Aggressione alla autorevolezza dello Stato e rischi per gli operatori delle Forze di Polizia

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Ultimo aggiornamento 27/01/2023

Scontri tra tifoserie in occasione della partita Paganese Caserta. Aggressione alla autorevolezza dello Stato e rischi per gli operatori delle Forze di Polizia

Riportiamo il testo della lettera inviata al Ministro dell’Interno il 24 gennaio u.s. dalla Segreteria Nazionale:

“Non c’è stato nemmeno il tempo di far asciugare l’inchiostro con cui le cronache hanno narrato l’ignominioso epilogo degli scontri consumati nei pressi dell’area di servizio di Badia al Pino che domenica scorsa, a Pagani, si è dovuto assistere alla ripugnante riproposizione del violento rituale inscenato da bande di delinquenti che usano le competizioni sportive come pretesto per consumare le loro tenzoni tribali.

Una frastornante sequela di spregevole furore che rivela in filigrana la comune volontà di frange di efferati delinquenti di affermare il loro spregio per l’autorevolezza delle Istituzioni agevolata, ove non addirittura fomentata, dalla consapevolezza di una totale concreta impunità. Una barbarie a fronte della quale il preoccupante disinteresse dell’opinione pubblica, ormai indignata, oltre che rassegnata ai settimanali bollettini di devastazione, dovrebbe indurre una rimeditazione della – oramai affievolita – deterrenza del Daspo. Un istituto che, immaginato come presidio afflittivo, viene oggi brandito da chi ne è destinatario come una sorta di certificazione di spregiudicatezza utile ad accrescere il proprio prestigio tra le fila della criminalità locale. Non sorprende quindi che chi controlla le frange estreme del tifo organizzato occupi posizioni di rilievo anche nella gerarchia della malavita.

Ma proprio questa constatazione dovrebbe stimolare una ferma reazione del decisore politico e del legislatore. Non solo perché si avverte l’indifferibile esigenza di recuperare spazi fisici e sociali in cui tende a prevalere una imbarazzante extraterritorialità che disconosce l’autorità dello Stato. Ma anche per almeno due altri non meno rilevanti ordini di ragioni.

In primo luogo perché, già lo si è in qualche modo anticipato, il Daspo, nella sua attuale struttura, non riesce a svolgere la funzione di deterrenza che possa intimorire soggetti abituati ad ispirare la propria quotidianità secondo regole antitetiche allo stato di diritto, dove assume criterio discriminante e qualificante la capacità di affermare la propria supremazia attraverso l’esercizio della prepotenza.

Occorre allora introdurre ulteriori appesantimenti punitivi, non escludendo anche pesanti sanzioni di carattere pecuniario, assistite da una esecuzione certa ed immediata. Il tutto accompagnato da più pregnanti forme di responsabilità oggettiva a carico delle società calcistiche, con ricadute sia di natura patrimoniale, sia interdicendo l’accesso del pubblico alle partite, onde privare le consorterie che si mal celano dietro l’effimero velo del tifo del palco privilegiato su cui inscenare le loro riprovevoli cerimonie.

Secondariamente – e questo è quello che, come organizzazione sindacale che vanta la maggiore consistenza associativa nell’ambito del Comparto Sicurezza e Difesa – ci preme sollecitare una riflessione sul ruolo che sono chiamati a svolgere gli operatori delle Forze di polizia per tentare di arginare questa barbarie. La loro dedizione e l’abnegazione diuturnamente profusa per dare seguito al giuramento di fedeltà alla Repubblica ed alla Costituzione, felicemente sintetizzata, e per questo ancora una volta lo ringraziamo, dall’elegante eloquio del Presidente Mattarella nel sintagma Facce della Repubblica, non può essere continuamente sottoposta a stressanti prove di tenuta.

Gli ultras hanno trasformato gli impianti sportivi e le loro adiacenze in campi di battaglia dove combattono in modo non convenzionale, aggredendo le donne e gli uomini in divisa che hanno il solo torto di dover adempiere al loro dovere con efferata crudeltà, certi di non subire conseguenze. Mentre invece gli operatori della Forza pubblica, che hanno pagato e continuano a pagare un pesante tributo per contenere la follia violenta degli ultras, vedono passare al setaccio con scrupoloso vaglio postumo ogni frammento della loro giornata lavorativa. Le loro reazioni vengono così assoggettate al severo giudizio di proporzionalità e di continenza dopo che i loro comportamenti sono stati decontestualizzati dal condizionamento emotivo che fa da cornice a questi scenari.

Il risultato è l’apertura di decine di procedimenti penali che, oltre a veder inquisiti più poliziotti che ultras, nella migliore delle ipotesi si concludono con proscioglimenti in sede penale accompagnati però da pesanti strascichi economici derivanti dalle spese sostenute per i compensi dei legali. Prospettive che stanno ingenerando tra gli operatori delle Forze di Polizia un pericoloso sentimento di disaffezione, alimentato dal convincimento che è più conveniente assumere un atteggiamento passivo piuttosto che esporsi a indefinite traversie processuali.

Un senso di impotenza plasticamente rappresentato dalle sconfortanti immagini del Carabiniere che osserva, senza intervenire, i facinorosi sedicenti ambientalisti mentre imbrattano con la vernice la facciata di Palazzo Madama. Riprese che assestano un colpo durissimo alla credibilità, ed alla tenuta delle Istituzioni, che senza interventi legislativi in grado di invertire il corso degli eventi rischiano di diventare sempre più frequenti.

Una preoccupazione che ci induce a chiederLe, con ogni consentita urgenza, un incontro nel quale poter capire quali siano i margini per poter rassicurare i nostri demotivati colleghi e per poter riflettere intorno alle misure di deterrenza che possano far tornare gli spazi deputati allo svolgimento di eventi sportivi, oggi sottratti alla legalità statale da bande

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