Terrorismo – Insieme per ricordare uniti per prevenire – Milano 22 – 23 febbraio 2010 – Rassegna stampa

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le sedi provinciali del Siulp e della Cisl di Milano, hanno organizzato, per il 22 e 23 febbraio 2010, il convegno

Terrorismo

Insieme per ricordare

uniti per prevenire

i lavori si terranno presso il Centro Congressi Corridoni – Sala Auditorium – Via Corridoni, 16 – Milano
In allegato l’invito dell’evento dove è previsto l’intervento del Segretario Generale Siulp Felice Romano

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PREMESSA

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Gentili ospiti, spettabili autorità,

porgo con grande piacere il più caloroso benvenuto a nome del SIULP, il maggiore sindacato dei poliziotti italiani di ispirazione confederale.

Il tema che oggi abbiamo pensato di affrontare riguarda il terrorismo; lo affronteremo, come al solito a modo nostro, con l’esperienza cioè dei poliziotti che hanno cognizione diretta del crimine e dei fenomeni ad esso collegati, e che si avvalgono in più del sindacato quale strumento di stretto collegamento con la società civile, col mondo del lavoro, col resto del Paese, insomma.

Il sindacato è da trent’anni un valore aggiunto prezioso ed insostituibile per i poliziotti e per le forze di polizia; ci ha permesso di crescere, di acquisire una maggiore capacità di ascoltare i cittadini ed i loro bisogni, di meglio incidere sulla produzione del nostro servizio, quello della sicurezza.

La nostra cultura confederale ci consente un rapporto strettissimo con il mondo del lavoro ed in particolare con la CISL, che, come di consueto non perde occasione per confermare, tramite atti di presenza concreti ed importanti, la vicinanza al nostro modo di sentire, alla condivisione dei nostri valori, alla comunanza dei nostri obiettivi finali.

Riteniamo che dei fenomeni criminali importanti come la mafia o il terrorismo bisogna parlare “a freddo”, quando cioè l’analisi si presenta distaccata rispetto all’onda emotiva che deriva dai gravi fatti di sangue, spesso collegati al manifestarsi di questi fenomeni.

Tutte le nostre legislazioni contro il terrorismo peccano difatti di un vizio di origine: essendo state varate all’indomani degli episodi di strage o di attentato, queste leggi difettano di struttura portante, non sono inserite in un disegno unitario, non hanno valenza strategica a medio e lungo termine.

È quindi compito prioritario del legislatore calibrare l’azione in base a quelle che sono le esigenze del contesto attuale, non dimenticando i nuovi orizzonti che oggi si profilano per la nostra società civile e politica.

Senza dimenticare che alcune forme di criminalità hanno origini antiche ed attengono ad aspetti primordiali dell’animo umano, delle sue paure, dei suoi limiti esistenziali oggettivi.

Il terrorismo è strettamente collegato alla paura: il terrorista si avvale oggi di mezzi sofisticati e soprattutto dei mass media per veicolare messaggi di rischio e di pericolo a carico dell’intera comunità.

C’è chi definisce la nostra società come la società dell’insicurezza”, una società che per l’effetto della globalizzazione e del ruolo sempre più incisivo dei mass media moltiplica le paure più antiche (la criminalità) e quelle più recenti (il terrorismo).

Una società in cui cresce a dismisura la domanda di protezione personale.

Siamo, rispetto a trent’anni fa, tutti molto più “impauriti.”

E io ritengo che questo possa essere attribuito ad una serie di fattori che attengono a fatti completamente diversi dalla dimensione criminale, e riguardano diversi aspetti della vita sociale: siamo preoccupati per il perdurare di una crisi economica senza precedenti, per l’andamento dell’economia, per la mancanza di lavoro che crea, a prescindere da ogni responsabilità governativa, disagio sociale, nuove povertà, nuove disoccupazioni.

Secondo uno studio del CENSIS gli italiani hanno oggi paura di una nuova guerra (60,1%), paura della criminalità organizzata (60%) e poi del terrorismo (58,2%).

Ora, questa analisi dimostra in maniera inconfutabile che le paure della società non sono mai collegate al dato statistico: nonostante quel che si pensa, per esempio, i dati inerenti le vittime del terrorismo sono del tutto secondari rispetto a quelle prodotte da altre forme di crimine.

Eppure la gente ha paura del terrorista più di ogni altro criminale.

E hanno paura soprattutto i giovani, quelli cioè che neanche hanno vissuto la triste realtà dei nostri anni di piombo, e hanno paura cittadini che soprattutto dopo l’11 settembre 2001 si aspettano, ancora una volta, un attacco sui voli di linea oppure, dopo la strage della metropolitana di Madrid del 2004, sulla metropolitana e sono cittadini disposti a rinunciare, pur di avere una maggiore sicurezza, ad uno spazio consistente della propria libertà.

Questa è la strategia della tensione, così come noi l’abbiamo vissuta il 12 dicembre 1969 con la strage di piazza Fontana a Milano, il 17 maggio del ’73 con la strage della Questura di Milano, il 28 maggio del ’74 con la strage di piazza della Loggia a Brescia, il 2 agosto dell’80 con la strage di Bologna, il 23 dicembre dell’84 con l’attentato al treno rapido 904.

