Il contribuente che sia risultato soccombente in un grado tributario di merito, con rigetto del ricorso di primo grado o in appello, non può essere condannato al pagamento delle spese processuali, qualora l’Agenzia delle Entrate si sia difesa attraverso i funzionari del proprio ufficio legale.
La rifusione delle spese, in tal caso, può avvenire soltanto qualora l’ente si sia avvalso dell’Avvocatura di Stato.
È quanto si legge nell’Ordinanza n. 27444/2020 della Corte di cassazione, depositata lo scorso primo dicembre.
Protagonista della vicenda un contribuente che proponeva ricorso alla Commissione tributaria provinciale di Chieti, per impugnare un avviso di accertamento relativo alla mancata dichiarazione di canoni di locazione mai percepiti, ancorché previsti da un contratto formalmente in essere.
Il primo grado si concludeva con accoglimento del ricorso, a cui faceva seguito la proposizione dell’appello da parte dell’Agenzia delle Entrate. In entrambi i gradi di giudizio, come di consueto, l’amministrazione finanziaria agiva per mezzo dei propri funzionari dell’ufficio legale.
La Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo ribaltava l’esito del primo grado, accogliendo l’appello e condannando il contribuente al pagamento delle spese processuali.
La vicenda proseguiva sino a Piazza Cavour, sede in cui l’esito del giudizio di secondo grado è stato confermato, tranne che per la decisione riguardo alla condanna alle spese per il contribuente.
La Cassazione, infatti, da un lato ha avallato le motivazioni della Ctr per quanto concerne la legittimità della pretesa fiscale, ma dall’altro ha cassato parzialmente la sentenza, con eliminazione della statuizione di condanna al pagamento a carico del contribuente, pur risultato soccombente. L’Agenzia delle entrate, si legge nella pronuncia, è stata in giudizio senza il ministero di difensore, dovendo quindi «escludersi che la parte privata possa essere condannata al pagamento delle spese processuali sostenute dall’Ufficio per diritti e onorari». L’autorità amministrativa, quando sta in giudizio personalmente o avvalendosi di un funzionario appositamente delegato, non può ottenere la condanna dell’opponente, che sia soccombente, al pagamento dei diritti di procuratore e onorari di avvocato, difettando le relative qualità nel funzionario amministrativo che sta in giudizio; per cui sono, in tal caso, liquidabili in favore dell’ente le spese, diverse da quelle generali, purché risultino da apposita nota.