Procedimento disciplinare: l’assoluzione penale può contenere elementi per una sanzione disciplinare; chiarimento sui termini procedurali – Cons. Stato sent. nr. 3426/06 del 7.03.2006

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Procedimento disciplinare: l’assoluzione penale può contenere elementi per una sanzione disciplinare; chiarimento sui termini procedurali. In pratica, il Consiglio di Stato ha stabilito che non sussiste alcuna violazione del giudicato penale, anche assolutorio, che può ben contenere elementi suscettibili di autonoma valutazione in sede disciplinare ( nel caso di specie veniva applicata la sanzione della destituzione). Si sottolinea, inoltre, come non vi è violazione di termini perentori, trattandosi di un procedimento disciplinare conseguente non ad una condanna in sede penale, ma ad una assoluzione, il che rende applicabili non i termini di cui all’art. 9, L. 19/1990, ma (per l’avvio o la prosecuzione, in assenza di termini per la conclusione) quelli di cui all’art. 9, comma 6, d.P.R. n. 737/1981 (120 giorni dalla pubblicazione della sentenza – mediante deposito della relativa motivazione in cancelleria – o 40 giorni dalla sua notificazione alla p.a.), salvo il termine di 90 giorni infraprocedimentali, di cui all’art. 120, d.P.R. 10 gennaio 1957 n. 3.

 

Cons. Stato, sez. VI, sent. nr. 3426/06 del 7.03.2006 – dep. 7.06.2006

 

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

N. 3426/06

Reg.Dec.

N. 8829 Reg.Ric.

ANNO 2005

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello n. 8829/2005, proposto da:

– ………., rappresentato e difeso dall’avv. ……. ed elettivamente domiciliato presso lo studio del medesimo, in corso ……., Roma;

c o n t r o

– il Ministero dell’Interno, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria per legge in via dei Portoghesi n. 12, Roma;

per l’annullamento e la riforma, previa sospensione,

della sentenza del T.a.r. Lazio, Roma, sezione I-ter, n. 7354/2004, resa inter partes e concernente la destituzione di un ispettore dai ruoli della Polizia di Stato.

Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio della p.a. appellata;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore, alla pubblica udienza del 7 marzo 2006, il Consigliere Aldo SCOLA;

Uditi, per le parti, l’avv. ……. e l’avvocato dello Stato Vessichelli;

Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue:

F A T T O

…….., già ispettore della Polizia di Stato, impugnava il decreto del Capo della Polizia recante la sua destituzione (per rapporti corruttivi con soggetti implicati in vicende penali dalle quali egli era uscito assolto con formula ampia), deducendo:

1. la violazione dell’art. 653, c.p.p., e del giudicato, nonché eccesso di potere per motivazione insufficiente ed irrazionale, non essendosi sostanzialmente rispettate, in sede disciplinare, le risultanze di fatto del processo penale;

2. eccesso di potere per disparità di trattamento, violazione del principio del giusto procedimento e dell’art. 97, Cost., essendosi prosciolti altri corresponsabili;

3. eccesso di potere per omessa graduazione della sanzione, incoerente valutazione, difetto di motivazione, illogicità manifesta e contraddittorietà tra la sanzione inflitta e la condotta del sig…. ……., accertata solo in termini indiziari;

4. eccesso di potere per difetto istruttorio e motivazionale, erronei presupposti, illogicità e violazione dei principii in materia disciplinare, essendosi tratti elementi di responsabilità da atti non valutabili ai fini probatorii al di fuori del rito abbreviato in sede penale;

5. violazione dell’art. 9, d.P.R. n. 737/1981, essendosi violato lo specifico termine massimo per la conclusione del procedimento disciplinare;

6. ancora violazione di tale ultima norma ed eccesso di potere per l’illegittima protrazione della sospensione dal servizio fino alla data della destituzione.