Stragi che hanno provocato centinaia di morti e di feriti tra comuni cittadini e hanno segnato la storia del nostro Paese.

Ma la nostra paura non è tanto oggi legata a questi eventi, quanto a fatti nuovi, che penetrano nelle nostre case tramite internet o le immagini della tivù satellitare, a causa dei quali oggi tutti ci sentiamo più esposti di quanto in realtà siamo.

1)IL TERRORISMO NAZIONALE

Diamo per acquisito allora, subito, un fatto indubbiamente positivo che riguarda lo stato del nostro terrorismo nazionale, o meglio del contrasto ad esso.

A 11 anni dall’omicidio di Massimo D’Antona possiamo oggi affermare che il terrorismo nazionale è stato definitivamente sconfitto.

Il nostro è un Paese capace di grandi slanci nella lunga strada per il progresso civile, ma buona parte di questi passi in avanti sono dovuti al sacrificio di persone illuminate che pur operando in settori diversi e spesso distanti fra loro, hanno avuto il coraggio di pensare idee diverse da quelle normali, hanno avuto il coraggio di rischiare per vederle affermate, hanno avuto, insomma, la caparbietà di insistere sulla strada delle riforme.

C’è un filo rosso che accomuna la vita e la morte di Giovanni Falcone, di Paolo Borsellino, di Massimo D’Antona e di Marco Biagi (solo per citarne alcuni).

Un filo rosso di sangue che disegna un destino beffardo anche nei riconoscimenti a loro tributati (qualche volta non senza un po’ d’ ipocrisia) dopo il loro sacrificio.

Così come Falcone e Borsellino avevano avuto problemi di critica” serrata,” anche dai loro colleghi per aver pensato un nuovo modo di intendere la lotta alla mafia e al crimine organizzato, così anche D’Antona e Biagi erano stati additati come traditori dei lavoratori per aver pensato a come poter garantire i diritti dei lavoratori in un contesto diverso da quello degli anni ’60 e ’70.

Non a negarli, ma a garantirli in un contesto del tutto diverso, dal punto di vista storico, da quello in cui nacque, all’indomani dei grossi conflitti sociali collegati al boom economico della ricostruzione post-bellica, lo Statuto dei lavoratori.

Grande merito del Sindacato di quegli anni fu quello di aver assunto un ruolo di mediazione più che di provocazione, permettendo la creazione di un centro di raccordo e di composizione dei diversi interessi in atto.

Grave pecca fu invece quella di non aver saputo o voluto isolare in tempo reale quei soggetti che equivocavano la lotta di classe con la lotta contro” l’avversario sociale”, il padrone da abbattere.

Perché questo è il terreno preferito dal terrorismo: quello di proiettare una logica arcaica secondo la quale chiunque dissenta dal mio modo di vedere le cose è un nemico da annientare fisicamente.

E chi si attiva per mantenere il confronto nell’ambito delle regole democratiche diventa un traditore che merita la condanna a morte.

Non a caso la prima vittima ufficiale del terrorismo nazionale fu proprio un sindacalista della Cgil, Guido Rossa, il quale era particolarmente attivo nell’espletamento del suo mandato: quello di portare avanti le esigenze della categoria nel rispetto assoluto delle norme e dei valori posti a fondamento dell’ordinamento democratico.

Parlando di terrorismo nazionale credo che nessuno oggi possa negare che più di qualche errore è stato commesso anche dalla società civile,dal mondo degli intellettuali e dell’opinione pubblica, quando non ha saputo prontamente condannare “i compagni che sbagliavano”, quella “meglio gioventù” che sognava, (provenendo non a caso da famiglie agiate e da letture colte), una società migliore e comunque diversa, per la quale ritenevano imprescindibile combattere una guerra santa contro uomini simbolo di un potere reale.

Per questo dico che oggi quel tipo di terrorismo è stato definitivamente sconfitto: gli anni di piombo ed il conflitto sociale, inteso come conflitto armato, appartengono ad una logica tragica e tramontata per sempre.

È morto il terrorismo, ma ci potranno sempre essere dei singoli criminali pronti ad usare la violenza e l’assassinio per affermare le proprie idee.

Non a caso, per esempio, proprio nell’ultimo G8 a L’Aquila gli Stati che vi hanno partecipato hanno inteso sottoscrivere una dichiarazione congiunta che li impegna ad una nuova epoca di cooperazione internazionale che rafforzi le antiche sinergie e ne costituisca di nuove, precisando che: “tutti gli atti di terrorismo da chiunque siano commessi sono crimini inumani ed ingiustificabili, indipendentemente dalla loro motivazione”.

In questa dichiarazione io leggo la volontà di isolare i terroristi, giacché non sarà più importante capire le motivazioni del loro agire, essendo condivisa la condanna della violenza come modo di agire.

Il terrorismo nazionale pare allora che non debba essere la fonte principale della nostra preoccupazione, se non nei limiti in cui si manifesta una cultura, se così si può dire, della violenza, dell’oltraggio, della prevaricazione.

