Assegnazione temporanea – Sperequazioni applicative e disparità di trattamento

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Ultimo aggiornamento 26/02/2022

Assegnazione temporanea – Sperequazioni applicative e disparità di trattamento all’interno del Comparto Sicurezza, Difesa e Soccorso Pubblico

Riportiamo il testo della lettera inviata dal Segretario Generale, Felice Romano, al Ministro per la Semplificazione e la Pubblica Amministrazione, Onorevole Renato Brunetta:

“Pregiatissimo Signor Ministro,

l’art. 45, comma 31-bis, d.lgs. 29 maggio 2017 n. 95 (come modificato dall’art. 40, comma 1, lett. q), d.lgs. 27 dicembre 2019 n. 172) prevede testualmente: “”Al fine di assicurare la piena funzionalità delle amministrazioni di cui al presente decreto legislativo, le disposizioni di cui all’articolo 42-bis, comma 1, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, si applicano esclusivamente in caso di istanza di assegnazione presso uffici della stessa Forza di polizia di appartenenza del richiedente, ovvero, per gli appartenenti all’Amministrazione della difesa, presso uffici della medesima. Il diniego è consentito per motivate esigenze organiche o di servizio””.

La richiamata norma riguarda “expressis verbis” esclusivamente le “Forze di polizia”, in virtù di una formulazione testuale che introduce la limitazione de qua solo per le “Forze di polizia” escludendo le altre “Forze armate”.

Detto effetto è stato già inconfutabilmente riconosciuto dalla Giurisprudenza amministrativa che, in più occasioni ha escluso l’applicazione della citata disposizione legislativa ai militari dell’Esercito italiano (Cons. St., sez. IV, 7 gennaio 2021 n. 196; T.A.R. Lombardia, sez. IV, 15 aprile 2021 n. 937; T.A.R. Puglia (Sezioni Unite) n. 01395/2021 del 22 novembre 2021).

È di lapalissiana evidenza come la richiamata norma introduca una grave e immotivata disparità di trattamento tra lavoratori di uno stesso comparto, con riferimento a un diritto che riguarda interessi costituzionalmente protetti.

Invero, l’art. 42-bis (Assegnazione temporanea dei lavoratori dipendenti alle amministrazioni pubbliche) del d.lgs. 26 marzo 2001 n. 151, recante il “Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità”, è abbastanza chiaro sia nella formulazione che nelle finalità di tutela.

Al riguardo, occorre ricordare che le forme di tutela e di sostegno della maternità e della paternità contenute nel d.lgs. 26 marzo 2001 n. 151 sono applicabili alla generalità dei dipendenti privati e delle pubbliche amministrazioni, anche di qualifica dirigenziale (ad es.: art. 23 C.C.N.L. del 9 marzo 2020, per l’area delle “funzioni centrali”, art. 24 C.C.N.L. del 17 dicembre 2020, per l’area delle “”funzioni locali”) e che talune disposizioni, come quella di cui all’art. 42-bis citato, sono però applicabili esclusivamente ai lavoratori delle pubbliche amministrazioni.

In particolare, l’art. 42-bis del d.lgs. n. 151 cit. prevede che il genitore con figli minori fino a tre anni di età che sia dipendente di pubbliche amministrazioni, comprese le amministrazioni dello Stato (art. 1, comma 2, d.lgs. 30 marzo 2001 n. 165), anche ad ordinamento militare, seppur “tenendo conto del particolare stato rivestito” (art. 1493, comma 1, d.lgs. 15 marzo 2010 n. 66), può essere assegnato a richiesta di parte (anche in modo frazionato) “per un periodo complessivamente non superiore a tre anni, ad una sede di servizio ubicata nella stessa provincia o regione nella quale l’altro genitore esercita la propria attività lavorativa”, ciò “subordinatamente alla sussistenza di un posto vacante e disponibile di corrispondente posizione retributiva e previo assenso delle amministrazioni di provenienza e destinazione”.

Nell’articolo in analisi viene espressamente precisato che “L’eventuale dissenso deve essere motivato e limitato a casi o esigenze eccezionali” e che “Il posto temporaneamente lasciato libero non si renderà disponibile ai fini di una nuova assunzione”.

