Differente disciplina normativa del Trattamento di fine servizio e del Trattamento di fine rapporto. Penalizzazione dei dipendenti pubblici, ed in particolare del Comparto Sicurezza e Difesa. Richiesta di modifica dell’art. 1 DPR 180/1950
Riportiamo il testo della lettera inviata dal Segretario Generale, Felice Romano, al Presidente del Consiglio dei Ministri, Professor Mario Draghi, al Ministro dell’Interno, Prefetto Luciana Lamorgese, e al Ministro per la Semplificazione e la Pubblica Amministrazione, Onorevole Renato Brunetta:
“Signor Presidente del Consiglio,
riteniamo di sottoporre alla Vostra cortese attenzione, al fine di una auspicata rimeditazione legislativa, uno dei numerosi momenti di penalizzazione che scontano i Poliziotti e, più in generale, il limitato numero di dipendenti pubblici – tra cui, per quanto può interessare, tutti gli appartenenti al Comparto Sicurezza e Difesa e Soccorso Pubblico – per i quali la prestazione economica che compete all’atto della cessazione del rapporto di lavoro viene regolata dall’istituto del trattamento di fine servizio (ex nunc TFS). Nel quale, per quanto appresso diremo, sono previste differenze di non scarso rilievo rispetto al parallelo impianto normativo che presidia il trattamento di fine rapporto (TFR) applicato alla quasi totalità dei lavoratori subordinati (anche quelli del settore pubblico assunti prima del 01.01.1996 che non hanno optato per l’adesione a fondi complementari di categoria, nonché a tutti quelli assunti a tempo indeterminato dopo la summenzionata data).
Al netto di altre considerazioni, atteso che si dovrebbe entrare nel mancato avvio della previdenza complementare per il Comparto sicurezza e difesa per la mancanza delle risorse necessarie sinora non stanziate, ci interessa qui approfondire la riflessione sulla maggiore versatilità che caratterizza il TFR, e sulle conseguenti opportunità che ne discendono. Allo stato attuale della normativa si ammette infatti che il TFR, già in costanza del rapporto di lavoro, possa essere concesso in pegno a garanzia di un credito, così consentendo all’interessato di disporre di una migliore valutazione di solvibilità, con ogni beneficio che da ciò consegue; nonché di poter ottenere da operatori del sistema bancario un anticipo di quanto maturato.
Chi invece è assoggettato al regime del TFS potrà, al più, ottenere l’anticipo dell’intera prestazione, però solo una volta collocato in quiescenza. E spesso ciò avviene ricorrendo al pensionamento anticipato, anziché di vecchiaia, andando così ad aggravare la già precaria situazione delle vacanze di organico che oggi aumentano in modo esponenziale (circa 40.000 pensionamenti nei prossimi 8 anni), ponendo le basi per una vera e propria paralisi del funzionamento dell’Istituzione.
E questo quando, pur avendo una diversa natura giuridica, dal punto di vista finanziario e sostanziale discutiamo di due istituti del tutto analoghi, posto che entrambi:
rappresentano una aspettativa certa di credito futuro;
sono il diretto precipitato dell’attività lavorativa svolta;
consentono la quantificazione dell’esatto ammontare maturato ad una determinata data.
Infine, non da ultimo, la giurisprudenza (ex multis Corte di Cassazione, Ordinanza 19708 del 25.7.2018) ha giudicato il TFR ed il TFS equiparabili ai fini della pignorabilità, nel limite del quinto dell’ammontare, ancor prima che i corrispettivi siano versati al dipendente, purché si tratti di somme accantonate, versate al fondo di tesoreria dello Stato presso l’Inps oppure conferite in un fondo di previdenza complementare.
Se quindi è stata asseverata una omologazione in malam partem, rimuovendo il vincolo alla impignorabilità della prestazione spettante al lavoratore titolare del TFS, non si vede per quale motivo si debba ora negare la possibilità di procedere ad una speculare equiparazione in bonam partem per quello che qui preme sollecitare.
Va peraltro osservato che l’auspicata equiparazione non avrebbe alcuna incidenza sulla spesa pubblica, posto che in capo al terzo che ha erogato il credito a titolo di anticipo verrebbe riconosciuto esclusivamente il diritto ad ottenere la somma sottoposta a pegno solo una volta che il dipendente debitore ha cessato il rapporto di lavoro, e quindi nel medesimo momento in cui quest’ultimo avrebbe comunque dovuto percepire la prestazione corrispondente al TFS maturato.
Si tratterebbe quindi di apportare una modifica al testo dell’articolo 1 del DPR 180/1950 (rubricato: Del sequestro, pignoramento e della cessione degli stipendi, salari e pensioni) consentendo, alla stregua delle disposizioni contenute negli articoli 2800 e seguenti del Codice civile, la costituzione in pegno del TFS in costanza di rapporto di lavoro nel limite di quanto maturato.
Sia consentito a margine evidenziare come così facendo si offrirebbe ad una nutrita platea di operatori delle Forze di Polizia di poter superare gli angusti limiti ai quali soggiace l’accesso al credito in mancanza di adeguate garanzie patrimoniali, e per l’effetto, come non di rado accade, evitare, a fronte di inderogabili esigenze contingenti di liquidità, di dover chiedere l’anticipata cessazione dal servizio per poter ottenere il corrispettivo del TFS maturato.
Alleghiamo alla presente, per ogni più pronto riferimento, il testo odierno dell’art. 1 del DPR 180/1950, nonché la nostra proposta di integrazione / emendamento della norma medesima, già fatta presentare sul D.L. Sostegni Ter che dovrebbe, per l’appunto, consentire lo sblocco del vincolo oggi vigente.
Nell’evidenziare la sensibilità e l’interesse della categoria che rappresentiamo rispetto ai temi qui proposti, cogliamo l’occasione per rinnovare i nostri più profondi sensi di elevata e rinnovata stima.”