Anche questi sono terreni fertili per le schegge impazzite pronte a commettere atti terroristici.

Alcune pratiche a volte eccessivamente tollerate anche per fini di mantenimento dell’ordine pubblico andrebbero, a mio avviso, stroncate sul nascere.

Quando si imbrattano le lapidi dei partigiani, quando si impiccano o si danno a fuoco fantocci emblematici della Resistenza, quando durante una partita di calcio si esibiscono simboli razzisti o scritte antiebraiche, quando giovani facinorosi formano bande prive di riferimenti e alla ricerca più o meno consapevole di una identità, anche se negativa, io intravedo i rischi di un nuovo terrorismo.

Fatto non di ideologia o di intenti sovversivi, ma cosa peggiore, della pratica o della violenza del terrore come affermazione della propria identità. Un terrorismo finalizzato alla pratica della violenza come unico motivo della sua esistenza. E per questo ancora più insidioso.

2) IL TERRORISMO INTERNAZIONALE

Discorso diverso va invece fatto per il terrorismo internazionale, del quale quello di matrice islamica rappresenta soltanto un aspetto.

La dimensione internazionale del terrorismo non è sicuramente un fenomeno nuovo, tutt’altro.

Lo stesso Kofi Annan ebbe a dire nel 2005, che “le minacce che ogni Stato percepisce come più urgenti sono in realtà altrettanto critiche per tutti gli Stati: nessun Paese, da solo, è in grado di affrontare problematiche di portata globale”.

Ecco, la caratteristica del terrorismo internazionale è proprio questa, quella di rivolgersi contemporaneamente a tutti gli Stati indistintamente.

Non a caso il Consiglio Europeo nell’elaborare la propria strategia in materia di sicurezza ha identificato nel terrorismo la minaccia più importante da affrontare a livello europeo.

Il terrorismo internazionale pare quindi la vera sfida per le forze di polizia del XXI secolo.

Ed è un terrorismo che appare caratterizzato da tre aspetti:

– ha notevoli risorse finanziarie;

– ha un accesso privilegiato a reti telematiche e tecnologie moderne ad una portata globale;

– punta essenzialmente ai nodi più invulnerabili della nostra organizzazione sociale, quali le nostre infrastrutture critiche (le energie, i trasposti e le tecnologie informatiche).

3)COMBATTERE IL TERRORISMO CON LA DEMORAZIA

E’ questa la vera sfida per la nostra democrazia.

Il problema che oggi dobbiamo porci è come la nostra democrazia stia affrontando il problema del terrorismo.

Alcuni Stati già oggetto di attacchi terroristici hanno optato per misure eccezionali a scopo di difesa,e ciò ha comportato il ritorno all’uso antico del terrore contro il terrorismo.

Altri Stati di cultura non occidentale approfittano del terrorismo per ritagliarsi uno spazio di impunibilità in cui, soprattutto oggi, avvengono continue violazioni dei diritti umani.

Atti storicamente accertati, come il Patriot Act con il quale l’amministrazione Bush ha reagito all’11 settembre, o la stessa prigione di Guantanamo vanno letti come legittimazione sociale di una sospensione di alcune libertà garantite dalla Costituzione ai cittadini a favore di una loro maggiore sicurezza. E’ un errore.

A nostro modo di vedere le cose è bene che la democrazia non ricorra mai alla violenza, neanche per il migliore dei fini. Neanche per sconfiggere il terrorismo.

E’ la nostra storia ad insegnarcelo, la storia del nostro Paese che trent’anni fa ha sconfitto il terrorismo nazionale scegliendo, con grandi sacrifici, di non rinunciare al percorso democratico neanche sotto la pressione dell’attacco al cuore dello Stato.

La forza intrinseca della nostra società sta proprio nel rispetto per la libertà e per la democrazia, ed il terrorista usa proprio quest’apertura per realizzare i suoi loschi fini.

Chiudersi a riccio in un fortino ben protetto ma senza cultura democratica non è la soluzione migliore.

L’effetto finale è sempre un effetto domino per il quale la paura genera violenza, che si abbatte sugli individui più vulnerabili delle nostre comunità, e diventa sempre più radicale la paura del diverso, dell’emarginato, dello straniero.

L’obiettivo principale del terrorismo è proprio quello di minare i valori fondamentali della nostra società.

La tecnologia odierna offre altresì una cassa di risonanza senza precedenti: internet in particolare è usato per diffondere nelle nostre case l’incubo di una violenza non più immaginata, ma reale, trasmessa in diretta, ricca di lugubri dettagli, capace di fomentare a dismisura le nostre paure.

Eppure noi ripetiamo, pur correndo il rischio di non essere alla moda, l’idea che bisogna resistere ad ogni costo alla tentazione della “violenza di Stato”.

A lungo termine la risposta che si è sempre rivelata più efficace contro il terrore riguarda la pratica dei valori della democrazia, la promozione dei diritti umani e dello stato di diritto.

