Trasferimenti: quello per “incompatibilità ambientale” consegue a una valutazione discrezionale della Amministrazione della P.s – Cons. Stato sent. nr. 1504/06 del 15.11.2005

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Trasferimenti: quello per “incompatibilità ambientale” consegue a una valutazione discrezionale della Amministrazione della P.s. Questo è quanto ha stabilito il Consiglio di Stato in merito alla movimentazione prevista dall’art. 55, comma 4, d.p.r. 24 aprile 1982, n. 335. Sostengono i Giudici che il trasferimento consegue a una valutazione ampiamente discrezionale dei fatti che possono sconsigliare la permanenza in una determinata sede, senza assumere carattere sanzionatorio. Ritiene, inoltre, che tale tipologia di trasferimento, avendo lo scopo di tutelare il prestigio e il corretto funzionamento degli uffici pubblici mira a eliminare la causa obiettiva dei disagi e delle difficoltà che discendono dalla presenza del dipendente presso un determinato ufficio, prescindendo, quindi, da ogni valutazione circa la responsabilità del dipendente e la ricorrenza di eventuali profili soggettivi di colpa.

 

Cons. Stato, sez. VI, sent. nr. 1504/06 del 15.11.2005 – dep. 21.03.2006

 

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

N.1504/2006

Reg.Dec.

N. 6735 Reg.Ric.

ANNO 2004

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello n. 6735/04, proposto da:

Sig……………, rappresentato e difeso dall’avv. …………, ed elettivamente domiciliato presso la …….. in Roma, via ………………………..;

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del ministro in carica, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici domicilia per legge in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

CAPO DELLA POLIZIA DI STATO DEL MINISTERO DELL’INTERNO E CAPO DELLA POLIZIA DI STATO – DIRETTORE GENERALE DELLA PUBBLICA SICUREZZA, non costituiti in giudizio;

per l’annullamento

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale della Calabria, sede di Catanzaro, sezione prima, 23 aprile 2004, n. 949;

visto il ricorso in appello, con i relativi allegati;

visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’interno;

viste le memorie prodotte dall’appellante;

visti tutti gli atti della causa;

relatore all’udienza pubblica del 15 novembre 2005 il consigliere Carmine Volpe, e uditi l’avv. ……………….. per l’appellante e l’avv. dello Stato Giannuzzi per l’appellato;

ritenuto e considerato quanto segue.

FATTO E DIRITTO

1. Il primo giudice ha respinto il ricorso proposto dal signor Salvatore Sig……………, ispettore capo della Polizia di Stato, avverso il decreto del capo della polizia – direttore generale della pubblica sicurezza in data 27 marzo 2003, con cui si è disposto il suo trasferimento, per motivi di opportunità e di incompatibilità ambientale, dal Commissariato di pubblica sicurezza di …………. alla Questura di Cosenza.

Il suddetto, il 30 novembre 2002, aveva inoltrato alla Procura della Repubblica di Rossano una comunicazione notizia di reato, ai sensi dell’art. 347 del c.p.p., a carico del suo diretto superiore dott…..( Tizio) – vice questore aggiunto del Commissariato di …………. – e dell’agente di pubblica sicurezza …….(Caio); il primo per falsità ideologica in atti pubblici, ai sensi dell’art. 479 del c.p., e il secondo per il reato di cui all’art. 328, comma 1, del c.p.. Gli veniva, quindi, contestato di avere autonomamente avviato le indagini, concluse con il deferimento all’autorità giudiziaria dei suddetti, senza informare i propri superiori dell’iniziativa intrapresa e delle determinazioni assunte.

L’amministrazione, in particolare, considerava che, anche ai sensi dell’art. 347 del c.p.p., “un operatore della Polizia di Stato,…è comunque tenuto, attesa la struttura gerarchicamente organizzata nella quale è inserito, a riferire sempre ai propri superiori sulle iniziative assunte in materia di attività investigativa”. Riteneva, poi, che, nella specie, il potere di valutare la sussistenza della notizia di reato fosse attribuito alla Questura, “visto che il dirigente del commissariato era oggetto passivo della denuncia”.

