Accesso agli atti difensivi e tutela della riservatezza

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Sì all’accesso agli atti se le ragioni di privacy sono di tipo “semplice” e l’interesse difensivo è prevalente. È quanto affermato in sostanza dal Consiglio di Stato, con la sentenza 10277/2022.

La vicenda ha riguardato il diniego opposto a un soggetto privato, interessato ad atti in possesso di un comune. Contro tale diniego, l’interessato ha proposto ricorso al T.A.R., evidenziando come il rifiuto ricevuto pregiudicasse il proprio esercizio di difesa dinanzi al Tribunale presso il quale era pendente una causa civile in cui sarebbe stato utile depositare la documentazione in questione.

Il Tribunale Amministrativo ha accolto il ricorso, ordinando al Comune di esibire gli atti richiesti e avverso tale provvedimento è ricorso al Consiglio di Stato l’altro soggetto coinvolto nella vicenda in esame, contro il quale sarebbero poi stati utilizzati i documenti acquisiti dal primo ricorrente.

Con riferimento alla valutazione che deve essere effettuata circa la sussistenza di un collegamento tra atti richiesti e difese da articolare in un processo già pendente o da instaurarsi, l’Adunanza plenaria si è già espressa con la sentenza n. 4 del 2021. In essa, oltre a stabilire che deve sussistere un collegamento tra atti richiesti e difese da apprestare, ha stabilito che l’istanza deve essere adeguatamente e diffusamente motivata, non potendosi ritenere sufficiente indicare imprecisate esigenze probatorie e difensive.

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Con riferimento, invece, al rapporto tra “accesso difensivo” e tutela della riservatezza, i giudici di palazzo Spada rammentano che occorre distinguere tra riservatezza “semplice” (categoria in cui rientra la tutela ai dati finanziari ed economici), in ordine alla quale l’interesse difensivo è ritenuto tendenzialmente prevalente e riservatezza “rafforzata”, nell’ambito della quale vanno annoverati sia i dati “sensibili” (es. origini razziali, convinzioni politiche, religiose ed eventuali vicende giudiziarie), sia i dati “super sensibili” (es. salute e orientamento sessuale). Rispetto a queste due tipologie di dati, l’interesse difensivo deve di volta in volta essere bilanciato secondo criteri di necessità, indispensabilità e parità di rango.

Applicando le suindicate coordinate al caso in esame, il consesso conclude che è evidente l’esistenza di un interesse diretto, concreto ed attuale all’accesso agli atti richiesti; la sussistenza di un contenzioso in sede civile; una idonea motivazione dettagliatamente rappresentata e documentata.
Le ragioni di privacy sono di tipo “semplice” e, pertanto, l’interesse difensivo è prevalente. A nulla rileva che la richiesta abbia carattere “esplorativo”, e alla stessa conclusione si sarebbe arrivati anche se il procedimento nel quale utilizzare gli atti acquisiti non fosse stato ancora instaurato. L’ordine di esibizione è stato quindi confermato dal Consiglio di Stato con la sentenza in commento.

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