Il testo sul DDl per il reato di tortura, così come lo si vuole emendare al Senato, corre il rischio di legare le mani alle Forze di polizia, di esporre i singoli appartenenti nell’adempimento del loro dovere a criminalizzazioni facili e infondate e di sottoporli ad una vera e propria azione di intimidazione rispetto alle facili strumentalizzazioni che si potranno verificare. Ma la cosa più grave favorisce i delinquenti e i violenti a scapito dei cittadini.
Lo afferma Felice ROMANO, Segretario Generale del SIULP nel commentare le modifiche preannunciate dalla maggioranza al testo della norma all’esame del Senato.
L’introduzione di un reato proprio delle Forze di polizia, anziché di un reato comune con le giuste aggravanti per i pubblici ufficiali o per gli incaricati di un pubblico servizio, eliminando il presupposto della pluralità delle condotte, della reiterazione delle violenze e delle minacce gravi sinora previste, costituirebbe il concretizzarsi di una norma, preconcetta e voluta dal cosiddetto partito dell’anti polizia, che, anziché operare un avanzamento civile e in linea con le raccomandazioni della Comunità europea del nostro ordinamento giuridico, costituirebbe un elemento di equivoco sul legittimo utilizzo della forza nell’espletamento del proprio dovere con conseguente esposizione alle facili strumentalizzazioni e possibili danni potenziali sull’ordinario sistema di prevenzione e sicurezza. Il tutto a discapito della sicurezza dei cittadini e dell’intero Paese.
Per fare questo, però è necessario che si eviti qualsiasi forma di discutibile e pericolosa ideologizzazione di chi, per obbligo di legge, è chiamato a far rispettare la norma opponendo, nei casi espressamente previsti, la forza alla violenza.
La stessa CAT (Convenzione Anti Tortura), del resto, precisa che il termine tortura non si può estendere al dolore o alle sofferenze derivanti unicamente da sanzioni legittime, ma a minacce o violenze intenzionalmente imposte al precipuo fine di ottenere una confessione.
L’attuale testo, qualora dovesse essere emendato, come preannunciato dalla maggioranza, costituirebbe un riferimento con troppe ambiguità la cui unica certezza che se ne potrà trarre, sarà quella che per le Forze di polizia è meglio non intervenire.
Ecco perché, conclude Romano, non comprendendo i tifosi del reato proprio per le sole Forze di polizia, atteso che la CEDU ha sentenziato, condannandole altre condotte riconducibili alla tortura poste in essere non dalla polizia, occorre che il dibattito parta dalla necessità di introdurre una fattispecie di reato comune, con le necessarie aggravanti, in modo da colpire ogni forma di condotta riconducibile alla tortura, senza per questo minare il nostro sistema sicurezza incoraggiando, così i soliti professionisti della violenza che ogni settimana e in ogni occasione di grandi eventi devastano le nostre città certi della totale impunità.
Lanci di agenzia
Tortura: Siulp,si criminalizzano e legano mani forze polizia
(ANSA) – ROMA, 7 LUG – “Il testo sul ddl sul reato di tortura, così come lo si vuole emendare al Senato, corre il rischio di legare le mani alle Forze di polizia, di esporre i singoli appartenenti nell’adempimento del loro dovere a criminalizzazioni facili e infondate e di sottoporli ad una vera e propria azione di intimidazione rispetto a facili strumentalizzazioni. Ma, la cosa più grave, favorisce i delinquenti e i violenti a scapito dei cittadini”. Lo afferma Felice Romano, segretario generale del Siulp sulle modifiche preannunciate dalla maggioranza al testo all’esame del Senato. “L’introduzione di un reato proprio delle forze di polizia, anziché un reato comune con le giuste aggravanti per i pubblici ufficiali o gli incaricati di un pubblico servizio, eliminando il presupposto della pluralità delle condotte, della reiterazione delle violenze e delle minacce gravi sinora previste – aggiunge Romano – costituirebbe il concretizzarsi di una norma preconcetta” e “un elemento di equivoco sul legittimo utilizzo della forza nell’espletamento del proprio dovere, con conseguente esposizione alle facili strumentalizzazioni e possibili danni potenziali sull’ordinario sistema di prevenzione e sicurezza”. “Ecco perché occorre che il dibattito parta dalla necessità di introdurre una fattispecie di reato comune, con le necessarie aggravanti, in modo da colpire ogni forma di condotta riconducibile alla tortura, senza per questo minare il nostro sistema sicurezza”.