4) CONCLUSIONI

Le Forze di Polizia chiamate a fronteggiare la minaccia del terrorismo hanno oggi diverse esigenze; e la prima di tutte consiste nel sentire sempre al loro fianco la presenza delle Istituzioni, dei cittadini, della società civile e della politica. Per dirla con le parole del Prefetto Ansoino Andreassi, per molti anni direttore del massimo apparato della Polizia di Stato istituito contro il terrorismo.

Egli affermava che la via della risposta alla minaccia terroristica deve essere comune e cioè “ sembra una via assolutamente da percorrere con beneficio reciproco, soprattutto con beneficio delle strategie di prevenzione che si possono adottare nei confronti del fenomeno, al di là della prevenzione pura e semplice di polizia.”

Il discorso allora non può essere altro che quello da tanto tempo invocato; “che in campo, a contrastare certi fenomeni, la polizia non basta ma devono soccorrere anche le forze politiche e le altre componenti sociali.”

Ciò, del resto, ha consentito un tempo di sconfiggere il terrorismo.

Ciò consentirà di isolare e di sconfiggere il terrorismo internazionale nella parte in cui esso si appoggia al disagio sociale per cercare protezione e consenso.

Il sindacato è ancora una volta chiamato ad un ruolo di prima linea sui difficili fronti dell’integrazione e dell’ammortizzazione del conflitto sociale reso ancora più evidente e drammatico dal processo di globalizzazione. Rosarno è un episodio destinato a ripetersi, è nostro compito vigilare affinché non si trasformi in qualcosa di molto più insidioso.

Il terreno fecondo per il virus del terrorismo, secondo il SIULP, e la CISL sono certo condivida, sono l’estrema frantumazione sociale ma, soprattutto, la crisi della politica, la lontananza delle istituzioni, la debolezza del messaggio valoriale di solidarietà. I sindacati confederali hanno da qualche anno denunciato, in un documento unitario, le colpe della nostra società in un momento drammatico in cui appaiono evidenti i segnali di un malessere al quale non può essere data una sola risposta di polizia.

In quel documento si affermava: “In questi anni non si è affermato un progetto di crescita e di equità volto a promuovere processi democratici, in grado di ricomporre in energie positive le spinte, diversamente disgregatrici, della società”.

La prima sfida della lotta al terrorismo, pertanto, per tutte le forze democratiche (partiti in primis, organizzazioni sociali, istituzioni e società civile) è la rigenerazione della politica, l’irrobustimento del tessuto sociale, la solidità di valori condivisi”.

Isolare il terrorista deve essere la parola d’ordine nel nostro futuro prossimo.

Le donne e gli uomini della Polizia di Stato che si riconoscono nei valori del sindacato confederale hanno l’esigenza di lanciare oggi un accorato appello tramite il Siulp: facciamo tesoro della nostra storia, non ripetiamo gli errori del passato, dateci uomini e mezzi per fronteggiare la minaccia che si profila all’orizzonte prima che altri innocenti vengano sacrificati sull’altare della violenza cieca e stupida del terrore.

Perché la sicurezza in questo Paese deve passare da costo ad investimento, perché solo investendo anticipatamente su un modello di sicurezza partecipata e condivisa, basata sull’esaltazione della prevenzione e del rafforzamento dei valori sociali e di democrazia condivisi, si toglie il terreno fertile in cui si annida e può crescere il seme della violenza e del terrore di cui si nutre il terrorismo.

Per affermare in sostanza, parafrasando la celebre frase “o mi danno i poteri necessari per fronteggiare la più grande industria del crimine della nostra epoca, oppure la mia nomina a Prefetto non servirà proprio a nulla” del Prefetto Dalla Chiesa che il terrorismo internazionale, così come quello nazionale, può essere contrastato e sconfitto.

Ma per fare questo, sia chiaro a tutti, occorre coesione sociale, condivisione dei valori della democrazia, lavoro, sviluppo, accoglienza e valorizzazione della multi etnicità a cui la nostra società è ormai destinata.

Compito quest’ultimo che spetta in via primaria alla politica e al sindacato confederale come la CISL.

Tutto ciò, insieme al controllo del territorio, all’attività di intelligence e all’azione di polizia, investendo le necessarie risorse che questi settori richiedono, rafforzando il terreno della democrazia e della società civile, consentirà di rispedire al mittente la pratica del terrore, foriera della violenza.

Sono certo che l’impegno di tutti, partendo proprio da questo convegno di oggi, potrà tracciare la strada maestra per prepararsi ad affrontare questa sfida che, se non attuata nell’immediato, potrà rappresentare un ostacolo vero al progresso e allo sviluppo del nostro Paese, dell’Europa e dell’intera comunità internazionale.

Grazie.


