I Poliziotti, così come chiunque ha scelto, per pochi euro ma con una vita dignitosa, di servire il Paese indossando un’uniforme, sanno, ogni qualvolta che agiscono in funzione dell’obbligo che la legge gli impone per la difesa dell’ordine e della sicurezza pubblica, per la sicurezza dei cittadini o per la salvaguardia delle Istituzioni democratiche o per il rispetto della legge, che il loro operato sarà soggetto ad un attento vaglio per verificarne la legittimità e la correttezza. E di questo ne sono consapevoli; una consapevolezza però che è accompagnata anche dall’essere confortati dal fatto che sperano di essere una parte dello Stato, di quello stesso Stato che esprime tutti gli organismi di vigilanza e di garanzia che dovrebbero agire, in modo imparziale e nel rispetto della legge, nella stessa direzione di chi opera e si impegna sino al sacrificio estremo della propria vita per la difesa dello Stato e dei suoi cittadini.
Certo, operare sul campo in condizioni difficili e imprevedibili che spesso non solo mettono a rischio la sola incolumità ma persino la vita dei poliziotti, è completamente diverso dal fare il vaglio di atti che, per quanto precisi e puntuali, non daranno mai concretamente il senso di quanto raccontato, dell’odore del sangue o della paura, della responsabilità che si avverte, trovandosi in condizioni di rischio nel fronteggiare l’ennesimo esagitato, in quanto ubriaco o sotto l’effetto di sostanze stupefacenti, ovvero perché in crisi di astinenza da queste sostanze, ovvero quando si ritrova l’ennesima persona armata che lo minaccia, forse forte di una sorta di impunità di cui i delinquenti in questo paese avvertono ormai in forma diffusa.
Ma quello che più conforta i poliziotti è la loro fede nella giustizia, quella giusta, quella basata sul libero convincimento del giudice, che si forma con l’analisi degli atti, l’ascolto dei testimoni e la visione dei filmati o delle perizie, quelle certe e attendibili che concorrono alla formazione della prova; è la consapevolezza che tutti sanno che loro sono dalla parte dello Stato, dei cittadini, della legge e della verità e al servizio, di tutti.
Dalla parte dei giusti, insomma. Poiché tra chi ha necessità di imbastire i processi mediatici per giustificare le proprie azioni, sapendo di non essere dalla parte dei giusti, dalla stessa parte dello Stato e di chi lo rappresenta, i poliziotti, sapendo di aver agito per obbligo, per senso del dovere e rispetto per la giustizia, confidano nei processi celebrati nelle aule di giustizia e non sul programma televisivo più in voga o con maggiore audience.
Ecco perché restano in silenzio. Continuano a fare il loro dovere, al servizio della collettività, nonostante spesso vengano penalizzati anche da una Amministrazione che anziché far sentire la sua voce e stare al fianco dei suoi poliziotti che hanno operato nel giusto, è capace solo di emettere provvedimenti amministravi punitivi se non addirittura di condanna, per i poliziotti e le loro famiglie, come allontanamenti dalla sede a prescindere se hanno operato bene o meno, ovvero disciplinari, che non avendo garanzie difensive ferree e inalienabili come quelle che invece sono rigorosamente garantite ai delinquenti incalliti, colpiscono ancor prima di sapere se il poliziotto ha operato nel giusto o meno.
Eppure, come hanno dimostrato i Colleghi di Cesena, i poliziotti stanno in silenzio e continuano a servire il Paese e i cittadini. Lo fanno perché credono nello Stato, perché si sentono parte dello stesso e per questo lo rispettano e ne accettano le decisioni. Non restano in silenzio perché c’è una legge che li obbliga o glielo vieti. Lo fanno per scelta e per convinzione.
Lo afferma in una nota Felice Romano, Segretario Generale del SIULP, in merito all’udienza del GUP del 14 prossimo venturo sottolineando il senso del dovere e lo stato d’animo dei poliziotti del Commissariato di Cesena che da cinque anni, per aver operato un normale controllo di polizia, stanno subendo un linciaggio mediatico oltre che l’iter giudiziario.
