Ricostituzione della pensione

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La normativa di riferimento è l’articolo 5 del Decreto Presidente della Repubblica 488/1968, che ha lo scopo di mantenere indenne il lavoratore da ritardi dei datori di lavoro nell’adempimento dei propri obblighi assicurativi, e tutelarlo da eventuali difficoltà incontrate nel procurarsi la documentazione necessaria per l’accreditamento dei contributi figurativi e di conteggiare i contributi versati in ritardo come se fossero stati versati anteriormente alla data di decorrenza della pensione. 

L’istituto della ricostituzione della pensione permette di ottenere o aumentare l’importo dell’assegno previdenziale richiedendo all’INPS che nel conteggio del montante vengano accreditati nuovi contributi (versati o dovuti) in data successiva a quella della originaria decorrenza pensionistica. 

Si tratta, in pratica, di un ricalcolo della pensione che interviene nel caso in cui si verifichino cambiamenti sui vecchi contributi versati con nuovo effetto sul rateo pensionistico.  

In alcuni casi l’operazione è effettuata d’ufficio dall’ente pensionistico qualora le variazioni siano automatiche ma in genere è su richiesta, ad esempio dopo un riscatto dei contributi.  

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La ricostituzione si differenzia dal supplemento di pensione perché, in questo secondo caso si conteggiano i contributi versati successivamente alla decorrenza della pensione, mentre con la ricostituzione si ottiene la valorizzazione di quelli versati prima ma non ancora riconosciuti e/o conteggiati (per vari motivi). Una volta ottenuta la ricostituzione, l’assegno è riliquidato con effetto dalla data di decorrenza originaria, secondo le norme in base alle quali essa è stato calcolato (applicando i coefficienti di perequazione dall’origine). Pertanto, è anche possibile che questo determini il passaggio da una pensione con sistema misto a un sistema retributivo (ad esempio, se si riscattano periodi antecedenti il 1996). 

Il ricalcolo e la ricostituzione della pensione sono spesso ottenuti tramite l’utilizzo di un riscatto di accrediti figurativi, di contributi silenti non computati in fase iniziale, periodi non ricongiunti, contributi volontari, variazioni reddituali, subentro di pensione ai superstiti, variazioni nelle percentuali di invalidità. Nel dettaglio, la ricostituzione della pensione è dovuta ai dipendenti pubblici e privati nei seguenti casi: 

  • accreditamento di contribuzione non valutata in prima liquidazione; 
  • esclusione di contribuzione già valutata in prima liquidazione; 
  • modifica del valore retributivo e/o contributivo già considerato in prima liquidazione. È il caso di contributi non presi in considerazione per il calcolo originario (esempio: eventuali ricongiunzioni), oppure da variazione di reddito (esempio: variazione dei tetti per le maggiorazioni sociali), o da differenze sulla percentuale di invalidità riconosciuta. 

La procedura di ricostituzione può avvenire su domanda del beneficiario, utilizzando l’apposita procedura e modulistica disponibile sul sito dell’INPS, oppure d’ufficio (ad esempio, in alcuni casi di ricalcolo sulle pensioni militari, di cui all’art. 54 del DPR n. 1092/1973). Sul portale INPS è disponibile uno specifico servizio online dedicato alla ricostituzione della pensione per presentare la domanda (fino a qualche anno fa si usava apposito modello). In alternativa ci si può rivolgere a un patronato o chiamare il Contact Center (803164 da rete fissa, oppure 06164164 da mobile a pagamento). 

Per il riconoscimento del diritto per fatti sopravvenuti non sono previsti termini di decadenza. Infatti, è importante sottolineare che in entrambi i casi (contribuzione accreditabile su domanda oppure d’ufficio), non ci sono termini di scadenza: la pensione è sempre riliquidata a partire dalla decorrenza originaria. In caso di errore di calcolo in fase di prima liquidazione della pensione, invece, la domanda di ricostituzione della pensione, si può fare al massimo entro tre anni per non perdere il riconoscimento del diritto, altrimenti si avrà diritto solo ai ratei del triennio antecedente al ricorso. 

Restano i limiti di prescrizione (ma solo per il riconoscimento degli arretrati, mentre il calcolo dei ratei si effettua sempre dall’inizio della pensione).  

In particolare, le somme liquidate a titolo di arretrati sono regolamentate dall’articolo 38 del Decreto Legge n. 98/2011, convertito con modificazioni in Legge n. 111/2011, che ha ridotto a cinque anni i termini di prescrizione dei ratei dei trattamenti pensionistici e delle differenze dovute a seguito di riliquidazioni (ricalcolo dell’importo della pensione), in particolare per i ratei maturati dal 6 luglio 2011. 

Per i contributi prescritti, invece, si può chiedere la costituzione di una rendita vitalizia, di cui all’articolo 13 della legge 12 agosto 1962, n. 1338, regolamentati anche dalla recente Circolare INPS n.25/2020. Si tratta però di una procedura che richiedere il versamento di un onere. 

Si ricorre alla rendita, ad esempio, per farsi riconoscere periodi di contributi omessi dal proprio datore di lavoro ed ormai caduti in prescrizione. I contributi così riconosciuti sono utili sia ai fini del diritto alla prestazione sia ai fini della misura (importo). 

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