 

 Rassegna stampa

Corriere della sera

Allarme sicurezza: mancano 700 agenti – Il Siulp: «Dateci uomini e mezzi». La Russa: «Grazie a Maroni, che ha già inviato 170 soldati»

Il giorno

Sicurezza in città, Siulp e Cisl: “Servono interventi concreti”

Conquiste del Lavoro

Contro il terrorismo, mai abbassare la guardia

Il Riformista

Terrorismo: Romano (Siulp), agevolato da frantumazione sociale e crisi politica

Il Riformista

Milano: Siulp e Cisl, a Milano su sicurezza servono interventi concreti

Affari italiani

Sicurezza/ Siulp, a Milano mancano 700 agenti

Libero news

Milano: Siulp e Cisl, a Milano su sicurezzaservono interventi concreti

TERRORISMO: ROMANO (SIULP), AGEVOLATO DA FRANTUMAZIONE SOCIALE E CRISI POLITICA

Milano, 22 feb. (Adnkronos) – “Il terreno fecondo per il virus del terrorismo secondo il Siulp e la Cisl sono l’estrema frantumazione sociale ma, soprattutto la crisi della politica, la lontananza delle istituzioni, la debolezza del messaggio di solidarieta’”. Queste le parole di Felice Romano, segretario generale del sindacato di polizia Siulp, intervenuto al convegno ‘Terrorismo: insieme per ricordare, uniti per prevenire’, tenutosi oggi a Milano. Secondo Romano, “la prima sfida della lotta al terrorismo per tutte le forze democratiche e’ la rigenerazione della politica”. Il segretario generale del Siulp, che ritiene definitivamente sconfitto il terrorismo nazionale, parla oggi di un pericolo a livello internazionale. “A 11 anni dall’omicidio D’Antona possiamo oggi affermare che il terrorismo nazionale e’ stato definitivamente sconfitto”, afferma Romano: “gli anni di piombo ed il conflitto sociale inteso come conflitto armato appartengono ad una logica tragica e tramontata per sempre”, anche se “potranno sempre essere dei singoli criminali pronti ad usare la violenza e l’assassinio per affermare le proprie idee”. Discorso totalmente diverso, continua il segretario generale del Siulp, va fatto per il terrorismo internazionale, “vera sfida per le forze di polizia del ventunesimo secolo e per la nostra democrazia”. Questo tipo di terrorismo, dice Romano, e’ caratterizzato da tre aspetti: la disponibilita’ di notevoli risorse finanziarie, un accesso privilegiato a reti telematiche e tecnologie di portata globale e la preferenza per obiettivi ‘sensibili’ come energie, trasporti e tecnologie informatiche. Per rispondere alle minacce del terrorismo, il cui obiettivo e’ “quello di minare i valori fondamentali della nostra societa’”, Romano sostiene che sia necessario “resistere alla tentazione della ‘violenza di Stato'”, preferendo “la pratica dei valori della democrazia, la promozione dei diritti umani e dello stato di diritto”, strumenti che “a lungo termine si sono sempre rivelati piu’ efficaci contro il terrore”.

SICUREZZA: SEGRETARIO SIULP, DATECI UOMINI E MEZZI A MILANO CONVEGNO SU TERRORISMO CON BINDI E LA RUSSA

(ANSA) – MILANO, 22 FEB – E’ stata un’occasione per riflettere sulla sicurezza il convegno ‘Terrorismo. Insieme per ricordare, uniti per prevenire’ organizzato a Milano dal sindacato di polizia Siulp e dalla Cisl. Di questo hanno parlato fra gli altri il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, e la vicepresidente del Senato Rosy Bindi d’accordo, anche se di partiti diversi, sul bisogno di investire nelle forze dell’ordine. E proprio quello delle risorse e’ uno dei punti dolenti sottolineato dalla polizia. ”Dateci uomini e mezzi per fronteggiare la minaccia che si profila all’orizzonte – ha detto il segretario generale del Siulp Felice Romano – prima che altri innocenti vengano sacrificati sull’altare della violenza cieca e stupida e del terrore”. A Milano, ha spiegato il sindacato, ci sono 702 agenti di polizia in meno rispetto a quelli previsti con il decreto ministeriale del 1991. ”Sulle forze dell’ordine – ha osservato Bindi – vanno fatti grandi investimenti, ad esempio sulla formazione”. Ma, secondo il presidente del Pd, e’ importante anche lavorare all’integrazione come dimostrano i disordini di via Padova. ”Dobbiamo creare le condizioni per una societa’ integrata – ha spiegato – Dove si tollera qualunqie forma di violenza, di razzismo, di xenofobia, di separatezza ci si rende responsabili della crescita di fenomeni che purtroppo nel nostro Paese gia’ conosciamo”. Anche La Russa ha spiegato che per la lotta al terrorismo ”occorrono risorse e occorre che la comunita’ nazionale si senta vicino alle forze di polizia”. Sul personale a Milano ha pero’ frenato ricordando che dopo i disordini di via Padova il Viminale ha mandato 170 agenti in piu’ e che a pattagliare i quartieri a rischio ci sono circa 400 militari. Chi invece trova sbagliato usare i militari per la sicurezza e’ il deputato Udc Pierluigi Mantini che vorrebbe fossero poliziotti e carabinieri, e non soldati, a ”occuparsi di contrasto alla criminalita”’.

