Intervista al Segretario generale Felice romano pubblicata su magazine.it a cura di Gianni Rosini
Una guerra tra poveri, emarginati, gli stessi che Pier Paolo Pasolini raccontava nella sua poesia “Il Pci ai giovani!”. Eccola qui la piazza di oggi: un’arena in cui ad affrontarsi sono due fazioni afflitte dai soliti problemi, dalle medesime ingiustizie sociali ma che, per destino o per scelta, sono destinate a stare l’una di fronte all’altra, mai di fianco. Così, il gesto di poliziotti e finanzieri che si sono tolti il casco, durante le manifestazioni dei Forconi a Torino e Genova, il 9 dicembre, diventa il simbolo di un’intera popolazione ormai stremata dalla crisi.
«Abbiamo giurato fedeltà allo Stato», puntualizza Felice Romano, segretario generale del Sindacato italiano dei lavoratori della Polizia di Stato (Siulp), ma le forze dell’ordine che oggi garantiscono la sicurezza dei governanti sono composte da persone che avrebbero tutto il diritto di stare dall’altra parte, tra chi protesta per avere una casa, un lavoro, un salario dignitoso, un’istruzione per i propri figli. Invece rimangono lì a difendere chi, con leggi sempre più restrittive e conti da far quadrare, gli ha messso il cappio al collo.
I poliziotti di oggi, però, sembrano sempre più lontani dall’etichetta di “complici dello Stato” che spesso gli è stata affibbiata. «Il 70% di loro, alcuni anche con 15 anni di servizio, – racconta Romano – vive con 1300 euro al mese, spesso da fuori sede. A Roma, con questa cifra, paghi l’affitto, perchè gli alloggi riservati ai poliziotti non sono più disponibile. A chi li aveva è successo di essere buttato fuori di casa perchè mancano i soldi per pagare gli appartamenti». Altri, invece, l’affitto nemmeno possono permetterselo e si arrangiano come possono. «Ci sono casi di colleghi – continua il segretario – che non hanno una casa e dormono in auto, altri che rischiano il posto e nei turni liberi lavorano come lavapiatti, guardie del corpo o buttafuori. C’è anche chi è stato costretto ad autodenunciarsi perchè sotto ricatto degli usurai. Come può un poliziotto che deve garantire l’ordine pubblico lavorare in questa situazione privo da condizionamenti?».
È per denunciare queste condizioni limite che la Siulp è scesa in piazza a fianco di altri sindacati, per manifestare contro i tagli da 4 miliardi di euro che negli ultimi cinque anni hanno colpito i fondi alla sicurezza e dimezzato quelli per gli armamenti, per l’accasermamento e per il vestiario delle forze dell’ordine. Il sindacato ha alzato la voce anche contro il blocco del turn over che, in 4 anni, ha portato gli agenti da 107mila a 94mila, con previsioni di ulteriori tagli che, nel 2016, faranno scendere i poliziotti a circa 90mila unità.
Come se non bastasse, Romano rivela che sempre più frequentemente gli agenti stessi devono anticipare i soldi per effettuare un arresto o un’operazione di polizia perchè, altrimenti, non ci sarebbero i fondi per realizzarla: «Mettiamo il caso che si debba effettuare un blitz per arrestare un mafioso – ipotizza il segretario – e che non ci siano i fondi. Spesso è successo che i nostri agenti si siano finanziati i costi della spedizione per poi vedersi restituire il prestito solo 18 mesi dopo. La doppia fregatura sta nel fatto che quei soldi, nonostante siano stati spesi, vengono conteggiati nella dichiarazione dei redditi».
Sono questi, quindi, i poliziotti di oggi. Sempre più somiglianti a quelli della Valle Giulia pasoliniana: poveri, senza più amicizia col mondo, esclusi. Esclusi perchè, oltre a far la parte dei cattivi, vivono spesso in condizioni da emarginati. «Esatto – conclude Romano –, emarginati. Emarginati, sottopagati, ma considerati dei privilegiati».