Porto d’armi per difesa: la sentenza del Consiglio di Stato

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Spetta al legislatore stabilire quali categorie professionali abbiano diritto al porto d’armi per difesa personale in virtù del loro ruolo, mentre per tutte le altre categorie (“imprenditori, commercianti, avvocati, notai, operatori del settore assicurativo o bancario, investigatori privati”, ed è ovviamente un elenco non esaustivo) il ministero dell’Interno ha il potere di valutare caso per caso se la richiesta sia suffragata da un motivo valido.

Il principio è stato cristallizzato dal Consiglio di Stato (sentenza 2229/2022) che ha accolto il ricorso del governo e riformato la sentenza del Tar della Campania che aveva dato ragione a un avvocato penalista napoletano.

I Giudici di palazzo Spada hanno annullato la sentenza del Tar della Campania sui criteri che di per sé giustificano la concessione del porto d’armi per difesa affermando che se non è esplicitamente prevista dalla legge per una determinata categoria di persone, la licenza di porto d’armi non può essere concessa in base all’appartenenza a una specifica categoria professionale.

Nei casi non previsti esplicitamente dalla legge “l’appartenenza alla categoria in sé non ha uno specifico rilievo tale da giustificare il rilascio o il rinnovo della licenza”.

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Questure e prefetture sono, pertanto, chiamate a tener conto del contesto specifico (situazione personale, “peculiarità del territorio, implicazioni di ordine pubblico”) per valutare se la richiesta sia davvero motivata.

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