SICUREZZA: SIULP, A MILANO MANCANO 700 AGENTI

(AGI) – Milano, 22 feb. – A Milano e in provincia mancano almeno 700 agenti. L’allarme e’ stato lanciato dal sindacato di Polizia, Siulp, durante il convegno sul terrorismo in corso nel capoluogo lombardo. “Mancano 700 agenti, di cui 500 in citta’ – ha spiegato Mauro Guaetta, segretario generale provinciale Siulp -. Occorrono piu’ uomini, ma non solo. E’ necessario anche che venga ridisegnata l’organizzazione”. Per esempio adesso ci sono 17 commissariati, e questo significa molti uffici che svolgono gli stessi compiti. Occorre secondo Guaetta riflettere su quello che e’ successo “e iniziare a parlare della sicurezza aprendo un tavolo permanente e non solo in momenti di campagna elettorale”. Al momento sono 4900 gli agenti in provincia di Milano, 3800 in citta’.

Alla prova dei fatti, l’istituzione di pattuglie miste con l’esercito o di figure come i poliziotti di quartiere, ma anche l’apertura di nuove caserme, si sono rivelate iniziative d’immagine che non hanno dato risposte al bisogno di sicurezza dei cittadini. Cio’ che occorre e’, invece, un deciso sforzo per ampliare gli organici delle forze dell’ordine, razionalizzare i presidi sul territorio e favorire il coordinamento di polizia, carabinieri, guardia di finanza e polizia locale. Sono queste le richieste avanzate oggi da Siulp e Cisl di Milano, durante il convegno. “Le scelte fin qui fatte si sono dimostrate inefficaci – ha sottolineato il segretario generale del Siulp milanese Mauro Guaetta -. L’apertura di nuove caserme, ad esempio, vista la carenza degli organici, si e’ rivelata dannosa perche’ per funzionare hanno bisogno di tutta una serie di figure che sono state recuperate tra il personale esistente. Detto in altri termini, per aprire nuove caserme si sottraggono agenti e mezzi dall’attivita’ di controllo nelle strade. Lo stesso discorso vale per i poliziotti di quartiere: quelli in servizio a Milano non sono uomini in piu’, ma agenti spostati dalle volanti. E questo, dal punto di vista del contrasto al crimine, e’ un problema: una pattuglia in auto e’ senz’altro piu’ efficace di un agente a piedi”. Secondo il Siulp, a Milano, rispetto a quanto stabilito dal decreto ministeriale di riferimento, risalente al ’91, mancano 702 poliziotti. Il dispositivo prevedeva la presenza di 4.037 agenti in Questura, 631 nella Polizia ferroviaria e 414 nella Polizia stradale. In realta’ oggi ne risultano in servizio 3.707 in Questura (-330), 380 nella Polizia ferroviaria (-251), 293 nella Polizia stradale (-121). Attualmente sul territorio sono insediati 22 commissariati (17 in citta’ e 5 in provincia), con organici che oscillano dalle 50 alle 100 unita’ per un totale di 1.390 addetti. Il problema della sicurezza non e’, pero’, solo un problema di ordine pubblico. “Le forze politiche – osserva il segretario generale della Cisl milanese, Danilo Galvagni – devono smetterla di cavalcare le paure dei cittadini per fini elettorali: basta fiaccolate e dichiarazioni al vetriolo, come quelle che tendono a equiparare emigrazione e delinquenza e a far apparire la situazione piu’ allarmante di quella che e’. La Polizia milanese lamenta da anni gravi carenze negli organici e nei mezzi, pero’ cambiano i governi e gli appelli rimangono inascoltati. Roma deve ricordarsi di Milano”. Entrando nel dettaglio, durante il suo intervento Guaetta ha avanzato due proposte finalizzate a rendere piu’ efficace il controllo del territorio: ridurre gli attuali 17 commissariati cittadini in 9 “distretti di polizia” (1 per ogni circoscrizione) e trasformare i restanti 8 da commissariati a “posti di polizia”, da destinare esclusivamente al disbrigo di pratiche burocratiche (ricezione denunce, ricezione esposti, domanda porto d’armi, richiesta-rilascio passaporti): cio’ consentirebbe di “recuperare” circa 300 uomini da utilizzare “in strada”.

SICUREZZA: SIULP, A MILANO MANCANO 700 AGENTI POLIZIA

(ANSA) – MILANO, 22 FEB – A Milano mancano poliziotti e ne mancano tanti: il Sindacato unitario dei lavoratori di polizia stima che solo in citta’ ci siano 500 agenti in meno rispetto a quanto prevedeva il decreto del 1991, in tutto 702 considerando anche la provincia. Si parla di un 15% di forze in meno: 330 mancanti in questura (dove ne erano previsti 4.037), 251 nella polfer, 121 fra gli agenti della stradale. La conseguenza e’ che ”solo in quattro commissariati su 17 si garantiscono le volanti ventiquattr’ore al giorno” ha spiegato Mauro Guaetta, il segretario milanese del sindacato. La proposta del Siulp, che oggi ha organizzato con la Cisl di Milano un convegno sul terrorismo, e’ quella di ”razionalizzare” cioe’ diminuire i commissariati: le zone della citta’ sono nove e si potrebbero avere nove commissariati facendo diventare gli altri semplici posti di polizia in modo da avere ”300 agenti in piu’ sulle strade”. ”Bisogna iniziare a parlare di sicurezza non solo in campagna elettorale – ha commentato Guaetta – facendo un tavolo permanente. La lotta al crimine non si fa con gli slogan. Per aprire nuove caserme si sottraggono agenti e mezzi dall’ attivita’ di controllo nelle strade. E lo stesso vale per i poliziotti di quartiere: quelli in servizio a Milano non sono uomini in piu’, ma agenti spostati dalle volanti”. ”Basta fiaccolate e dichiarazioni al vetriolo – ha aggiunto il segretario della Cisl milanese Danilo Galvagni -. Servono meno chiacchiere e piu’ interventi concreti”.

