La Corte europea dei diritti dell’uomo respinge ricorso contro Green pass

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Ultimo aggiornamento 25/10/2021

La Corte europea dei diritti dell’uomo, con decisione assunta all’unanimità il 7 ottobre 2021, ha dichiarato irricevibile il ricorso contro il green pass avanzato da un docente francese che ha attivato un’azione collettiva davanti ai giudici europei per sostenere l’illegittimità del lasciapassare sanitario istituito in Francia nell’ambito dell’emergenza epidemiologica da Covid.

Sono diversi i motivi che hanno portato alla declaratoria di inammissibilità del ricorso:

in primo luogo, il non esaurimento delle vie di ricorso interne, atteso che l’interessato non aveva impugnato precedentemente presso il giudice amministrativo competente sulla conformità della Legge francese agli articoli della Convenzione;

in secondo luogo, la Corte di Strasburgo ha rilevato il carattere abusivo dell’azione rispetto alle disposizioni in tema di condizioni di ammissibilità contenute nella Convenzione.

L’approccio del ricorrente, infatti, si era mostrato manifestamente contrario alla finalità del diritto di ricorso individuale, mirando deliberatamente a minare il meccanismo della Convenzione e il funzionamento della Corte medesima.

Lo stesso aveva posto in essere una “strategia giudiziaria” consistente nella presentazione di quasi 18mila domande standardizzate che non soddisfacevano, tuttavia, tutte le condizioni previste per quel che concerne il contenuto della domanda individuale, nonostante fosse stato concesso del tempo per sanare i requisiti di legge.

Nella decisione, la Corte ha inoltre evidenziato che, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, le norme introduttive di green pass non prevedono alcun obbligo generale di vaccino.
Non era dimostrata, pertanto, l’esistenza di una costrizione su di lui esercitata come persona che non desidera essere vaccinata.

Rispetto alla lamentata condizione di vittima ai sensi dell’articolo 8 della Convenzione, a seguire, lo stesso non aveva fornito informazioni sulla sua situazione personale, né dettagli per spiegare come la legislazione impugnata rischiasse di incidere direttamente sul suo diritto individuale al rispetto di la sua vita privata.

Tale mancanza di elementi, secondo la Corte, non avrebbe potuto essere spiegata, tra l’altro, dal mancato rispetto dell’obbligo di esaurimento delle vie di ricorso interne, condizione di ammissibilità strettamente connessa alla questione dello status di vittima, in particolare per quanto riguarda una misura generale come una legge.

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