“Il diritto soggettivo individuale al lavoro ed alla conseguente retribuzione è sì meritevole di protezione, ma solo fino all’estremo limite in cui la sua tutela non sia suscettibile di arrecare un pregiudizio all’interesse generale (nella specie, la salute pubblica), di fronte al quale è destinato inesorabilmente a soccombere, sicché, ove il singolo intenda consapevolmente tenere comportamenti potenzialmente dannosi per la collettività, violando una disposizione di legge che quell’interesse miri specificamente a proteggere, deve sopportarne le inevitabili conseguenze”.
Il Principio di diritto è stato enunciato dal Tribunale di Catanzaro Sez. I civile in funzione di giudice del lavoro, il 17 dicembre 2021 nel procedimento n. 1637-1/2021RG azionato dal ricorso proposto da una infermiera no vax che ha invocato la tutela cautelare urgente avverso le la determinazione con cui il datore pubblico l’ha sospesa dal servizio e dalla retribuzione, fino al 31 dicembre 2021 o fino all’assolvimento dell’obbligo vaccinale, in conseguenza del suo rifiuto di sopporti alla profilassi vaccinale per contenere il rischio di diffusione dell’epidemia da SARS-CoV-2.
Il Tribunale ha rigettato la domanda osservando in diritto l’inapplicabilità dell’art. 700 c.p.c., attesa l’inesistenza di un “fondato motivo di temere che, durante il tempo occorrente per far valere il suo diritto in via ordinaria, questo sia minacciato da un pregiudizio imminente e irreparabile”.
Inoltre, soggiunge il Tribunale, “”nel processo del lavoro, il ricorso allo strumento previsto dall’art. 700 c.p.c. è consentito solo in via eccezionale rispetto al rito ordinario e solo nel caso in cui il trascorrere del tempo fino alla decisione del giudizio di merito possa cagionare un danno grave, irreparabile ed incombente con vicina probabilità, esigendo il requisito dcl periculum in mora allegazioni concrete e puntuali da parte del ricorrente, che diano conto del duplice profilo della irreparabilità e della imminenza voluto dalla norma”.
Pertanto, ritiene il giudice che, nel caso concreto, la tutela di urgenza non possa essere accordata all’istante per difetto del periculum in mora e, segnatamente, per la inadeguata specificazione degli elementi integranti detto requisito.
Per il Tribunale risulta altresì insussistente la prospettata questione di legittimità costituzionale anche alla luce della Giurisprudenza del Cons. Stato (n. 7045/2021).
Al riguardo, si legge nella motivazione del provvedimento, “”quel che la ricorrente apertamente non dice è che essa non intende affatto assumere detto vaccino, né ora, né mai, quantunque non ricorra nei suoi confronti — non avendo dedotto, ancor prima che documentato, un pericolo per la sua salute – alcuna controindicazione ostativa alla somministrazione dello stesso. La principale argomentazione attorea è che il diritto soggettivo al lavoro ed alla conseguente retribuzione è intangibile ed indisponibile, sicché una legge che le impedisse lo svolgimento della prestazione lavorativa sarebbe, per ciò solo, contraria ai principi costituzionali. Così argomentando, tuttavia, l’istante volutamente trascura di considerare che vi è una pandemia in atto e che il legislatore si è preoccupato di adottare una serie di misure, anche extra ordinem, a tutela della popolazione per il contenimento del contagio da covid-19, tra cui rientra la disciplina in questione, relativa agli obblighi cui sono assoggettati gli esercenti le professioni sanitarie, che l’istante sospetta di incostituzionalità. E’ evidente che il diritto soggettivo individuale al lavoro ed alla conseguente retribuzione è sì meritevole di protezione, ma solo fino all’estremo limite in cui la sua tutela non sia suscettibile di arrecare un pregiudizio all’interesse generale (nella specie, la salute pubblica), di fronte al quale è destinato inesorabilmente a soccombere, sicché, ove il singolo intenda consapevolmente tenere comportamenti potenzialmente dannosi per la collettività, violando una disposizione di legge che que11’interesse miri specificamente a proteggere, deve sopportarne le inevitabili conseguenze””.
Il Tribunale conclude affermando che in difetto di ragioni ostative indicate dalla legge come deroghe all’obbligo di somministrazione del vaccino, non possono rilevare le visioni personali ed egoistiche del singolo non giustificate sul piano scientifico, né la paura indotta da eventuali complicazioni riconducibili alla sua assunzione: ciò, tanto più allorché il soggetto che rifiuti di sottoporsi all’obbligo vaccinale è un esercente la professione sanitaria all’interno di una pubblica struttura ospedaliera, dove è maggiore il rischio di favorire la diffusione del contagio in forza del contatto quotidiano con gli utenti del servizio sanitario nazionale. Nella specie, poi, la ricorrente presta servizio presso il reparto di pediatria, entrando in contatto quotidianamente con bambini, allo stato, non soggetti a copertura vaccinale, con quale possibile pericoloso scenario di diffusione del contagio è facile intuire.
Relativamente alla paventata incostituzionalità dell’art. 4 D. L. n. 44/2021, convertito in L. n. 76/2021, istitutivo per il personale sanitario dell’obbligo vaccinale antiSARS-CoV-2, il Tribunale osserva che – una recente sentenza del Consiglio di Stato (n. 7045 del 20.10.2021), richiamando la giurisprudenza costituzionale formatasi sul punto, ha affermato la piena legittimità de11’obbligo vaccinale sancito da1 citato art. 4 L. n. 76/21.
Tale pronuncia ha effettuato un bilanciamento di valori tra le ragioni del personale sanitario che rifiuta la vaccinazione e l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale, di cui all’art. 2 Cost., statuendo che, secondo la Corte Costituzionale (cfr. sentenze n. 5 del 18.01.2018 e n. 258 de1 23.06.1994), la legge impositiva di un trattamento sanitario non è incompatibile con l’art. 32 Cost., allorché:
- il trattamento sia diretto non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri;
- si preveda che esso non incida negativamente sullo stato di salute di colui che è obbligato, salvo che per quelle sole conseguenze che appaiano normali e, pertanto, tollerabili;
- si preveda, comunque, nell’ipotesi di danno ulteriore, la corresponsione di una equa indennità in favore del danneggiato, a prescindere dalla parallela tutela risarcitori.