N. 850/A.P.1
La sospensione della vaccinazione di massa con Astrazeneca, decisa ieri dall’ AIFA, sulla scorta di analoghi provvedimenti adottati in altri paesi europei, è stata conseguente alla valutazione di alcuni gravi eventi avversi, in primis patologie tromboemboliche, in soggetti nei quali, nei giorni precedenti, era stato somministrato il vaccino.
Il provvedimento, di natura precauzionale, è finalizzato a chiarire il rapporto che intercorre tra tali eventi sporadici e la vaccinazione, che sta riguardando, in tempi ristretti, una notevole quota della popolazione.
In Italia ed in altri paesi europei sono state infatti utilizzate milioni di dosi di questo vaccino che ha provocato effetti collaterali nella misura attesa: essenzialmente febbre, mialgie e astenia, sintomi peraltro transitori e osservati in una piccola percentuale di soggetti.
La segnalazione di gravi eventi, anche mortali, quasi sempre di natura cardiovascolare, in soggetti che erano stati vaccinati nelle ore e nei giorni precedenti, non trova al momento alcuna correlazione causale con la vaccinazione, secondo quanto garantito dalle autorità internazionali e nazionali in materia, ma soddisfa il solo criterio temporale che, ovviamente, rappresenta soltanto il primo requisito utile perché si realizzi, in termini certi o quantomeno probabili, un rapporto causa/effetto.
Durante una campagna di vaccinazione di massa come quella attuale, che comporta concentrazione della somministrazione in tempi ristretti a un elevatissimo numero di soggetti, è peraltro inevitabile che siano segnalati gravi eventi, primi tra tutti le morti improvvise, che vengono nell’immediatezza fatte risalire agli effetti della vaccinazione, suscitando incertezza, confusione e preoccupazione.
Si tratta di eventi tanto gravi quanto imprevedibili, inevitabili e naturali, che sempre si osservano nella popolazione, ma è ben comprensibile come nell’attuale clima, possano suscitare tali sentimenti; l’amplificazione mediatica e i provvedimenti di garanzia, adottati dall’ Autorità Giudiziaria, contribuiscono poi a creare una percezione di insicurezza e di smarrimento non solo nella popolazione, ma anche negli operatori sanitari stessi che, a diverso titolo, hanno un ruolo nella campagna vaccinale.
Il compito degli organismi internazionali e nazionali deputati all’autorizzazione del vaccino è di chiarire se la correlazione tra vaccinazione e eventi avversi sia causale o casuale, attraverso l’analisi delle risultanze dei singoli casi e dei dati epidemiologici, dal momento che le morti improvvise e le patologie tromboemboliche rappresentano tutt’altro che evenienze rare.
Nel nostro Paese, infatti, i dati disponibili indicano che le morti improvvise cardiache sono dell’ordine di 0.95/1000 abitanti/anno, pari a 40-50.000 nuovi eventi per ogni anno, anche se vi sono buone ragioni per ritenere questo dato sottostimato. Un caso su cinque colpisce fasce di popolazione giovane ed ancora attiva (tra i 35 ed i 65 anni): questi numeri indicano come, a ragione del numero dei soggetti fin qui vaccinati in Italia, occorra molta prudenza nella valutazione del nesso di causalità tra la somministrazione del vaccino ed i tragici ed isolati eventi che in questi ultimi giorni vengono registrati e segnalati, ma che potrebbero presentarsi inevitabilmente a prescindere dalla pratica vaccinale.
I possibili effetti collaterali sono stati peraltro ben studiati nella fase di sperimentazione del vaccino, senza che si evidenziassero situazioni o casi di gravità: occorrerà quindi un po’ di tempo e molta prudenza, da parte degli organismi scientifici deputati, perché possano fugare del tutto anche i più piccoli dubbi sulla sicurezza del vaccino. Qualora emerga una sfumata correlazione tra vaccinazioni ed eventi gravi
avversi, la validità della campagna vaccinale dovrà essere ricondotta ad una rigorosa valutazione in termini di costi/benefici, rammentando che il rischio zero non può esistere e che l’adesione resta su base volontaria.
Seppure si tratti, lo si ribadisce, di un provvedimento del tutto cautelativo, è chiaro come la decisione di sospendere la vaccinazione con quello che ad oggi è il vaccino massivamente utilizzato nel personale delle forze dell’ordine, abbia provocato preoccupazioni e allarmismo. Alla data di ieri ben 53.000 operatori della Polizia di Stato hanno infatti ricevuto la prima dose del vaccino, una quota pari al 76% del personale che
aveva aderito alla campagna vaccinale e che costituisce già un risultato assolutamente confortante, in termini di contenimento della pandemia, nel nostro comparto.
Nel personale della Polizia di Stato, dall’inizio della pandemia, si sono infatti registrati circa 9000 casi di positività al SARS-CoV-2 ed undici decessi, attualmente l’età media dei ricoverati per COVID nella popolazione generale è di 44 anni di età e ciò consente di comprendere quale è stato, e quale avrebbe potuto continuare ad essere, senza il ricorso alla vaccinazione, l’impatto della pandemia anche nella nostra realtà.
Per quanto attiene agli interrogativi posti dalla sospensione della vaccinazione con Astrazeneca, si rappresenta quanto segue:
1. percoloro che sono stati sottoposti alla vaccinazione, anche con i lotti sequestrati dall’ Autorità Giudiziaria, non vi è nessun pericolo e nessuna necessità di effettuare controlli, accertamenti clinici o terapie preventive, ma vanno soltanto segnalati al medico curante eventuali effetti aversi che, in genere, si manifestano entro poche ore dalla somministrazione;
2. il vaccino garantisce una buona protezione già alla terza settimana dopo la somministrazione della prima dose, mentre il richiamo, finalizzato a dilatare i tempi di copertura, è effettuato 78 giorni dopo. In considerazione di questo lungo intervallo di tempo, il giudizio sulla sicurezza del vaccino interverrà ben prima della scadenza dei tempi per il richiamo;
3. per coloro che non sono stati vaccinati, occorre ovviamente attendere le decisioni degli enti nazionali e internazionali preposti, ma la vaccinazione può ovviamente continuare laddove siano disponibili vaccini di altro tipo.
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