Rimozione dei contenuti dal web in caso di Revengeporn

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Il Garante della Privacy ha elaborato un nuovo modulo online con il quale chiunque, dai 14 anni in su, potrà chiedere la rimozione dal web dei contenuti intimi diffusi online senza il proprio consenso.

In ordine di tempo è l’ultimo intervento del Garante della privacy a tutela di chi rimane vittima della diffusione su Internet di foto o video sessualmente espliciti, scattate o girati con troppa leggerezza e inviati con altrettanta ingenuità. Si tratta di una pratica foriera di conseguenze spesso tragiche al punto che c’è chi si è tolto la vita per la vergogna di essere finito senza veli sui social o sulle chat di WhatsApp dei compagni di scuola, tradito da chi sembrava godere di piena fiducia.

Il Garante della privacy è intervenuto al fine di accorciare decisamente i tempi per la rimozione dei contenuti che possono ledere la reputazione delle persone, compresi quelli sessuali. Si punta alla cancellazione di video o foto entro 48 ore dal momento in cui la vittima fa la segnalazione. Certo, in due giorni il danno già provocato può essere enorme. Ma è un passo avanti rispetto alla precedente situazione, che vedeva il Garante con le mani parzialmente legate. Con l’ultimo intervento dell’Autorità contro il revenge porn chiunque, compresi i minori ultraquattordicenni, abbia fondato motivo di ritenere che registrazioni audio, immagini o video o altri documenti informatici a contenuto sessualmente esplicito che lo riguardano, destinati a rimanere privati, possano essere oggetto di invio, consegna, cessione, pubblicazione o diffusione attraverso piattaforme digitali senza il suo consenso, ha facoltà di segnalare il pericolo al Garante, il quale, nelle quarantotto ore dal ricevimento della segnalazione, decide ai sensi degli articoli 143 e 144 del presente codice.

Quando le registrazioni audio, le immagini o i video o gli altri documenti informatici riguardano minori, la segnalazione al Garante può essere effettuata anche dai genitori o dagli esercenti la responsabilità genitoriale o la tutela.

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Per le dette finalità l’invio al Garante di registrazioni audio, immagini o video o altri documenti informatici a contenuto sessualmente esplicito riguardanti soggetti terzi, effettuato dall’interessato, non integra il reato di cui all’articolo 612-ter del Codice penale.

I gestori delle piattaforme digitali destinatari dei provvedimenti di cui al comma 1 conservano il materiale oggetto della segnalazione, a soli fini probatori e con misure indicate dal Garante, anche nell’ambito dei medesimi provvedimenti, idonee a impedire la diretta identificabilità degli interessati, per dodici mesi a decorrere dal ricevimento del provvedimento stesso.

Il Garante, con proprio provvedimento, può disciplinare specifiche modalità di svolgimento dei procedimenti di cui al comma 1 e le misure per impedire la diretta identificabilità degli interessati di cui al medesimo comma.

I fornitori di servizi di condivisione di contenuti audiovisivi, ovunque stabiliti, che erogano servizi accessibili in Italia, indicano senza ritardo al Garante o pubblicano nel proprio sito internet un recapito al quale possono essere comunicati i provvedimenti adottati.

In caso di inadempimento dell’obbligo di cui al periodo precedente, il Garante diffida il fornitore del servizio a adempiere entro trenta giorni. In caso di inottemperanza alla diffida si applica la sanzione amministrativa pecuniaria di cui all’articolo 83, paragrafo 4, del Regolamento.

Quando il Garante, a seguito della segnalazione di cui al comma 1, acquisisce notizia della consumazione del reato di cui all’articolo 612-ter del Codice penale, anche in forma tentata, nel caso di procedibilità d’ufficio trasmette al pubblico ministero la segnalazione ricevuta e la documentazione acquisita. Disponibile sul sito del garante per la privacy il modulo da compilare per fornire all’Autorità le informazioni utili a valutare il caso e a indicare all’interessato il link per caricare direttamente le immagini sul programma.

Una volta caricate, le immagini verranno cifrate da Facebook tramite un codice “hash”, in modo da diventare irriconoscibili prima di essere distrutte e, attraverso una tecnologia di comparazione, bloccate da possibili tentativi di una loro pubblicazione sulle due piattaforme.

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