L’amministrazione intimata si costituiva in giudizio e resisteva al gravame, poi respinto dai primi giudici con sentenza prontamente impugnata dal sig …….. per:

a. violazione dell’art. 653, c.p.p., e del giudicato; eccesso di potere per motivazione insufficiente, contraddittoria ed irrazionale sia della sentenza che dell’atto impugnato; travisamento ed errata valutazione dei fatti;

b. omessa pronuncia, motivazione della sentenza illogica e contraddittoria, eccesso di potere per disparità di trattamento, violazione del principio del giusto procedimento e dell’art. 97, Cost.;

c. eccesso di potere per omessa graduazione della sanzione; valutazione incoerente ed irrazionale dei fatti; illogicità manifesta, carente, contraddittoria od insufficiente motivazione;

d. eccesso di potere per difetto istruttorio e motivazionale, erronei presupposti, illogicità, violazione dei principii in materia disciplinare (d.P.R. n. 737/1981); omessa pronuncia dei primi giudici anche su tutte le richieste di ripristino della posizione giuridica, economica e previdenziale del…..;

e. la sicura tempestività del presente appello, proposto contro una sentenza non notificata e, quindi, tempestivamente nel termine lungo, scadente il 10 settembre 2005, già addizionato della pausa estiva di 46 giorni ed ulteriormente protratto per altri 46 giorni (cadendo a sua volta in periodo feriale): cfr. Cass. civ., sez. III, n. 4059/2005).

L’amministrazione appellata si costituiva in giudizio e resisteva al gravame.

All’esito della pubblica udienza di discussione la vertenza passava in decisione.

D I R I T T O

L’appello è infondato e va respinto nel merito, il che permette di tralasciare l’esame della questione attinente alla sua tempestività.

Infatti, non sussiste alcuna violazione del giudicato penale che, quand’anche assolutorio (nella specie, con la formula per non aver commesso il fatto”), può ben contenere elementi suscettibili di autonoma valutazione in sede disciplinare, eventualmente per accertati rapporti comunque significativi sotto tale profilo e, nel caso in esame, posti in luce dal funzionario istruttore come desumibili da intercettazioni telefoniche, acquisite da altro ispettore di Polizia e già utilizzate dal pubblico ministero per ricostruire i fatti poi esposti nella sentenza penale conclusiva della vicenda.

Una semplice lettura del d.P.R. n. 737/1981 consente di cogliere i doveri comportamentali rigorosamente imposti agli appartenenti alle forze dell’ordine ed il cui mancato adempimento ha giustificato la severa ma giusta sanzione inflitta al Sig………

Né può ipotizzarsi alcun trattamento irrazionalmente diversificato in confronto a quello di altro collega (Tizio), cessato spontaneamente dal servizio (in tal modo sottraendosi ad ogni conseguenza di carattere disciplinare, non per proscioglimento dagli addebiti, ma per essere venuto meno il suo rapporto d’impiego) o non contemplato nella discussa vicenda penale per essere stato (Caio) destinatario di una sentenza recante mera declaratoria di non luogo a procedere, con successivo procedimento disciplinare autonomamente instaurato, ma conclusosi con un pieno proscioglimento, mentre il sig…… si è reso responsabile di manchevolezze ritenute obiettivamente incompatibili con ogni ulteriore sua permanenza in servizio.

Risulta, dunque, legittimo il provvedimento di destituzione adottato (a seguito di una determinazione – non sindacabile nel merito -assunta dall’organo disciplinare in termini esenti da vizi logici) nei confronti del poliziotto che abbia manifestato, con il proprio comportamento (anche estraneo al servizio), scarso senso etico e mancanza di rispetto per il prestigio dell’amministrazione della Polizia di Stato e per il decoro delle relative funzioni.

L’intero procedimento disciplinare si è, dunque, ritualmente svolto (previa valutazione di ogni elemento probatorio) nel pieno rispetto della normativa in esame, concludendosi con la proposta della sanzione della destituzione, poi fatta propria dal Capo della Polizia nel suo provvedimento, motivato per relationem pure agli argomenti contenuti nella contestazione degli addebiti, nella relazione istruttoria e nelle valutazioni del consiglio di disciplina: il tutto in base ad apprezzamenti discrezionali insindacabili in sede di giurisdizione amministrativa, se non per macroscopiche irrazionalità, nella specie assenti, trattandosi di una sanzione che non ammette graduazioni, il che esclude pure ogni ipotizzato difetto di motivazione.

