Lo sciopero della fame non giustifica il differimento della pena per motivi di salute

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Ultimo aggiornamento 21/12/2023

Il principio è stato cristallizzato dalla Cassazione Penale, Sez. I, con la decisione n. 49256 dell’11 dicembre 2023.

La vicenda è quella relativa al caso Cospito. Con la sentenza in questione la Corte di cassazione si è pronunciata sulla rilevanza dello sciopero della fame ai fini della valutazione dell’istanza di differimento della pena per motivi di salute.

I giudici hanno ricordato come il detenuto – sottoposto al regime del 41-bis e al momento ricoverato presso il reparto di Medicina Penitenziaria di un Ospedale – «abbia ricominciato a effettuare uno sciopero della fame completo assumendo esclusivamente sale, acqua e zucchero» e che, «come chiarito dallo stesso Cospito, tale forma di protesta sia motivata dalla natura stessa del regime detentivo cui è sottoposto, trattandosi di un istituto che egli ritiene inaccettabile e contrario ai principi costituzionali, nonché disumano sotto il profilo del trattamento e fortemente repressivo dei diritti dei detenuti»

Ciò premesso – si legge nella sentenza – “”la giurisprudenza è consolidata nel ritenere la ininfluenza delle precarie condizioni di salute che siano “autoprodotte” dal detenuto ai fini del differimento della pena o della concessione di misure alternative alla detenzione””.

E’ stata, dunque, ritenuta corretta la decisione del Tribunale di Sorveglianza di Milano, “”laddove ha ritenuto che la attuale condizione clinica del condannato sia, in concreto, la inevitabile conseguenza della sua precisa scelta di non alimentarsi e che tale opzione sia – in modo radicale – ostativa alla positiva valutazione dell’istanza””.

Si deve anche considerare – ha soggiunto la Corte di cassazione – che si tratta “”di un soggetto che viene costantemente informato dai sanitari in ordine agli elevati rischi per la propria salute, connessi alla prosecuzione dell’attuale regime di alimentazione» e che «gli stessi sanitari gli propongono, con cadenza quotidiana, un protocollo di nuova alimentazione atto a riprendere una alimentazione normale dopo il prolungato digiuno, ottenendo sempre, però, un ostinato rifiuto da parte del ricorrente””.

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