MILANO: SIULP E CISL, A MILANO SU SICUREZZA SERVONO INTERVENTI CONCRETI

Milano, 22 feb. (Adnkronos) – Siulp e Cisl di Milano chiedono interventi concreti in tema di sicurezza al posto di iniziative d’immagine che a loro parere non hanno dato risposte al bisogno di sicurezza dei cittadini, come l’istituzione di pattuglie miste con l’esercito o di figure come i poliziotti di quartiere e l’apertura di nuove caserme. Intervenendo al convegno ‘Terrorismo: insieme per ricordare, uniti per prevenire’, tenutosi oggi al Centro Congressi Corridoni, il segretario generale del Siulp milanese Mauro Guaetta ha chiesto “interventi concreti, a cominciare dal potenziamento di uomini e mezzi”, sottolineando che “soltanto a Milano mancano diverse centinaia di agenti”. La lotta al crimine, ha detto Guaetta, “non la si fa con gli slogan”. Secondo il Siulp (sindacato della polizia) a Milano mancano 702 poliziotti rispetto a quanto stabilito dal decreto ministeriale di riferimento, risalente al 1991. Le forze politiche, e’ intervenuto il segretario generale della Cisl milanese Danilo Galvagni, “devono smetterla di cavalcare le paure dei cittadini per fini elettorali: basta fiaccolate e dichiarazioni al vetriolo, come quelle che tendono a equiparare emigrazione e delinquenza e a far apparire la situazione piu’ allarmante di quella che e’. Servono meno chiacchiere e piu’ interventi concreti”. Secondo Galvagni gli appelli della Polizia milanese ad un incremento dell’organico e dei mezzi sono inascoltati da anni nonostante il cambiamento dei governi. “In citta’ – ha detto – ci sono troppe zone abbandonate a se’ stesse, c’e’ carenza di iniziative che favoriscano l’accoglienza e l’integrazione di chi vive situazioni di disagio, a cominciare dagli stranieri. La risposta alla domanda di sicurezza non puo’ essere delegata in toto alle forze dell’ordine: Comune, Provincia e Regione possono fare molto di piu’ sul piano della prevenzione al crimine”.

SICUREZZA: BINDI, IL GOVERNO HA FALLITO

(AGI) – Milano, 22 feb. – Il Governo che ha fatto della sicurezza un punto centrale della campagna elettorale non ha rispettato le promesse. Lo sostiene il vicepresidente della Camera Rosy Bindi, intervenuta oggi al convegno sul terrorismo a Milano. “Le forze dell’ordine – ha detto Bindi – hanno pagato un tributo alto e restano un punto centrale. Sulle forze dell’ordine vanno fatti grandi investimenti soprattutto sulla formazione. Credo ci sia un’emergenza organizzativa non solo su Milano. Il Governo ha vinto le elezioni puntando su sicurezza, famiglia e abbassamento delle tasse. E questi sono i 3 fallimenti di questo Governo”. Occorre dunque, secondo la Bindi investire sulle forze dell’ordine che anche secondo quanto emerge dal convegno di oggi, e dalle relazioni del Siulp, sono sotto organico, a Milano come in altre citta’. “Non possiamo abbassare il livello di guardia – ha concluso Bindi – chi ha responsabilita’ politiche e istituzionali deve pensare a come esercitare queste responsabilita’. Dobbiamo farci carico della crisi, combattere le disuguaglianze, vigilare sul rischio della disaffezione che puo’ prendere le persone, e fare in modo che i conflitti sociali siano regolati dalla vita democratica e non da pulsioni populistiche”.

SICUREZZA: BINDI, CON FAMIGLIA E TASSE E’ FALLIMENTO GOVERNO

(ANSA) – MILANO, 22 FEB – La sicurezza e’ uno dei punti su cui il governo Berlusconi ha fallito, secondo Rosy Bindi, che oggi e’ intervenuta a Milano a un convegno sul terrorismo organizzato da Cisl e Siulp, il sindacato italiano unitario dei lavoratori di polizia che a Milano lamentano una mancanza di agenti. ”Credo che una emergenza organizzativa non ci sia solo su Milano – ha detto l’esponente del Pd -. Il governo ha vinto le elezioni sulla sicurezza, sulla famiglia e sull’abbassamento delle tasse e questi sono tre fallimenti di questo governo”.

