infermità dalla VII alla VIII categoria.”

Si tratta di un beneficio che l’art. 2159 del medesimo testo normativo estende anche al personale delle forze di polizia a ordinamento civile e militare.

In particolare, il rimettente accogliendo le ragioni proposte dal ricorrente, ha ritenuto l’irragionevolezza – e dunque il contrasto con l’art. 3 Cost. – di siffatta previsione che porrebbe a carico del lavoratore le conseguenze pregiudizievoli dell’eccessiva durata del procedimento amministrativo, così da escludere che egli possa godere del beneficio economico di sua spettanza per cause indipendenti dalla sua volontà; la suddetta condizione sarebbe per il rimettente, ancor più irragionevole poiché gli accertamenti volti a stabilire la natura dell’infermità e la sua dipendenza da causa di servizio sarebbero sempre più lunghi di quelli necessari al collocamento in congedo.

Inoltre, la previsione in esame recherebbe un vulnus all’art. 97 Cost., potendo indurre la pubblica amministrazione a ritardare il riconoscimento della dipendenza dell’infermità da causa di servizio per evitare l’onere economico conseguente, e all’art. 32 Cost., potendo spingere il lavoratore a rinviare la richiesta di congedo fino all’ottenimento del beneficio economico in discussione.

L’irragionevolezza riguarda, dunque, la parte in cui la norma subordina l’attribuzione del beneficio al fatto che il riconoscimento dell’infermità avviene in costanza di rapporto di impiego, perché ciò determina conseguenze pregiudizievoli a carico del lavoratore indipendenti dalla sua volontà e derivanti dalla durata del procedimento amministrativo per il riconoscimento dell’infermità.

La Corte costituzionale ha condiviso l’impostazione del giudice a quo, ritenendo violato l’articolo 3 della Costituzione.

Al riguardo, premettendo che “elementi costitutivi del diritto sono, quindi, l’infermità, che deve rientrare in una fattispecie tra quelle specificamente individuate dalla norma, e la sua derivazione da causa di servizio” il Giudice delle leggi conclude che “l’ulteriore condizione richiesta dall’art. 1801 cod. ord. mil., ovvero che il riconoscimento dell’infermità avvenga in costanza di rapporto di impiego, aggiunge un elemento estraneo e distonico rispetto alla ratio dell’attribuzione patrimoniale, che trova fondamento nel principio generale della compensazione dell’infermità … e può comportare l’irragionevole conseguenza di negare il diritto a colui che ha maturato i presupposti costitutivo di esso sulla base di un fattore, la durata del procedimento amministrativo, che sfugge alla sua sfera di controllo e che non attiene alle ragioni costitutive del diritto stesso”.

In definitiva, alla stregua delle coordinate interpretative tracciate dalla Consulta, per ottenere il riconoscimento del beneficio in narrativa è sufficiente che l’interessato proponga la domanda mentre ancora è in servizio attivo, indifferente essendo che il relativo procedimento teso ad accertare la sussistenza dei presupposti per la concessione si concluda dopo la cessazione dal servizio attivo.

È ovvio che gli effetti della decisione della Corte costituzionale in commento debbano valere anche per il personale della Polizia di Stato, atteso che l’applicazione estensiva prevista dall’art. 2159 D. Lgs. 66/2010 non può che essere inteso con riferimento al contenuto “attuale” dell’art. 1801 del medesimo testo normativo, e cioè quello risultante dalla lettura operata dalla Consulta.

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