La Corte Costituzionale con la sentenza n. 88, depositata il 5 aprile 2022 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 38 del D.P.R. 26 aprile 1957, n. 818, nella parte in cui non include nel novero dei beneficiari diretti ed immediati della pensione di reversibilità anche i nipoti maggiorenni orfani riconosciuti inabili al lavoro e viventi a carico dei nonni pensionati.
Il giudizio dinanzi alla Corte costituzionale è stato promosso dalla Corte di Cassazione, sezione lavoro, con ordinanza dell’8 aprile 2021.
La Cassazione ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell’art. 38 del D.P.R. n. 818/1957, in riferimento agli artt. 3 e 38 della Costituzione, “nella parte in cui non include, tra i soggetti ivi elencati, anche i maggiori orfani e interdetti dei quali risulti provata la vivenza a carico degli ascendenti” in seguito al rigetto, in primo grado (Corte d’appello di Napoli, sentenza n. 3847 del 2018), della domanda volta ad ottenere la pensione di reversibilità del nonno a favore della nipote orfana, incapace di intendere e di volere, convivente con lo stesso e maggiorenne all’epoca della morte dell’ascendente.
La pensione di reversibilità spetta anche ai nipoti, abili o inabili, conviventi con il nonno pensionato, purché minori di età, poiché la maggiore età esclude la spettanza del diritto alla pensione di reversibilità (art. 13 del regio decreto-legge 14 aprile 1939, n. 636, convertito, con modificazioni, nella legge 6 luglio 1939, n. 1272, come sostituito dalla legge 4 aprile 1952, n. 218 e successivamente dalla legge 21 luglio 1965, n. 903).
La Corte di Cassazione ha ricostruito il quadro normativo, evidenziando una progressiva estensione della platea dei superstiti del lavoratore o assicurato. In questa direzione si era mossa anche la Corte costituzionale che, da ultimo, con la sentenza n. 180 del 1999, aveva incluso tra i destinatari della pensione di reversibilità anche i nipoti minori e viventi a carico dell’ascendente.
I Giudici della Corte di Cassazione, richiamando disposizioni costituzionali e autorevoli precedenti giurisprudenziali, rilevavano come l’ordinamento individui nella pensione di reversibilità “una forma di tutela previdenziale ed uno strumento necessario per il perseguimento dell’interesse della collettività alla liberazione di ogni cittadino dal bisogno ed alla garanzia di quelle minime condizioni economiche e sociali che consentono l’effettivo godimento dei diritti civili e politici (art. 3, secondo comma, Cost.) con una riserva, costituzionalmente riconosciuta, a favore del lavoratore, di un trattamento preferenziale (art. 38, secondo comma, Cost.) rispetto alla generalità dei cittadini (art. 38, primo comma, Cost.)”.
Con la morte del lavoratore o del pensionato, la situazione realizzata con la vivenza a carico subisce interruzione, sicché con il trattamento di reversibilità si realizza la garanzia della continuità del sostentamento ai familiari superstiti.
Il vincolo familiare tra l’ascendente e il nipote, suscettibile di tutela come «vita familiare» ex art. 8 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, (CEDU) del 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848, maggiore di età, orfano e interdetto è in tutto e per tutto assimilabile alla relazione tra ascendente e nipote minore di età a carico, in considerazione della stessa condizione di minorata capacità del nipote, maggiore interdetto, rispetto al nipote di età inferiore ai 18 anni, entrambi viventi a carico dell’ascendente al momento del decesso di quest’ultimo.
Sarebbe di conseguenza irragionevole, conclude la Cassazione, che i nipoti minori possano godere del trattamento pensionistico del de cuius e i nipoti maggiorenni, orfani e interdetti, viventi a carico dell’ascendente assicurato ne siano esclusi.
Alla luce di queste argomentazioni, la mancata previsione della reversibilità per i nipoti maggiorenni, orfani e interdetti, conviventi con l’ascendente e a suo carico, violerebbe l’art. 3 della Costituzione per irragionevolezza della disciplina e per un’ingiustificata disparità di trattamento sia rispetto ai nipoti minorenni, abili o inabili al lavoro, ugualmente a carico dell’ascendente, sia rispetto ai figli maggiorenni e inabili al lavoro, che siano a carico dei genitori, categorie, queste ultime, che invece hanno diritto al godimento della pensione di reversibilità.
Inoltre, il mancato riconoscimento della pensione di reversibilità ai superstiti in favore dei nipoti maggiorenni, orfani e interdetti, lederebbe l’art. 38 Cost. poiché verrebbe indebitamente negato il diritto di questi soggetti, benché sprovvisti dei mezzi necessari per vivere, al mantenimento e all’assistenza sociale.
La Consulta, investita della questione, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 38 del D.P.R. 26 aprile 1957, n. 818, nella parte in cui non include tra i destinatari diretti ed immediati della pensione di reversibilità i nipoti maggiorenni orfani riconosciuti inabili al lavoro e viventi a carico degli ascendenti assicurati.
In particolare, la Corte costituzionale, abbracciando la tesi sostenuta dalla Corte di Cassazione, sottolinea che la ratio della reversibilità dei trattamenti pensionistici consiste nel farne proseguire, almeno parzialmente, anche dopo la morte del loro titolare, il godimento da parte dei soggetti a lui legati da determinati vincoli familiari, in tal modo garantendo ai beneficiari la protezione dalle conseguenze che derivano dal decesso del congiunto.
Coerentemente con la declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 38 del D.P.R. n. 818 del 1957 “nella parte in cui non include tra i soggetti ivi elencati anche i minori dei quali risulti provata la vivenza a carico degli ascendenti”, statuita con la sentenza n. 180 del 1999, la Consulta sottolinea che la finalità della pensione di reversibilità è di tutelare la continuità del sostentamento e di prevenire lo stato di bisogno che può derivare dal decesso del congiunto.
Evidenzia la Consulta che è illogico, e ingiustamente discriminatorio, che i soli nipoti orfani maggiorenni e inabili al lavoro viventi a carico del de cuius siano esclusi dal godimento del trattamento pensionistico dello stesso, pur versando in una condizione di bisogno e di fragilità particolarmente accentuata: tant’è che ad essi, conclude, è riconosciuto il medesimo trattamento di reversibilità in caso di sopravvivenza ai genitori, proprio perché non in grado di procurarsi un reddito a causa della predetta condizione.