TERRORISMO: LA RUSSA, NON SARA’ FACILE VENIRNE FUORI

(ANSA) – MILANO, 22 FEB – In Italia il pericolo del terrorismo e’ soprattutto quello di matrice internazionale. Il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, a un incontro a Milano, organizzato dalla Cisl e dal Siulp (il sindacato italiano unitario dei lavoratori di polizia) ha tracciato un quadro generale della situazione, sottolineando che per quanto riguarda il terrorismo interno: ”non bisogna abbassare la guardia anche se non ci sono piu’ le condizioni per la lotta armata”. Ha aggiunto che l’attenzione maggiore riguarda ”il terrorismo internazionale soprattutto di matrice islamica”, dal quale ”non sara’ facile venire fuori”. C’e’ infatti bisogno, secondo il ministro, della collaborazione internazionale che gia’ si e’ iniziati a realizzare. Ed e’ essenziale ”che non si concedano alibi culturali ai terroristi”.

MILANO: LA RUSSA, NUMERO ADDETTI A SICUREZZA E’ ADEGUATO, RINGRAZIO MARONI PER INVIO MILITARI

Milano, 22 feb. (Adnkronos) – “A Milano le forze dell’ordine sono state integrate con dei militari che fanno pattugliamento anche a piedi nelle zone a rischio: dal punto di vista dei cittadini la copertura e’ effettiva”. Lo ha detto il ministro della Difesa Ignazio La Russa a margine di un convegno sul terrorismo in corso a Milano, commentando le affermazioni del Siulp (Sindacato italiano unitario lavoratori polizia), secondo cui a Milano mancano almeno 700 agenti. La Russa ha ringraziato il ministro dell’Interno Roberto Maroni “per quello che sta facendo”, ricordando che “ha gia’ inviato 170 militari”. La Russa ha sottolineato che “il numero degli addetti alla sicurezza e’ esattamente quello che era stato richiesto: non importa se sono carabinieri, agenti della polizia o militari”.

Sicurezza/ La Russa: Ringrazio Maroni per agenti a Milano Gia’ inviati 170 poliziotti a cui si aggiungono 400 soldati Milano,

22 feb. (Apcom) – Il ministro della Difesa Ignazio La Russa ringrazia “Maroni perché sta intervenendo” sulla sicurezza a Milano. “Ha mandato già 170 agenti e ricordo che abbiano mandato 400 militari che contribuiscono alla sicurezza”. La Russa risponde così alla denuncia del sindacato di polizia Siulp, secondo cui nella città di Milano mancano 500 agenti, 700 considerando anche la provincia. “Il numero di addetti è quello richiesto” ha detto La Russa, sottolineando che “Maroni fa quello che può” e che, grazie al pattugliamento a piedi dei militari nei quartieri a rischio, “dal punto di vista dei cittadini la copertura è effettiva”

TERRORISMO: LA RUSSA, PER VENIRNE FUORI PRIMA REGOLA E’ NON FORNIRE ALIBI

Milano, 22 feb. (Adnkronos) – “La prima regola per contrastare il terrorismo e’ non concedere nessun alibi culturale alle sue ragioni”. Lo afferma il ministro della Difesa Ignazio la Russa intervenendo ad un convegno sul terrorismo organizzato da Cisl e Siulp a Milano. “Sul tema del terrorismo non ci possono mai essere alibi”, sottolinea La Russa parlando della realta’ italiana. “Offrire alibi e appigli, non voglio alzare il dito contro nessuno, ma a buon intenditor poche parole, significa dare un aiuto enorme al terrorismo, che tra l’altro gli italiani rigettano”. Secondo il ministro della Difesa attualmente “il pericolo del terrorismo riguarda soprattutto quello internazionale, prevalentemente di matrice islamica”, un fenomeno da cui “sara’ non facile venire fuori, e per cui c’e’ bisogno di grande condivisone e collaborazione a livello internazionale, perche’ non e’ un problema che puo essere affrontato da uno o pochi stati”. Se non si accetta, continua il ministro, “che nessuna ragione puo’ portare a commettere atti rivolti in modo subdolo contro la popolazione civile inerme e innocente, non ci sara’ mai la possibilita’ di frenare il terrorismo”.

SICUREZZA: MILANO; LA RUSSA, GRAZIE A MARONI PER AGENTI (V. ‘SICUREZZA: SIULP, A MILANO MANCANO 700…’ DELLE 14.21)

(ANSA) – MILANO, 22 FEB – Se il sindacato di polizia Siulp lamenta la mancanza di circa 700 agenti a Milano, il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, assicura che ”dal punto di vista dei cittadini la copertura e’ effettiva”, anche grazie ai quattrocento militari che pattugliano i quartieri piu’ difficili. ”Ringrazio Maroni che sta intervenendo” ha detto La Russa, a margine di un convegno sul terrorismo organizzato da Siulp e Cisl a Milano, ricordando i 170 agenti arrivati in citta’ dopo i disordini di via Padova. ”Abbiamo mandato anche circa quattrocento militari” ha aggiunto sottolineando che ”il numero e’ esattamente quello richiesto”. ”Maroni fa quello che puo’ – ha concluso – e c’e’ l’integrazione nei quartieri a rischio dei militari che fanno anche pattugliamento a piedi. Dal punto di vista dei cittadini la copertura e’ effettiva”.

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