Criticità nell’applicazione della convenzione Polfer – Ferrovie dello Stato

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Criticità nell’applicazione della convenzione Polfer – Ferrovie dello Stato in relazione a servizi rafforzati di controllo a bordo treno. Richiesta di chiarimenti

Riportiamo il testo della lettera inviata al Capo della Polizia il 27 agosto 2024 dalla Segreteria Nazionale:

“… crediamo nessuno meglio di Lei possa essere buon testimone delle nostre insistenti richieste di allestire dispositivi di servizio numericamente adeguati al rischio a cui viene esposto il personale operante in contesti che si sono rivelati essere quelli in cui maggiore è l’incidenza statistica delle aggressioni patite dal personale, non di rado con più che serie conseguenze per la salute degli interessati.

Può quindi comprendere la nostra soddisfazione nell’aver appreso che, facendosi interprete delle inquietudini da noi rappresentate, sono stati di recente previsti servizi mirati con contingenti di una decina di operatori per servizi di controllo a bordo treno in tratte ferroviarie valutate come potenzialmente critiche.

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Dobbiamo però registrare come nel caso della proverbiale rosa, una volta andati appena oltre al velo dell’apparenza si scopra l’esistenza di spine particolarmente dolorose. Rispondendo ad un quesito da noi proposto nello scorso mese di giugno facendo riferimento ad un servizio in cui era stata impiegata un’aliquota di 8 operatori, solo a 3 dei quali era stata riconosciuta l’indennità prevista, l’Ufficio per le Relazioni Sindacali (prot. 555/V-RS/Area 2^ del 13/08/2024) ha infatti rappresentato che l’organismo del Gruppo Ferrovie dello Stato competente ad interloquire in materia convenzionale avrebbe fatto sapere che “non è, al momento, possibile aderire a tale richiesta essendo la corresponsione dei servizi rafforzati a bordo treno vincolata alle risorse economiche effettivamente disponibili, sulla base di criteri di adeguatezza e sostenibilità”.

In disparte la considerazione che tali criteri non sono resi intelligibili, non stupisce affatto che la parte contrattuale che dall’attività svolta dai colleghi ritrae un irrefutabile beneficio cerchi di capitalizzare le utilità, e non sia affatto preoccupata della componente patrimoniale spettante al nostro personale. Al quale parimenti non sembra essere dedicato particolare interesse nemmeno dall’Amministrazione.

Non solo perché la presa di posizione dell’impresa controparte non consta sia stata efficacemente contrastata, trattandosi pur sempre di un rapporto sinallagmatico rispetto al quale l’appiattimento sulla decisione unilaterale adottata da una delle parti non rispetta affatto lo schema definito dai principi tipizzati dall’ordinamento positivo. Ma anche perché ci viene oggi spiegato dalla surrichiamata nota delle Relazioni Sindacali che “sia i servizi rafforzati a bordo treno già espletati che quelli da espletare saranno contabilizzati ricorrendo all’istituto della missione, qualora ne ricorrano i presupporti”, e che, giusto per versare ulteriore sale sulle ferite, “l’indennità di missione … non è cumulabile con quella di vigilanza scalo, non potendo, quindi, l’operatore percepire quest’ultima con riferimento al lasso di tempo nel quale è stato impiegato nei servizi a bordo treno”.

In tutto questo non troviamo nessuna riflessione intorno all’individuazione dei tre fortunati ai quali attribuire l’indennità di vigilanza a bordo treno. E anche a voler tacere di una simile aberrazione, che introduce con disinvoltura disparità di trattamento tra chi fa il medesimo servizio che si prestano ad alimentare un più che probabile contenzioso, è difficile, per usare un eufemismo, poter accettare che in mancanza di criteri trasparenti la decisione sia rimessa all’Amministrazione, senza alcuna possibilità di controllo da parte delle rappresentanze sindacali. Qualcuno tra quanti hanno frettolosamente liquidato l’argomento si è posto il problema della incommensurabile serie di strappi alle regole contrattuali – e non solo a quelle – che ne discendono? Se sì lo ha fatto sottovoce in modo da non essere sentito. A noi, al netto dell’algida risposta delle Relazioni Sindacali, non è pervenuto alcun tipo di contributo utile alla discussione.

In buona sostanza abbiamo un’impresa che ha quale suo – persino ovvio – fine primario il conseguimento del profitto, che da un lato chiede alla Polizia di Stato di aumentare gli sforzi per migliorare la soddisfazione dei propri clienti, ma che dall’altro non intende farsi carico di questi maggiori oneri che finiscono per essere posti a carico dei contribuenti. Sia consentito osservare come a questo punto qualsiasi imprenditore potrebbe sentirsi legittimato a rivendicare un trattamento analogo, e non vediamo come potrebbe essergli negato quanto dallo stesso eventualmente richiesto.

Oltre a questo pericoloso sbilanciamento verso un crinale che vede la parte privata beneficiare di un impiego di risorse pubbliche superiore a quello previsto dagli accordi intercorsi, con potenziali esposizioni a responsabilità di natura contabile, non possiamo esimerci dall’esprimere profondo sconcerto per la scelta, anche questa adottata secondo oscuri e comunque non condivisibili criteri, di riconoscere il trattamento di missione in luogo di quello di ordine pubblico, essendo quest’ultimo l’istituto che a nostro sommesso avviso inquadra perfettamente il tipo di attività svolta dai nuclei operativi rafforzati, sussistendo infatti tutti i presupposti per qualificare tali servizi nel perimetro dell’istituto contrattuale in menzione.

Un autorevole sostegno a questa tesi lo offre, a ben vedere, il passaggio della più volte ricordata nota delle Relazioni Sindacali in cui si precisa che si tratta di un “progetto volto a rafforzare i servizi di controllo a bordo dei treni interregionali ad alto profilo di criticità, nell’ottica di innalzare il livello di attenzione e di prossimità e di prevenire minacce alla sicurezza del trasporto ferroviario”, con la “promozione di una preventiva sinergia operativa con le Questure competenti, specie in riferimento alla trattazione degli stranieri”.  Non pare occorra aggiungere altro a tali più che eloquenti indicazioni, né sembra sia un problema insuperabile quello di far predisporre un’ordinanza questorile che inquadri nella cornice dell’ordine pubblico tale attività.

Per tutto quanto precede, ribadito che non possiamo accettare il contestato appiattimento sulle posizioni delle controparti convenzionali, atteggiamento già oggetto di nostre, anche recenti, precedenti denunce, nel sollecitare una riapertura della discussione con il Gruppo FS finalizzato alla rimozione della loro resistenza all’adeguamento dei troppo rigidi parametri imposti, in attesa che qualcuno ci illustri secondo quali principi devono essere scelti i tre del gruppo a cui tocca in sorte l’indennità di vigilanza a bordo treno, auspichiamo una rimeditazione della opaca determinazione che ha previsto l’erogazione dell’indennità di missione in luogo di quella, più pertinente prima ancora che più gratificante,  di ordine pubblico.”

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