Il signor Sig…………… aveva invece avvertito l’ufficio di gabinetto della Questura di Cosenza solo quando l’attività di indagine era stata da lui già svolta all’insaputa di tutti e, senza previa informazione del questore, aveva inoltrato la denuncia al magistrato.

Si era quindi verificato un clima di sospetto e di discordia tra il personale del Commissariato di -………………, e si era determinata una situazione di incompatibilità sia con il dirigente dello stesso sia con tutto l’ambiente lavorativo; facendo venire meno la fiducia dei dipendenti nei confronti del signor Sig…………… e il rapporto di stima tra lo stesso e il suo superiore, oltre che “determinando una evidente situazione di incompatibilità ambientale”.

Veniva, quindi, disposto il trasferimento del signor Sig…………… “al fine di restituire la necessaria serenità all’Ufficio per lo svolgimento dell’attività istituzionale”.

2. Il primo giudice ha ritenuto che, nell’ufficio di cui trattasi, si fosse effettivamente venuta a creare una situazione di contrasto e di conflitto tra il signor Sig…………… e il suo diretto superiore. A legittimare il decreto impugnato bastava, quindi, la sussistenza di una situazione lesiva del prestigio dell’amministrazione che sia, da un lato, riferibile alla presenza in loco del dipendente in questione e, dall’altro, suscettibile di rimozione attraverso l’assegnazione dello stesso ad altra sede.

La sentenza viene appellata dal signor Sig…………… per i seguenti motivi:

1) la sentenza non recherebbe alcuna motivazione sui fatti specifici, essendo generica e contraddittoria;

2) insussistenza degli estremi dell’incompatibilità ambientale;

3) non sarebbero state valutate le esigenze personali e familiari dell’appellante;

4) necessità del previo nulla osta da parte dell’organizzazione sindacale;

5) mancanza della previa comunicazione dell’avvio del procedimento;

6) il procedimento sarebbe stato concluso oltre i trenta giorni previsti dall’art. 2 della l. 7 agosto 1990, n. 241.

Il Ministero dell’interno si è costituito in giudizio, resistendo al ricorso in appello.

L’appellante ha prodotto due memorie con le quali ha ulteriormente illustrato le proprie difese.

3. Il ricorso in appello è infondato.

La sezione ritiene che la sentenza sia sufficientemente motivata e che vi fossero gli estremi dell’incompatibilità ambientale.

Con il provvedimento impugnato in primo grado l’appellante è stato trasferito per incompatibilità ambientale, ai sensi dell’art. 55, comma 4, del D.P.R. 24 Aprile 1982, n. 335. Tale norma dispone che “il trasferimento ad altra sede può essere disposto anche in soprannumero all’organico dell’ufficio o reparto quando la permanenza del dipendente nella sede nuoccia al prestigio dell’Amministrazione o si sia determinata una situazione oggettiva di rilevante pericolo per il dipendente stesso, o per gravissime ed eccezionali situazioni personali”.

Il trasferimento ai sensi del citato art. 55, comma 4, consegue a una valutazione ampiamente discrezionale dei fatti che possono sconsigliare la permanenza in una determinata sede, senza assumere carattere sanzionatorio. L’adozione dell’atto di trasferimento non presuppone né una valutazione comparativa dell’amministrazione in ordine alle esigenze organizzative dei propri uffici, potendo essere disposto anche in soprannumero, né l’espressa menzione dei criteri in base ai quali vengono determinati i limiti geografici dell’incompatibilità ai fini dell’individuazione della sede più opportuna; né può essere condizionato alle condizioni personali e familiari del dipendente, le quali recedono di fronte all’interesse pubblico alla tutela del buon funzionamento degli uffici e del prestigio dell’amministrazione (Cons. Stato, sez. IV, 15 giugno 2004, n. 3926).