In tal modo, com’è stato ben chiarito in giurisprudenza (T.A.R. Emilia Romagna, sez. Parma, sez. I, 24 settembre 2020 n. 165) la disposizione svolge la preminente funzione di tutelare l’interesse alla genitorialità ed il correlato interesse del minore a poterne beneficiare, le cui finalità si iscrivono nel solco delle generali previsioni costituzionali (artt. 30 e 31 Cost.) e sovranazionali di protezione (art. 24, comma 3, Carta dei diritti fondamentali dell’U.E. e art. 3 Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, adottata a New York nel 1989, ratificata con legge del 27 maggio 1991 n. 176).
Non va, inoltre, trascurata la funzione di tutela della parità tra uomo e donna, affermata nella legislazione nazionale (d.lgs. 11 aprile 2006 n. 198) e avente parimenti rilievo costituzionale (artt. 3, 29 e 37 Cost.) e sovranazionale (art. 9, 21 e 23 Carta dei diritti fondamentali dell’U.E. e artt. 5, comma 1, lett. b), e 16, comma 1, lett. d), Convenzione sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna, adottata a New York nel 1979, ratificata con la legge 14 marzo 1985 n. 132), nella dimensione in cui la presenza di entrambi i genitori, nelle iniziali fasi di vita del neonato e durante i primi tre anni d’età del bambino, consente loro, nel rispetto delle peculiarità proprie, di ripartirsi i compiti di cura dei figli nei primissimi anni di vita e quindi di meglio attenderne ai doveri genitoriali (art. 147 cod. civ.), onde assicurarne una crescita sana, senza “pesare” esclusivamente sul contributo affettivo e materiale della sola madre genitrice.

Per tali ragioni, l’art. 3 legge 27 maggio 1991 n. 176 ha imposto che “In tutte le decisioni relative ai fanciulli, di competenza […] dei tribunali, delle autorità amministrative […] l’interesse superiore del fanciullo” deve assumere “una considerazione preminente”.

Proprio alla luce della peculiare rilevanza degli interessi in gioco, l’art. 42-bis d.lgs. 26 marzo 2001 n. 151, ha stabilito che, ferma restando il riscontro della sussistenza di un “posto vacante e disponibile di corrispondente posizione”, il diniego dell’assegnazione provvisoria, per la generalità delle pubbliche amministrazioni, possa di norma ritenersi solo del tutto “eventuale” e che comunque esso debba “essere motivato” e ancor di più “limitato a casi o esigenze eccezionali”.

Mentre, per le amministrazioni militari, l’art. 1493, comma 1, d.lgs. 15 marzo 2010 n. 66, recante il “Codice dell’ordinamento militare”, ha precisato che comunque debba considerarsi il “particolare stato rivestito” del militare richiedente.

Infine, solo per le sole forze di polizia, l’art. 45, comma 31-bis, d.lgs. 29 maggio 2017 n. 95, recante “Disposizioni in materia di revisione dei ruoli delle Forze di polizia”, ha invece consentito il motivato diniego “per motivate esigenze organiche o di servizio”.

Orbene, nel caso di specie, sussiste una grave e immotivata disparità di trattamento tra lavoratori appartenenti al medesimo comparto pubblico e segnatamente al Comparto sicurezza, difesa e Soccorso Pubblico.

Si tratta di una incongruenza che non ha giustificazioni e che precostituisce una limitazione ai diritti connessi alla genitorialità in danno dei lavoratori delle forze di Polizia a ordinamento civile e militare, in violazione del principio di equiordinazione richiamato dall’art. 19 della legge 183 del 2010 inerente alla specificità̀ delle Forze Armate, delle Forze di Polizia e del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco.
Chiediamo a Lei, pertanto che la problematica rappresentata venga inserita e trattata nell’ambito del tavolo tecnico finalizzato alla “definizione di criteri normativi omogenei per le procedure di attribuzione e corresponsione dello straordinario per il personale delle forze di Polizia e delle forze armate, secondo principi di efficacia, efficienza e rigore nella gestione delle risorse impiegate”” previsto dagli impegni sottoscritti dal Governo a margine dell’ultimo rinnovo contrattuale relativo al Comparto Sicurezza, difesa e Soccorso Pubblico.

Conoscendo la Sua sensibilità e l’impegno che profonde quotidianamente per il prestigio della P.A. e per i suoi appartenenti, definiti dal Signor Presidente della Repubblica, come spesso ama rammentare, “i volti della Repubblica”, restiamo fiduciosi in attesa di un cortese riscontro per la risoluzione dell’annosa sperequazione oggi esistente.

Con sentimenti di elevate e rinnovata stima, si coglie l’occasione di inviare vivissimi e cordiali saluti.”

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