La diffusione di immagini erotiche scaricate da OnlyFans senza il consenso della persona ritratta non viola solo la privacy e il diritto d’autore, ma configura anche “Revenge Porn”.
Il principio è enunciato nell’ordinanza n. 30169 del 2 settembre 2025 con cui la Corte di Cassazione ha stabilito che chi scarica e poi inoltra a terzi i contenuti ottenuti da piattaforme online come OnlyFans commette il reato punito dall’612-ter del Codice Penale per la diffusione illecita di contenuti sessualmente espliciti, sebbene questo tipo di reato sia stato originariamente concepito per tutelare le vittime colpite da violenza e abusi psicologici puramente a scopo di vendetta.
La decisione della Suprema Corte riguarda un video “hot” in cui una giovane donna compiva un atto di autoerotismo, prelevato dal profilo a pagamento e poi diffuso senza il permesso dell’autrice, attraverso Whatsapp.
La denuncia, presentata dall’interessata, contesta violazioni della privacy o del diritto d’autore di immagine, con riferimento al cosiddetto “Revenge Porn”, pratica che di solito viene attuata a scopo vendicativo, per denigrare pubblicamente, ricattare, bullizzare o molestare la vittima, con effetti devastanti a livello psicologico, sociale e anche materiale.
Secondo i giudici della Cassazione, all’esame dei quali la vicenda perveniva dopo un tortuoso percorso nella fase di merito, il consenso che un creator fornisce su OnlyFans è unicamente per la visualizzazione da parte dell’utente pagante, non potendo mai essere considerato, un’autorizzazione a scaricare, salvare e ridistribuire indiscriminatamente quel materiale altrove.
A tal proposito, la Suprema Corte specifica che la facoltà concessa all’abbonato è circoscritta, limitata al solo guardare. Qualsiasi passaggio ulteriore, come un semplice inoltro in una chat, costituisce una palese violazione di quel patto di fiducia e della volontà della persona ritratta, configurando una condotta illecita che non riguarda solo la privacy e il diritto d’autore, ma appunto anche il reato di Revenge Porn.
La Cassazione ribadisce inoltre un aspetto tecnico di rilievo: il delitto previsto dall’articolo 612-ter ha natura “istantanea”, vale a dire che la condotta delittuosa si perfeziona con il primo invio a un singolo destinatario, e quindi un solo click per inoltrare un video a terzi è sufficiente a integrare la fattispecie, ovviamente a condizione che ciò avvenga senza il consenso della persona rappresentata e con lo scopo di arrecarle un danno.