In proposito, la sanzione inflitta risulta proporzionale al censurabile comportamento tenuto dal Sig…….. tenuto conto della gravità dei fatti, della qualifica da lui rivestita al tempo degli stessi e della sua appartenenza ad un corpo di Polizia, investito di funzioni comprensibilmente delicate e, quindi, tenuto a poter fruire dell’incondizionata fiducia dei cittadini.

D’altra parte, l’interessato non può non cadere in palese contraddittorietà quando si richiama alle registrazioni di conversazioni telefoniche che hanno provocato la sua assoluzione in sede penale, tentando poi di attenuarne il rilievo in sede disciplinare.

Correttamente, inoltre, i primi giudici hanno escluso qualsiasi violazione di termini perentorii, come pure ogni ipotizzabile incostituzionalità (non riscontrabile, in assenza di violazioni dell’invocato art. 97, che garantisce buon andamento ed imparzialità della p.a.: principii sempre rispettati nel procedimento in esame) e qualunque profilo di eccesso di potere, trattandosi di un procedimento disciplinare conseguente non ad una condanna in sede penale, ma ad una assoluzione, il che rendeva applicabili non i termini di cui all’art. 9, legge n. 19/1990, ma (per l’avvio o la prosecuzione, in assenza di termini per la conclusione) quelli di cui all’art. 9, comma 6, d.P.R. n. 737/1981 (120 giorni dalla pubblicazione della sentenza – mediante deposito della relativa motivazione in cancelleria – o 40 giorni dalla sua notificazione alla p.a.), salvo il termine di 90 giorni infraprocedimentali, di cui all’art. 120, d.P.R. 10 gennaio 1957 n. 3, nel caso in esame sempre rispettato.

Nella specie, la motivazione della citata sentenza penale n. 2663/2002 risulta depositata in cancelleria il 4 aprile 2002, con tempestivo inizio dell’azione disciplinare il 24 luglio 2002 (non dopo 112 giorni, come inesattamente ritenuto dalla p.a. appellata – dies a quo non computatur – ma dopo 111 giorni: 26 di aprile + 31 di maggio +30 di giugno +24 di luglio), data della notificazione al Sig……… delle contestazione degli addebiti: quindi, ben prima dei 120 giorni de quibus.

Infine, quanto alla mancata revoca della disposta sospensione dal servizio, la relativa doglianza risulta tardiva (in quanto non proposta al tempo del verificatosi passaggio in giudicato della ricordata sentenza penale) ed infondata, alla luce dell’art. 9, comma 6, d.P.R. n. 737/1981, modif. art. 8, legge n. 668/1986, che ne consente la perdurante operatività, ove venga iniziato o ripreso il procedimento disciplinare.

Conclusivamente, l’appello dev’essere respinto, con salvezza dell’impugnata sentenza, mentre le spese del giudizio di seconda istanza possono integralmente compensarsi per giusti motivi tra le parti costituite, tenuto anche conto della natura della controversia e del loro reciproco impegno difensivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione sesta,

· respinge l’appello;

· compensa tutte le spese del giudizio di secondo grado.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, il 7 marzo 2006, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione VI, in camera di consiglio, con l’intervento dei signori:

Claudio VARRONE Presidente

Sabino LUCE Consigliere

Giuseppe ROMEO Consigliere

Lanfranco BALUCANI Consigliere

Aldo SCOLA Consigliere rel. est.

Presidente

f.to Claudio Varrone

Consigliere estensore Segretario

f.to Aldo Scola f.to Glauco Simonini

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

il………………07/06/2006……………….

(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)

Il Direttore della Sezione

f.to Maria Rita Oliva

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