Inoltre, il trasferimento per incompatibilità ambientale, avendo lo scopo di tutelare il prestigio e il corretto funzionamento degli uffici pubblici e di garantire la regolarità e la continuità dell’azione amministrativa, mira a eliminare la causa obiettiva dei disagi e delle difficoltà che discendono dalla presenza del dipendente presso un determinato ufficio; prescinde, quindi, da ogni valutazione circa la responsabilità del dipendente e la ricorrenza di eventuali profili soggettivi di colpa (Cons. Stato, sez. IV: 24 dicembre 2004, n. 8201; 30 giugno 2003, n. 3909).

Tra i fatti che possono far ritenere nociva, per il prestigio e il buon andamento dell’ufficio, l’ulteriore permanenza del dipendente in una determinata sede, può rientrare anche un insanabile contrasto tra il dipendente e il suo superiore gerarchico; contrasto che, per la sua notorietà, è venuto a menomare, oltre l’immagine esterna dell’ufficio, anche il suo funzionamento, a causa della situazione di disagio per quanti in esso operano (Cons. Stato: sez. VI, 24 agosto 1996, n. 1068; sez. IV, 26 ottobre 1992, n. 928).

Nella specie, si era venuta a creare una situazione di notevole conflittualità tra il dirigente del Commissariato e il suo immediato sottoposto signor Sig……………, con nocumento al prestigio, al corretto funzionamento, alla funzionalità e all’efficienza dell’ufficio, e conseguenze anche sui rapporti con i sottoposti. E, ai fini della legittimità del provvedimento di trasferimento, non è necessario un accertamento di responsabilità a carico del dipendente da trasferire.

E’ evidente però che vi debba essere una correlazione tra la condotta del dipendente e la situazione di incompatibilità ambientale, non potendosi quest’ultima configurare se le reazioni ambientali sono derivate da un comportamento legittimo e doveroso del dipendente stesso (Cons. Stato, sez. VI, 27 marzo 2003, n. 1587). Ipotesi da escludere nella fattispecie per cui è causa, laddove un’iniziativa di non poco rilievo, quale quella di cui all’art. 347 del c.p. nei confronti del proprio diretto superiore, responsabile del Commissariato presso il quale si presta servizio, è stata presa dall’appellante senza darne previa informazione al questore; da coinvolgere necessariamente dato che non si doveva informare il proprio diretto superiore, direttamente implicato. Da tale comportamento, che non può ritenersi né legittimo né doveroso, è derivata una situazione di incompatibilità ambientale con il dirigente dell’ufficio e il relativo ambiente lavorativo; situazione che ha giustificato l’adozione del provvedimento impugnato.

4. Di qui l’infondatezza dei motivi di cui ai nn. 1) e 2) del paragrafo 2 della presente decisione.

Gli ulteriori motivi dedotti sono tutti inammissibili in quanto svolti per la prima volta in appello. Egualmente è a dirsi con riguardo alla domanda risarcitoria, presentata per la prima volta nelle conclusioni del ricorso in appello.

5. Il ricorso in appello, pertanto, deve essere respinto. Le spese del presente grado di giudizio, sussistendo giusti motivi, possono essere compensate.

Per questi motivi

il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione sesta, respinge il ricorso in appello.

Compensa tra le parti le spese del presente grado di giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma il 15 novembre 2005 dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione sesta, in camera di consiglio, con l’intervento dei signori:

Giorgio Giovannini presidente

Luigi Maruotti consigliere

Carmine Volpe consigliere, estensore

Luciano Barra Caracciolo consigliere

Giuseppe Minicone consigliere

Presidente

GIORGIO GIOVANNINI

Consigliere Segretario

CARMINE VOLPE ANNAMARIA RICCI

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

il….21/03/2006

(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)

Il Direttore della Sezione

MARIA RITA OLIVA

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