Domenica 12 giugno si voterà su cinque referendum in tema di giustizia, promossi da Lega e radicali e ammessi lo scorso 16 febbraio dalla Corte Costituzionale.
Di seguito alcuni sintetici chiarimenti sui quesiti ed i loro effetti:
1) scheda rossa. Incandidabilità e divieto di ricoprire cariche istituzionali
Dal 2013 chi viene condannato in via definitiva per mafia, terrorismo, corruzione e altri gravi reati non può partecipare alle elezioni per il Parlamento europeo e italiano né a quelle regionali e comunali e non può assumere cariche di governo.
Se un deputato nazionale o un senatore viene condannato definitivamente per una di queste tipologie di reato dopo essere entrato in carica, la camera di appartenenza è chiamata a votare sulla sua decadenza, o meno. Prevista la decadenza, sempre a seguito di condanne definitive, anche per europarlamentari, membri di governo e amministratori locali. Rispetto a questi ultimi, in alcuni casi, la legge prevede attualmente anche la sospensione dell’incarico, in alcuni casi, dopo una condanna di primo grado (non definitiva).
Se vincerà il sì al referendum tutti gli automatismi qui elencati vengono meno e a decidere su eventuali divieti di ricoprire cariche tornerà a essere solo il giudice chiamato a decidere sul singolo caso, come è avvenuto fino al 2012.
2) scheda arancione. Misure cautelari
Secondo le stime più recenti, circa il 30% della popolazione carceraria non sta scontando una pena ma è detenuta in attesa di giudizio. La custodia cautelare in carcere attualmente può essere disposta solo in caso di “gravi indizi di colpevolezza” e può essere motivata dal pericolo che la persona indagata ripeta il reato di cui è accusato, dal pericolo di fuga o da quello che vengano alterate le prove a suo carico.
Se vincerà il sì al referendum non varrà più la prima di queste motivazioni, la possibile reiterazione del reato. L’obiettivo dei promotori è ridurre il rischio che vengano detenute persone che poi, al termine del processo o dei processi, risultino innocenti.
Va anche detto che quella detentiva è la più dura e più nota delle misure cautelari di limitazione della libertà personale, ma ne esistono diverse altre: la custodia agli arresti domiciliari, quella in luogo di cura, il divieto di espatrio, l’obbligo di dimora in una località o al contrario il divieto di dimorarvi (quello che viene spesso chiamato impropriamente foglio di via, che però è un’altra cosa), l’obbligo di presentazione alla Polizia Giudiziaria, l’allontanamento dalla casa familiare, la sospensione da un pubblico ufficio o servizio, la sospensione della potestà genitoriale, il divieto temporaneo di esercitare determinate attività professionali o imprenditoriali. Per come è formulato il referendum, il rischio di reiterazione del reato non potrà giustificare nessuna di queste misure cautelari: il referendum non riguarda quindi solo la custodia in carcere.
3) scheda gialla. Separazione delle funzioni
Oggi nel corso della propria carriera, un magistrato, ad alcune condizioni, può passare fino a 4 volte dalla funzione requirente a quella giudicante. La prima è quella propria dei pubblici ministeri, che dirigono le attività investigative dopo aver ricevuto una notizia di reato e rappresentano la pubblica accusa nei processi. La seconda è quella dei giudici, chiamati quindi a prendere delle decisioni dopo avere approfondito le ragioni delle parti in causa.
Se al referendum vinceranno i sì il magistrato dovrà scegliere all’inizio della carriera se vuole essere pubblico ministero o giudice.
4) scheda grigia. Consigli giudiziari
I consigli giudiziari sono organi “ausiliari” del Consiglio superiore della magistratura, l’organo di autogoverno della magistratura. La loro funzione è esprimere “motivati pareri” su diversi ambiti, tra cui le valutazioni di professionalità dei magistrati. I componenti di questi organi sono sia appartenenti alla magistratura sia “laici”, cioè avvocati e professori universitari.
Se al referendum vinceranno i sì anche avvocati e professori parteciperanno attivamente alla valutazione dell’operato dei magistrati: finora ne sono stati esclusi.
5) scheda verde. Le “correnti” del Csm
Tra le critiche spesso rivolte al Consiglio superiore della magistratura, molte riguardano il suo essere diviso in “correnti”, rendendo l’organo una sorta di parlamentino diviso in partiti. Queste correnti influenzerebbero significativamente il processo decisionale.
Se al referendum vinceranno i sì verrà cancellata la norma che stabilisce che un magistrato per candidarsi al Csm debba presentare dalle 25 alle 50 firme a proprio sostegno. Si favorirebbero così, secondo i promotori, le qualità professionali del candidato invece del suo orientamento politico.