Anche le persone con un reddito superiore ai 10 mila euro hanno diritto al patrocinio a spese dello Stato nei casi di violenza sessuale. A stabilirlo è la sentenza 1/2021 della Corte Costituzionale che ritiene “non fondata la questione di legittimità costituzionale” dell’articolo 4-ter del ‘Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia’ che prevede proprio l’automatica ammissione al patrocinio gratuito della persona offesa dai reati “anche in deroga ai limiti di reddito previsti dal presente decreto”, cioè 10.628,16 euro.
Per la Consulta è infondata la questione d’incostituzionalità della norma che prevede il patrocinio gratuito per le vittime di violenza sessuale a prescindere dal reddito
Il gratuito patrocinio deve prescindere dal reddito in nome della necessità di contemperare il diritto di difesa con il contenimento della spesa.
Il patrocinio gratuito per le vittime di reati sessuali è una scelta politica insindacabile del legislatore, finalizzata a sostenere le vittime di questi illeciti penali per incoraggiarle a denunciarli.
La vicenda ha preso le mosse dal giudizio intrapreso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale ordinario di Tivoli, che ha sollevato questione di legittimità costituzionale in relazione agli articoli 3 e 24, terzo comma, della Costituzione, dell’art. 76, comma 4-ter, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, che contiene il Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, nella parte in cui, come interpretato dalla Cassazione, “determina l’automatica ammissione al patrocinio a spese dello Stato della persona offesa dai reati, indicati nella norma medesima, di cui agli artt. 572, 583-bis, 609-bis, 609-quater, 609-octies e 612-bis, nonché, ove commessi in danno di minori, dai reati di cui agli artt. 600, 600-bis, 600-ter, 600-quinquies, 601, 602, 609-quinquies e 609-undecies del codice penale, a prescindere dai limiti di reddito di cui al precedente comma l e senza riservare alcuno spazio di apprezzamento e discrezionalità valutativa al giudice.”
Per il Giudice la disposizione viola il principio di uguaglianza e contrasta con l’affermazione contenuta nell’art. 24 della Costituzione, la quale dispone che “Sono assicurati ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione.”
Il remittente ha sostenuto, inoltre, come “nella giurisprudenza costituzionale al riguardo, è frequente il riferimento al generale obbiettivo di limitare le spese giudiziali, ritenendo cruciale, in tema di patrocinio a spese dello Stato, l’individuazione di un punto di equilibrio tra garanzia del diritto di difesa per i non abbienti e necessità di contenimento della spesa pubblica in materia di giustizia.”
La Corte Costituzionale si è soffermata, in particolare, sulla questione della sindacabilità delle scelte del legislatore chiarendo, in merito a quanto dispone l’art. 76 comma 4-ter del d.P.R. n. 115/2002, che riconosce il patrocinio a spese dello stato alle vittime di reati sessuali a prescindere dalla loro situazione reddituale che “La scelta effettuata con la disposizione in esame (…) rientra nella piena discrezionalità del legislatore e non appare né irragionevole né lesiva del principio di parità di trattamento, considerata la vulnerabilità delle vittime dei reati indicati dalla norma medesima oltre che le esigenze di garantire al massimo il venire alla luce di tali reati.”
La Corte ricorda come nel preambolo del decreto-legge n. 111/2009, che ha dettato misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori, si richiami “la straordinaria necessità ed urgenza di introdurre misure per assicurare una maggiore tutela della sicurezza della collettività, a fronte dell’allarmante crescita degli episodi collegati alla violenza sessuale, attraverso un sistema di norme finalizzate al contrasto di tali fenomeni e ad una più concreta tutela delle vittime dei suddetti reati.”
Una decisione quindi a sostegno delle vittime dei reati sessuali, per fornire loro un aiuto “concreto” e incoraggiarle a diventare parti attive del processo di emersione di questi illeciti. Valutazione che la Consulta considera ragionevole e non frutto di esercizio della propria discrezionalità da parte del legislatore.
Per quanto riguarda invece l’asserita violazione del principio che si preoccupa di garantire il diritto di difesa ai meno abbienti la Consulta precisa che non può essere strumentalizzato e interpretato in senso negativo, al fine d’impedire al legislatore di garantire il libero accesso al gratuito patrocinio anche a chi può permettersi di sostenere le spese di giustizia, se la finalità è quella di presidiare altri valori costituzionalmente garantiti.