Lo sottolineiamo, continua Romano, perché, a prescindere dall’esito penale, non sono rari i casi in cui il poliziotto, pur essendo stato assolto dalla giustizia, comunque viene sanzionato disciplinarmente.
Ciò per far emergere lo spirito di abnegazione e la totale dedizione che i poliziotti hanno al servizio dei cittadini, ma anche per sottolineare come, stante la situazione che si sta stratificando, l’unico modo per evitare di subire condanne o censure è quello di non intervenire, di far finta di nulla, di girarsi dall’altra parte o di giungere in ritardo sul luogo dell’intervento.
Ovviamente quanto appena detto è un rischio che, almeno per ora non sembra esistere. Infatti, i poliziotti non si comportano così, nonostante un’Amministrazione matrigna è un sistema non sempre al loro fianco. I poliziotti intervengono sempre a difesa dei cittadini e contro chiunque vìola una legge o un regolamento, contro chiunque mette a repentaglio la sicurezza pubblica.
E di questo, anche per la vicinanza concreta dimostrata ogni giorno alle donne e agli uomini della Polizia di Stato, vogliamo ringraziare i cittadini e l’intera collettività di Forlì e Cesena. Anche per l’alto senso civico e amore per la giustizia che hanno sempre dimostrato e che trova conferma nella scelta della testimone che è venuta a raccontare quanto accaduto quella sera.
Anche per questo i tre colleghi del caso Narducci hanno deciso di rimanere in silenzio e di dare piena fiducia alla giustizia. Lo hanno fatto anche per rispetto dei cittadini e dell’intera collettività di quella provincia.
Oggi dopo tre anni di processi mediatici, continua il leader del SIULP, ci aspettiamo che finalmente il processo che riguarda i colleghi cominci a delinearsi nelle aule giudiziarie e non sui mass media come sembra sia avvenuto sinora, anche alla luce della nuova testimone oculare che ha deposto in merito ai fatti e che sembra aver confermato la versione dei colleghi.
Il prossimo 14 febbraio, il G.U.P. di Forlì dovrà decidere se rinviare a giudizio i tre poliziotti del Commissariato di Cesena, con gravi capi d’imputazione formalizzati dalla Procura di Forlì (reati di sequestro di persona, calunnia, falsa testimonianza e falsità materiale ed ideologica) che però, va ricordato, aveva formulato in precedenza, e prima del clamore mediatico, ben tre richieste di archiviazione.
Su questa vicenda, anche alla luce dei nuovi sviluppi nelle indagini con le dichiarazioni della ex moglie del Narducci, minacciata proprio per questo, e della testimone oculare che si è presentata, ci attendiamo che nell’udienza del 14 prossimo venturo, il GUP si pronunci sulla base degli elementi emersi e faccia finalmente giustizia.
Una giustizia costruita sugli elementi raccolti nelle indagini e dai riscontri avuti dalle testimonianze e dalle nuove perizie che, per quanto ci è dato sapere, sembrano essere state fatte in modo più approfondito e accurato eliminando così ogni margine di errore.
Sinora, anche se purtroppo per vari fatti che si sono succeduti non condanniamo chi ha deciso di utilizzare la stessa linea, non abbiamo voluto adottare le stesse tecniche di pressione mediatica, come fatto dalla linea difensiva del Narducci, perché abbiamo sempre avuto e continuiamo ad avere piena fiducia nella giustizia e nel fatto che si debba celebrare nelle aule giudiziarie.
Ecco perché, conclude il leader del SIULP, nell’esprimere ferma condanna per la totale latitanza dell’Amministrazione nell’affiancare i Colleghi di Cesena, fatto salvo l’interessamento sporadico di qualche rappresentanti locale, attendiamo con estrema attenzione e con serenità la decisione del GUP sperando che questa sia la volta giusta per fare finalmente giustizia al penare di tre poliziotti che hanno fatto il loro dovere.”
Roma, 6 febbraio 2017