La libertà di pubblicare scritti e manifestare pubblicamente il proprio pensiero non può essere censurata disciplinarmente

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È illegittima la sanzione disciplinare inflitta all’appartenente alle forze dell’ordine quando il comportamento censurato è riconducibile all’esercizio del diritto di libera manifestazione del pensiero assistita da garanzia costituzionale.

Il principio è stato affermato dal Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli-Venezia Giulia (Sezione Prima) con la Sentenza n. 00234/2022 del 19 maggio 2022

La decisione dei Tribunale riguarda la richiesta di annullamento della sanzione disciplinare inflitta a un militare dell’Arma dei Carabinieri, per avere pubblicato su un “gruppo privato” del social network “Facebook”, un post che esortava i rappresentanti dell’opposizione del consiglio comunale in cui risiedeva a affinché: “uniscano i loro talenti e condividano il lavoro, così che ogni provvedimento della maggioranza trovi chi lo scandagli alla luce di una specifica competenza”. In tale senso, lamentava essere questa “cosa che l’opposizione attuale non sa fare…sa solo criticare…non sa creare qualcosa da proporre…quindi è un’opposizione inutile e soprattutto non costruttiva per il bene del paese”.
A cagione di quanto postato, i Consiglieri Comunali di opposizione inoltravano ai superiori del militare una lettera di doglianze e puntualmente questi irrogavano una sanzione disciplinare rilevandola in base all’art. 732 del Codice dell’ordinamento militare <Contegno del militare>, d.P.R. 15 marzo 2010, n. 90, in relazione all’art. 423 del Regolamento generale dell’Arma dei Carabinieri” con la seguente motivazione: “denotando minor contegno ed imparzialità della vita privata, in data 8 febbraio 2021, pubblicava tramite il proprio profilo Facebook un post di critica nei confronti dell’operato dei Consiglieri di minoranza”.

Contro tale provvedimento e contro quello con cui veniva respinto il ricorso gerarchico proposto avverso lo stesso, l’interessato proponeva ricorso al TAR eccependo la violazione delle garanzie fondamentali di cui all’art. 21 della Costituzione della Repubblica, eccesso di potere per travisamento dei fatti e violazione dei canoni di proporzionalità.

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Il ricorso veniva accolto dal Tribunale che annullava il provvedimento disciplinare ritenendo che la sanzione “assumesse a proprio presupposto fondante unicamente la conclusiva critica espressa dal medesimo nel proprio post nei confronti dell’operato della minoranza consiliare, decontestualizzandola, tuttavia, dalla complessiva opinione espressa dal medesimo e traendone, irragionevolmente, un negativo apprezzamento in termini di “minor contegno ed imparzialità della vita privata”, che, peraltro, non pare nemmeno propriamente riconducibile alle fattispecie contemplate nelle norme di cui il Comando dei Carabinieri ha assunto la violazione”.

Infatti, affermano i giudici del Tribunale, “sono soggetti a sanzione, a mente del Regolamento di disciplina militare, i comportamenti che obiettivamente portino a valutazioni negative sulla sua rettitudine, ne condizionino l’esercizio delle funzioni o risultino lesivi del prestigio personale o dell’Istituzione” e che, con tutta evidenza, l’opinione espressa dal ricorrente non presenta assolutamente caratteri lesivi del prestigio delle Forze armate o non confacenti alla dignità e al decoro, né contravviene, in altro modo, ai principi comportamentali della serietà e del decoro che devono informare anche nella vita privata la condotta del militare, ed è tale, nel suo obiettivo dispiegarsi, da non poter ragionevolmente portare a valutazioni negative sulla sua rettitudine” o da condizionarne “l’esercizio delle funzioni” o, comunque, da risultare “lesiva del prestigio personale o dell’Istituzione” – s’appalesa dirimente la considerazione che il medesimo ha semplicemente espresso una propria considerazione di critica costruttiva nei confronti dell’operato della minoranza consiliare, peraltro per nulla offensiva”.

Pertanto, conclude il Tribunale, l’esternazione del ricorrente (peraltro rivolta genericamente all’opposizione e non a una o più persone determinate), se correttamente letta ed apprezzata nella sua interezza, sfugge, anche per un militare, a censure di sorta, in quanto, oltre a non travalicare i limiti della continenza, a non recare assolutamente i caratteri della propaganda politica e non essere connotata in maniera tale da portare anche solo a dubitare della sua imparzialità, s’appalesa anche scevra da portata offensiva e deve essere considerata nulla di più che una libera manifestazione del pensiero, critica, ma pur sempre espressione della fondamentale libertà di manifestazione del pensiero che è consacrata sia nel testo costituzionale (art. 21, comma 1, a mente del quale “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”) sia nella disciplina euro-unitaria (art. 11, comma 1, della Carta diritti fondamentali UE, secondo cui “Ogni persona ha diritto alla libertà di espressione. Tale diritto include la libertà di opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza limiti di frontiera”) sia, infine, in quella europea (art. 10, comma 1, della Convenzione EDU, a mente del quale “Ogni persona ha diritto alla libertà d’espressione. Tale diritto include la libertà d’opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza limiti di frontiera”).

Sicché, pur nella consapevolezza che spetta all’Amministrazione, in sede di formazione del provvedimento sanzionatorio, stabilire il rapporto tra l’infrazione e il fatto, il quale assume rilevanza disciplinare in base ad un apprezzamento di larga discrezionalità” (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 29 marzo 2021, n. 2629), il TAR, nella circostanza, non poteva assolutamente omettere di rilevare il travisamento fattuale che è all’origine del provvedimento sanzionatorio gravato e, ancor prima, della ritenuta rilevanza disciplinare attribuita all’opinione espressa dal ricorrente tramite il post pubblicato su facebook e, per converso, la illegittimità della sanzione disciplinare inflitta essendo il comportamento censurato riconducibile all’esercizio del diritto di libera manifestazione del pensiero.

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